Intervista a Sarah Zappulla ed Enzo Muscarà, curatori del mastodontico volume di “Tutte le opere” dello scrittore catanese Ercole Patti: “Un autore tornato prepotentemente alla ribalta: i suoi scritti sono un variegato affresco di grande attualità”
Sarah Zappulla ed Enzo Muscarà sono due “speleologi” della cultura. Dopo avere curato per La Nave di Teseo un volume bello e documentatissimo sui Pirandello (I Pirandello. La famiglia e l’epoca per immagini, 230 pagine, 40 euro) favorendo la riscoperta artistica di Stefano e Fausto, oscurati dalla fama del padre Luigi, adesso hanno pubblicato con la stessa casa editrice un’opera poderosa sullo scrittore catanese Ercole Patti (Tutte le opere, CXLIV-3.213 pagine, 60 euro). I due studiosi, anch’essi etnei come l’autore di Un bellissimo novembre, parlano così della loro ultima fatica.
Ercole Patti, un gigante della letteratura nel pozzo dell’oblio…
«Proprio così. In vita, l’opera di Ercole Patti ha riscosso un notevole successo. È stato un giornalista apprezzato e amato non soltanto dai lettori ma pure dai direttori dei più autorevoli quotidiani dell’epoca, da cui era ambito, come documentano i carteggi inediti contenuti nel volume, uno scrittore recensito dalle firme più illustri (Montale, Cecchi, Pampaloni, Prisco, Soldati, De Robertis). A torto obliato dopo la scomparsa, è ora riscoperto dalla critica e prepotentemente tornato alla ribalta del panorama letterario».
Un’opera “omnia”, più di 3 mila pagine. Troppe?
«No di certo. L’opera omnia (ne scriviamo qui), che testimonia la ricchezza e varietà della produzione pattiana (racconti, romanzi, cronache di viaggi, testi teatrali, radiofonici, recensioni cinematografiche), restituendoci anche molti scritti rari o inediti, frutto di ricerche di lunghi anni, con un ricco corredo iconografico,testimonia la poliedricità della sua scrittura. Si deve quindi alla sensibilità letteraria de “La nave di Teseo” l’aver, con coraggioso impegno editoriale, consacrato Patti un classico del Novecento».
Comunque un volume per soli addetti ai lavori?
«Assolutamente no. Non soltanto per i contenuti fortemente accattivanti, ma pure per il fascino della sua scrittura, gustosa, ironica, umoristica, graffiante. Si pensi anche al corposo, intero, corpus delle fino ad oggi sconosciute cronache cinematografiche, mai raccolte in volume, che coprono un trentennio, dagli anni quaranta ai settanta, la stagione aurea del nostro cinema, in cui Patti traccia ritratti gustosamente dissacranti anche di personaggi mitici quali, per fare solo un esempio, Liz Taylor e Richard Burton».
A oltre un secolo dalla nascita lo scrittore catanese si può ancora considerare attuale?
«Quello di Patti è un variegato affresco di grande attualità. Le sue principali fonti d’ispirazione, la Sicilia e Roma, sono infatti insieme luoghi dell’anima e metafora dell’universo. Dai deliziosi elzeviri di costume dell’Italia snob (Quartieri alti) ai romanzi Giovannino, Un amore a Roma, Un bellissimo novembre, La cugina, Graziella, Gli ospiti di quel castello. Un variegato affresco che si snoda dagli anni venti a quelli del dopoguerra, del boom economico, della Dolce vita, dalla lussureggiante, sensuale, odorosa campagna siciliana alla Roma tentatrice, amara e dolce, da un suo titolo, in un’aura ora reale ora lirica, ora divertita, ora graffiante».
Eugenio Montale esaltò la “facilità difficile” di Patti. Ancora oggi un maestro di stile?
«Sì, e sempre più. Scrive il suo editore e estimatore Valentino Bompiani, che lo considera il Maupassant italiano: non c’è un grammo di troppo nella linea perfetta della pagina di Patti. E Mario Soldati definisce la sua prosa: un piccolo capolavoro dove, come in certe pitture di Matisse e De Pisis, tutto un mondo vive appena sfiorato dai pennelli. Comunque, è unanime nei critici la definizione, giustamente ricordata, di Patti maestro di stile».