C’è un retrogusto triste e crepuscolare ne “Le particelle elementari” di Michel Houllebecq. L’amore si infrange inutilmente sulla morte e il futuro appartiene a esseri pressochè perfetti, assurti al rango di dei
Michel Houllebecq è un high level. O un next level, fate vobis. Nel senso che le sue letture spaziano dalla narrativa tout-court, alla sociologia, passando per la filosofia. Con complicati innesti scientifici come nel caso de Le particelle elementari (337 pagine, 13 euro), edito da Bompiani, nella traduzione di Sergio Claudio Perroni. Il retrogusto di fondo di questo libro è triste, crepuscolare. La morte, con il suo inspiegabile senso, incombe come presenza mefistotelica alla quale non ci si riesce ad abituare. Contro di lei si infrangono inutilmente i flutti dell’amore. Quell’amore sofferente, struggente, invivibile che intarsia le vite di due fratellastri, Bruno e Michel.
Due fratellastri
Il primo è un professore ossessionato dal sesso al punto tale da spingersi in situazioni erotiche border-line dove conoscerà Christiane, destinata a diventare la sua tragica compagna di vita. Il secondo è invece un luminare della scienza, un biologo molecolare immerso fino al collo nella ricerca spasmodica di un modo per superare i limiti biologici e fisici dell’uomo attraverso uno studio che lo porterà a rivoluzionare l’intera storia dell’umanità. Accanto a lui Annabelle, l’avvenente fidanzata che ritroverà dopo venticinque anni di lontananza e che segnerà per sempre la sua vita, influenzando nei fatti anche il suo tracciato scientifico.
Una nuova generazione di uomini
Un libro triste, dicevamo, un libro in cui si legge che «alla resa dei conti rimangono sempre e soltanto solitudine, freddo e silenzio. Alla resa dei conti non c’è altro che la morte». Di questo sembrano essere più che consapevoli i due protagonisti che proprio attraverso l’amore proveranno a tematizzare, senza però riuscirvi, questa maledetta condanna. La nascita di una nuova generazione di uomini, in un futuro pressochè vicino, non più sottoposti ai vincoli della deprivazione fisica, è il riscatto a questa miseria incomprensibile della morte che Houllebecq prospetta nella sua opera.
A chi appartiene il domani
Il domani distopico, sembra dirci, appartiene a esseri pressochè perfetti, assurti finalmente al rango di dei. In questa prospettiva inquietante, in cui i dolori, gli egoismi, le sofferenze sono stati finalmente sconfitti, l’uomo riesce nel titanico tentativo di superare se stesso, lasciando a un passato lontano il carico di quei problemi contro cui ciascuno di noi ha cercato vanamente di combattere e, nel farlo, ha dimostrato la propria profonda, imprescindibile e inattuabile umanità.
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