Lodovico Festa, ne “La confusione morale”, racconta la Milano, e dunque l’Italia, degli anni Ottanta: le forme illecite di finanziamento ai partiti, l’espansione al nord della criminalità organizzata. Mario Cavenaghi si occupa delle indagini intorno all’omicidio di Russi, comunista e funzionario all’urbanistica del Comune meneghino
Il romanzo La confusione morale (384 pagine, 14 euro) di Lodovico Festa, edito da Sellerio, ci pone di fronte a una realtà politica fatta d’intrighi, interessi, corruzione, favoritismi, ove, soprattutto nell’ambito edile, s’intravede chiaramente anche la presenza della mafia. È un romanzo in forma diaristica, dove nell’arco di quindici giorni, da lunedì 19 novembre a lunedì 3 dicembre 1984, l’autore-narratore non parla di sé, del suo agire e del suo sentire, come è tipico delle pagine diaristiche, ma da narratore etero-diegetico, propone al lettore il diario dell’azione e del pensiero di Mario Cavenaghi, incaricato a svolgere le indagini intorno all’omicidio di Russi, comunista e funzionario all’urbanistica del Comune di Milano.
La questione morale
Pur di fronte alla nota dell’autore, che ci avverte come «persone ed avvenimenti di questo romanzo – a parte alcuni personaggi storici citati con il loro nome e alcune notizie riprese dai media dell’epoca – sono inventati», non possiamo non rilevare come il clima politico del periodo era quello suddetto e non importa se l’autore-narratore, ancora nella suddetta nota,precisa che «il più duro attacco alle politiche urbanistiche sviluppate a Milano nella prima metà degli anni Ottanta sia in realtà partito tra l’86 e l’87, e non nel novembre dell’84», perché, a prescindere dalle date , la questione morale resta.
I partiti che hanno tradito e la mafia
Dire confusione morale, come recita il titolo del romanzo di Festa, forse è poco di fronte a partiti che hanno tradito, in buona parte, la loro funzione di costituire un indispensabile e corretto canale di collegamento tra i cittadini e lo Stato, allargando a dismisura il loro potere. Tenere in vita un partito, con una struttura attiva ed efficiente costa moltissimo e mantenerlo è molto difficile, pertanto il ricorso a forme di finanziamento illecite, in cambio di favori, diventa spesso prassi. La collusione tra esponenti di partito e criminalità organizzata è frequentissima, così, come sostiene lo storico Salvatore Pace, negli anni Ottanta la tendenza imprenditoriale della mafia comincia a trovare terreno fertile, laddove risiede il potere economico e finanziario, cioè nelle città più industrializzate del nord Italia. Qui la mafia utilizza banche, borse valori, società finanziarie per riciclare il denaro sporco, quello soprattutto derivante dallo spaccio degli stupefacenti ed investirlo in affari puliti, come la costruzione di complessi residenziali, alberghieri, ecc.
I vecchi equilibri non funzionano
A cercare di capire il complesso quadro d’illegalità e corruzione che gira intorno ai politici e ai partiti che rappresentano, attraverso la ricerca dell’omicida di Russi è il nostro Cavenaghi, responsabile della commissione dei Probiviri del partito Comunista, al potere nell’84 nel comune di Milano insieme a quello Socialista; egli, infatti, attraverso il suo scrupolo indagatore, riesce progressivamente a costruire un quadro da cui emerge «come i vecchi equilibri non funzionano più» e quanto sia insensato cercare «nella purezza del partito l’elemento risolutore della crisi» (pagina 374, lunedì 3 dicembre), dimenticandosi della necessità che «quando i partiti non sono lobby o sette, quando sono grandi forze nazionali… la loro base è la realtà, il fattore meno puro di quelli che sono in circolazione nelle società umane… E alla fine di morale resta solo la confusione». (idem). Ma se la realtà è impura, come fa notare a Cavenaghi Carla, sua moglie e confidente, a maggior ragione sono necessari i depuratori come lui, che potrà nel tempo, attraverso la denuncia e la contestazione, «depurare» la morale e l’etica che ne consegue. Utopia ieri come oggi, come forse domani? Chi lo sa… noi ci speriamo.
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