Un rifugio di senzatetto, a Firenze, vicino Santa Maria Novella è al centro della scena de “L’atroce delitto di via Lurcini. Commedia nera n. 3” di Francesco Recami. Tra musiche e danze, orchestra e pubblico, imprevisti, equivoci e crimini, il rifugio diventa una calamita per tanti personaggi…
Firenze. Autunno 2016. Il veneto Francesco Franzes Molesin, cesta filacciosa di capelli bianchi sporchi, ex imprenditore poi colpevole di bancarotta fraudolenta, è l’ubriacone capo assoluto di un rifugio di senzatetto, numero variabile dalla trentina alla cinquantina; singoli, coppie o famiglie nello stanzone, ammonticchiati all’interno della fatiscente ex cabina di controllo della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Le rispettive aree di spettanza, riquadri di circa tre metri per tre colmi di funzionali oggetti usati ed effetti personali propri di ciascuno degli occupanti, sono diligentemente segnalate e separate dai nastri bianchi e rossi che si usano per i cantieri o per gli appartamenti messi sotto sequestro. Sopra una più grande pedana di legno rialzata all’estremità nord è inchiodata e montata una tenda da campeggio (a casetta) con dentro un vero materasso, un baule ampio, una vecchia poltrona, bacinella e specchio, i fornelli e alcune scatole, cavalletto da pittore con tele dipinte o da dipingere e quadretti paesaggistici da vendere per strada. Lì vive e amministra Franzes, con pugno di ferro. Pagamento giornaliero e anticipato: un euro per il posto, 50 centesimi per i “servizi”. Lui dorme sotto strati di coperte militari e russa forte.
Sangue semirappreso
Quel giorno si sveglia e ha le mani lorde di sangue semirappreso. Turbe, il vecchietto che gli fa da guardia fuori dalla tenda non sa spiegargli cosa può essere accaduto e lo porta in giro, ma Franzes si preoccupa, tanto più che in una tasca si trova inaspettatamente tre carte da 50 euro. Turbe gli legge un articolo sul giornale, c’è stato un terribile delitto in via Lurcini, una abbiente turista circa 35enne di origini ucraine trovata seminuda con la gola tagliata, calva per la chemioterapia in corso, essendo scomparsa pure la parrucca. La polizia brancola nel buio, ma Franzes trova la parrucca. Non sarà l’unico omicidio su cui indagare nella vicenda grottesca che ne consegue.
La colorata paradossale situazione residenziale
Il meticoloso divertente scrittore toscano Francesco Recami (Firenze, 1956), noto soprattutto per romanzi e racconti dedicati ai condomini di una casa di ringhiera a Milano, continua la nuova serie toscana di favole (incubi) noir, in terza quasi fissa sul pessimo elemento maschio. Il delitto è sullo sfondo, interessa poco. Il titolo L’atroce delitto di via Lurcini. Commedia nera n. 3 (189 pagine, 13 euro), come sempre edito da Sellerio, inventa e traduce in fiorentino la via di una commedia francese del 1857, spunto d’ispirazione. In primo piano c’è la colorata paradossale situazione residenziale, legami e competizioni, conflitti e crimini, convivenze e mescolanze. Da sempre marginalità e povertà sono a una discutibile pubblica attenzione. In pochi giorni arrivano nel rifugio non solo di continuo nuovi richiedenti, pure giornalisti e operatori sociali, bensì anche e soprattutto i responsabili e i tecnici di un progetto culturale megagalattico di cui tutta la città già parla, realizzare in quello spazio un’installazione e uno spettacolo di teatro-danza sulla condizione dei diseredati, Gli Ultimi, di fatto e imprecisamente i «meticci de merda».
Due Maestri
Mentre Franzes cerca di nascondere i suoi guai e di guadagnarci pure, due Maestri, il grande coreografo Corrado Netzer e il grande artista Urs Freulerich, hanno deciso di collaborare per sensibilizzare il pubblico sulla vita degli homeless, dopo aver già prodotto spettacoli di notevole rilievo internazionale sui disabili, sui non vedenti, sui Down, sul deficit cognitivo, sull’autismo e persino sui ludopatici. Gli ospiti dello stanzone saranno parte integrante dell’evento: «Brecht vs Hemingway, cioè fare finta facendo finta di fare finta contro fare finta facendo finta di non fare finta». Sopravvivere stanca. Il romanzo racconta con cinica verosimiglianza la preparazione e lo svolgimento di una serata davvero unica, musiche e danze, orchestra e pubblico; imprevisti, equivoci e crimini compresi. C’è pure una scintillante locomotiva a vapore in movimento, sembra Guccini (rivestita d’oro pur tuttavia). I vini sono tutti di risulta.
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