La straripante e vendicativa Perele è la protagonista de “La moglie del rabbino” di Chaim Grade, storico rivale di Isaac Singer nell’ambito della letteratura yiddish. Uno spaccato della Lituania ebraica tra le due guerre mondiali
Sono serviti quarantacinque anni perché Chaim Grade, che gode di grande considerazione nel mondo e per certi versi di venerazione negli Stati Uniti, fosse tradotto in italiano. Merito di Giuntina che l’ha affidato ad Anna Linda Callow, autrice per Garzanti de La lingua che visse due volte, Fascino e avventure dell’ebraico. Controversa e vendicativa, ne La moglie del rabbino (213 pagine, 18 euro), primo romanzo di Grade proposto in italiano (con glossario di yiddish in appendice), emerge un personaggio femminile di rara forza, Perele. Donna straripante, che non si arrende al destino che decide in vece sua e fa di tutto per tornare a piegarlo alla sua volontà, seppure a distanza di parecchio tempo. Chissà, forse una donna forte ispirata anche dalla moglie dell’autore, Imma, che lo teneva in pugno, gelosissima, lo costringeva a rare telefonate, solo in sua assenza, per i brevi momenti che trascorreva fuori casa. Fu lei, in qualche modo, ad allontanarlo dal mondo, figurarsi dallo star-system letterario. A differenza di Isaac Singer, che quattro anni dopo la pubblicazione de La moglie del rabbino, vinse il Nobel in barba al grande rivale, che per molti era il campione dell’yiddish, e alla di lui consorte. Nonostante una prosa che stilisticamente non ha nulla da invidiare a Singer, anzi che appare più cesellata, più raffinata…
Ambiziosa e manipolatrice
Scomparso nel 1982, Chaim Grade è stato il cantore della Lituania ebraica, presente anche in questo suo romanzo, ambientato fra le due guerre mondiali. Cresciuta in una famiglia di rabbini, Perele è, a suo modo, una donna di potere e molto ambiziosa, dal carattere di acciaio, a cui fa male essere esclusa dagli studi, che erano solo cosa da uomini. Dopo aver sognato di sposare un rabbino destinato a una brillante carriera, deve ripiegare su un altro di provincia (Uri Zvi Kenigsberg), buono e intelligente, ma per nulla ambizioso, che farà fatica a riportare in città, per mettere a segno una vendetta – senza remore, senza compassione – attesa a lungo, ai danni di quello che era il suo promesso sposo, poi sposo mancato, il geniale Moshe Mordechai Ayznshtat. Come lei di illustri natali, ma senza di lei per la vita, dopo averla respinta alla vigilia delle nozze. Si incontrano di nuovo da anziani e lei non si tirerà indietro, con suoi «freddi, intelligenti occhi indagatori». Tenace e manipolatrice, senza scrupoli, l’antieroina di Grade, tenuta a bada solo dalla figlia Serel, non può che suscitare sentimenti ambivalenti nei lettori: una così abile spregiudicata burattinaia si ama o si odia.
Sguardo più concreto e meno mistico
Per quante affinità ci siano, a livello di atmosfere e psicologie, con le storie e i personaggi dei Singer, in Grade c’è uno sguardo più concreto e razionale sulle cose del mondo, meno mistico, proprio dell’ebraismo lituano. Rabbini più eruditi che devoti affollano le pagine di questo romanzo: e in mezzo, suo malgrado si ritroverà anche il marito di Perele, costretto in città a prendere posizione con i suoi sermoni, in mezzo ai dissidi delle correnti religiose ebraiche. E pensare che, per tornare alla donna forte dell’esistenza di Grade, fino alla morte della moglie, avvenuta ventotto anni dopo quella dello scrittore, erano vietate traduzioni e nuove pubblicazioni. Oggi, invece, opere e archivio dello scrittore yiddish sono di nuovo disponibili e l’auspicio è che anche in italiano la sua bibliografia si arricchisca.
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