La scalata sociale di quello che era un umile maestro di provincia nel primo dei tre volumi che Antonio Scurati dedicherà al dittatore fascista. Al di là della vittoria del premio Strega, un romanzo intenso e potente su un animale politico, un individuo funambolico, tra fortuna, calcolo e violenza
Se decidi di leggerti un libro di ottocentoventisette pagine e se decidi di fregartene della canicola di agosto per rimanere in stanza con quel mattone anziché sbollentare al mare, un motivo ci deve essere per forza. E non può essere solo che M., il figlio del secolo (827 pagine, 24 euro), edito da Bompiani, abbia trionfato alla LXXIII edizione del Premio Strega. È importante, ma non basta. Deve esserci dell’altro. E posso assicurarvi che dell’altro ce n’è eccome!
Potenza linguistica e fluidità
Antonio Scurati – che è antifascista convinto, lo diciamo per tranquillizzare i più diffidenti – ripercorre i primi anni di vita dei Fasci di Combattimento, partendo dal 1919, anno in cui uno sconosciuto Benito Mussolini darà vita a quella controversa forza politica che, nel giro di pochi anni, conquisterà l’intero Paese. La parabola che descrive è avvincente, non solo per i suoi riverberi storici, ma anche per la fluidità e la potenza linguistica con cui ne romanza gli avvenimenti. Scurati non privilegia uno stile giornalistico, crudo e asettico, ma adotta una ricca sequenza di espressioni belle, evocative, liriche che bene restituiscono l’intensità e la potenza di quegli anni tumultuosi.
Approccio psicologico, oltre che storiografico
Il suo non è solo un approccio storiografico: al centro di tutto colpisce l’evidente indagine psicologica del personaggio. Il futuro duce d’Italia è esposto al lettore attraverso i suoi slanci, le sue incoerenze, i suoi opportunismi. Dalla lettura ne emerge una figura funambolica, un animale politico, una persona disposta a molto – forse non a tutto – pur di conquistare il potere. E allora eccolo che briga, traccheggia, incontra, trama, complotta, ordisce, pianifica, rischia, pondera, azzarda, analizza, rettifica. Il mondo sembra curvarsi in favore di questo umile maestro di provincia che dalla redazione del suo giornale, nell’ormai scomparso quartiere milanese del Bottonuto, tenta la scalata sociale. Gli sono accanto uomini e donne che, a vario titolo, ne favoriranno il successo, facendolo diventare inesorabilmente il figlio del secolo: Margherita Sarfatti, la nobile amante che lo introdurrà nei circoli dell’alta borghesia; Gabriele D’Annunzio, l’ombra lunga che minerà il suo carisma; i futuri gerarchi in camicia bruna che armeranno suo pensiero; Giacomo Matteotti, la voce fuori dal coro, il dissidente, la cui morte rischierà di comprometterne i piani di conquista.
Il tempo ci sfida di nuovo
Ogni persona, ogni evento concorrerà alla sua ascesa in un mix micidiale di fortuna, azzardo, violenza e calcolo politico. I parallelismi con le attuali vicende italiane sono fin troppo scontati: forse è anche per questo motivo che il libro seduce. Perché sebbene siano passati cento anni, il tempo sa essere ironico, immutabile, pronto a sfidarci di nuovo.