Watanabe – protagonista di “Frattura” dell’argentino Andres Neuman – impara a curare le cicatrici del corpo, ma soprattutto dell’anima, attraverso il Kintsugi, l’arte giapponese di riparare oggetti rotti con fili d’oro. La storia di un uomo errante, fra nazioni e amori, che fa i conti con le tragedie atomiche, da Hiroshima a Fukushima, passando per Chernobyl
In una recente intervista lo scrittore argentino Andrés Neuman ha raccontato le origini del suo ultimo romanzo, Frattura (400 pagine, 21 euro), pubblicato da Einaudi nella traduzione di Federica Niola. Era l’undici marzo del 2011 quando l’autore da un appartamento di Parigi osservò in tv il disastro del terremoto e dello tsunami in Giappone, un Paese minacciato da una centrale atomica e dall’energia nucleare.
Essere uno straniero
Quel giorno, Neuman, autore de Il viaggiatore del secolo si rese conto di essere uno straniero «Io, nato in Argentina, cresciuto in Spagna, stavo vedendo quelle scene del Giappone, mentre trascorrevo una parte di vita in Francia». Non a caso, i quattro Paesi fanno da sfondo alla storia di Yoshie Watanabe, un uomo sopravvissuto e scampato alla morte per ben due volte, esattamente alle bombe di Hiroshima e Nagasaki durante la seconda guerra mondiale, in cui perde genitori e fratelli, e al sisma di Fukushima del 2011. «Un terremoto frattura il presente, spezza la prospettiva, smuove le placche della memoria» è la frase che conclude il primo paragrafo del capitolo uno il cui titolo, “Placche della memoria”, rievoca i ricordi di un passato doloroso con cui fare i conti. La frattura della terra non fa altro che riaprire la frattura dell’anima «Tutte le cose rotte, pensa, hanno qualcosa in comune. Una crepa che le unisce al loro passato». Watanabe impara a curare le cicatrici del corpo, ma soprattutto dell’anima, attraverso il Kintsugi, l’arte giapponese di riparare oggetti rotti con fili d’oro.
«Quando una ceramica si spacca, gli artigiani del Kintsugi inseriscono un po’ di polvere d’oro in ogni fessura, evidenziando il punto in cui si è rotta. Le fratture e le riparazioni sono esposte invece che occultate, e passano a occupare un posto centrale nella storia dell’oggetto. L’atto di rendere manifesta questa memoria lo nobilita. Ciò che ha subito un danno ed è sopravvissuto può essere considerato più prezioso, più bello»
In fuga dai ricordi e da sé
Il racconto della vita di Yoshie è affidato alle donne che lo hanno amato: in prima persona, ciascuna di loro descrive un uomo che, divenuto un importante dirigente aziendale, per sfuggire al ricordo del passato, lascia il Giappone ed emigra: prima Parigi, poi New York, Buenos Aires, Madrid. Ogni volta dovrà adattarsi a una nuova lingua, a nuove usanze e nuove donne (rispettivamente Violet, Lorrie, Mariela, Carmen), finendo per sentirsi straniero in qualsiasi parte del mondo. Una fuga da se stesso che si conclude con il ritorno in Giappone e la decisione di attraversare senza remore le emozioni e le sensazioni suscitate dall’esplosione della centrale di Fukushima, una vicenda che ricollega il tema della “forza nucleare” alle vicende di Hiroshima e Nagasaki.
Fra tragedia e vergogna
Per indicare i sopravvissuti ai due bombardamenti atomici, viene utilizzato il termine giapponese hibakusha, composto da tre ideogrammi: (hi) riceve/subire, (baku) esplosione, (Sha) persona. La scelta di tale termine si basa sulla volontà di non ricorrere alla parola “sopravvissuto” quale opposta a “deceduto” come forma di rispetto nei confronti dei defunti e per mettere a tacere i sensi di colpa di quanti sono scampati alle bombe. Nel termine hibakusha è racchiusa tutta l’esistenza di Yoshie e la sua volontà di non ridurre in alcun modo la sua identità alla tragedia che ha vissuto, ma anche la vergogna per non avere fatto niente di speciale per salvarsi, nè per quelli che si erano salvati. Neuman ci consegna un libro che non è solo romanzo, ma anche ricerca storica e indagine giornalistica. La sua posizione nei confronti dei fatti storici è critica e racconta un intero secolo, “un secolo ferito”, con una valutazione che diventa quasi un’accusa: pagine intere descrivono, con dovizia di dettagli, gli attimi che hanno preceduto e seguito lo sganciamento delle bombe nucleari, prima a Hiroshima e poi a Nagasaki.
«Quella seconda bomba, battezzata Fat Man, a quanto pare in onore di Winston Churchill, avrebbe generato una palla di fuoco con una temperatura che avrebbe superato quella del sole. Un sole fatto a pezzi. Fat Man. Forse esiste un collegamento, riflette Watanabe, tra l’umanizzazione di una bomba e la disumanizzazione di una popolazione»
Certe cicatrici non si risanano
La vicenda della centrale nucleare di Fukushima fa ripiombare il protagonista nelle angosce provate nel secondo dopoguerra, a conferma del fatto che certe cicatrici non si risanano mai, costringendolo a confrontarsi con i fantasmi del passato. Il mondo non ha tratto insegnamento dalla tragedia atomica del 1945 e dal disastro di Chernobyl del 1986. Attraverso la vita del protagonista, l’autore affronta il grande tema dell’energia nucleare, in tutto e per tutto una potenziale arma di distruzione: basta un incidente per esporre la popolazione che si trova nel raggio del disastro ad un quantitativo massiccio di radiazioni che provocano gravissimi danni alla salute. Non mancano, poi, chiari riferimenti alla politica contemporanea degli USA, soprattutto in materia nucleare, che sembrano celare una netta presa di posizione. Neuman sa bene che scrivere vuol dire fare politica perchè vuol dire prendere posizione su fatti ed eventi, ovvero decidere da che parte stare, nel suo caso dalla parte di chi lotta contro le armi nucleari. Ciò che viene fuori è un ampio sguardo sulla storia internazionale contemporanea e una sorta di confronto tra passato e presente, da cui emerge che l’evoluzione spirituale dell’uomo non va di pari passo con quella tecnologica ed economica.
Il peso addosso per la vita
Si potrebbe, forse, parlare di “indagine antropologica” sugli effetti che le catastrofi hanno sull’uomo, sul modo di affrontare il dolore e le perdite. Watanabe decide di tenersi lontano dai luoghi della tragedia, ma per tutta la vita porta addosso il peso di tale scelta. Fino a quando il terremoto dell’11 marzo 2011 non smuove le “placche della memoria”: lui che appartiene all’ultima generazione che ricorda le bombe ha il dovere di non cancellare l’esperienza passata, di riconoscerla come tale e di affrontarla. Dopo le sciagure del passato, il mondo ha tentato in ogni modo di seppellirle per sigillare il futuro, ma è soltanto tenendo viva la memoria che si preserva il domani.
Frattura di Neuman è la storia di un uomo ferito, alla ricerca instancabile dell’oro che possa risanare tutte le cicatrici di una vita. È anche una storia di resistenza, come quella dell’oleandro, fiore ufficiale di Hiroshima, il primo che germogliò dopo la bomba atomica. È il viaggio verso l’origine delle proprie paure.
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