“I tredici passi” di Mo Yan, Nobel cinese, è un capolavoro del grottesco, dove l’individuo viene sempre dopo la ragion di Stato: è il caso del docente di un liceo, che prima si accascia in classe, mentre insegna, ed è quasi considerato un eroe. Poi riesce a fuggire da una cella frigorifera e…
Sogno, incubo. Cruda realtà. Affluenti di un unico fiume narrativo chiamato Mo Yan. Il Nobel cinese per la Letteratura gioca con il lettore, affascinandolo e spiazzandolo, nel suo I Tredici passi (364 pagine, 21 euro), pubblicato da Einaudi nella traduzione di Maria Rita Masci. Il romanzo, che arriva solo adesso in traduzione italiana malgrado risalga al 1989, vela tra le pieghe del racconto – come sempre avviene nelle opere di Mo Yan – una sofferta riflessione sociopolitica sul Paese del Dragone, dove l’individuo è spesso “secondo” rispetto alla ragion di Stato. Può quindi succedere che un professore di Fisica, vittima di un caso di morte apparente, non possa … ritornare in vita perché danneggerebbe il Sistema.
Il trapasso eroico di Fang Fugui
Protagonista, suo malgrado, è Fang Fugui. Lui si accascia in classe, mentre insegna ai suoi alunni, e subito viene eletto a simbolo di dedizione al lavoro. Il Liceo Numero Otto ha bisogno di fama e, soprattutto, di risorse. Nulla di meglio, quindi, che poter esibire un trapasso eroico. L’autore, capace sempre di scrivere prosa accarezzando la poesia, fissa sulla carta così quel momento fatale: «Il volto magro ricoperto di gesso grigio dell’eminente professore di Fisica Fang Fugui, che aveva un’espressione piena di gioia come se fosse su un palcoscenico, si imperlò improvvisamente di grandi gocce di sudore, gli occhi si fecero vitrei e le labbra esangui; emise uno strano suono gutturale, simile al grido di un uccello, e agitò le braccia, come un gallo che scuota le ali prima di cantare. Gli studenti stavano quasi per gridare quando accadde l’irreparabile… Un attimo dopo uno stormo di passeri si abbatté violentemente contro i vetri della finestra mandandoli in frantumi e cominciò a volare caoticamente dentro l’aula cinguettando».
Il “Belmondo”
Dopo tanta fine, servono esequie solenni. Il partito lo richiede. E il preside del Liceo gongola all’idea, accompagnando il “presunto cadavere” nella struttura pubblica dove l’imbalsamatrice Li Yuchan prepara i corpi per l’estremo saluto ma solo in occasioni importanti. Il “Belmondo” serve unicamente ai funerali di Stato. Fang Fugui, però, è un morto di serie “A2”. Viene scavalcato dall’eccellente cadavere del vicesindaco Wang e dimenticato in una cella frigorifera, da cui riesce a fuggire. In questo modo, inizia la tragicomica (molto tragica, poco comica) avventura di un “resuscitato” che il mondo deve ignorare. Inizia male, per il prof. Finisce peggio. Ecco servito un capolavoro del grottesco, sintesi perfetta di un genio letterario del nostro tempo.
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