Magmatico Piccione, l’irrequieta Islanda è una malattia

Ammalarsi di Islanda significa essere ammaliati dal fascino immenso delle forze della natura che regolano l’esistenza, la morfologia e gli accadimenti geologici dell’isola. È accaduto a Leonardo Piccione, autore de “Il libro dei vulcani d’Islanda”, volume che coniuga insieme storie e mitologie nordiche e approfondimenti scientifici e letterari

«L’Islanda è una malattia», è uno degli avvertimenti che la voce narrante de Il libro dei vulcani d’Islanda (381 pagine, 19,50), pubblicato da Iperborea, raccoglie durante i suoi viaggi di esplorazione e ricerca nell’isola del grande nord nata, e ancora in corso di assestamento, dalla meraviglia geologica che ha plasmato la terra stessa sulla quale viviamo noi, “continentali”. Ammalarsi di Islanda significa essere stregati, ammaliati dal fascino immenso delle forze della natura che regolano l’esistenza, la morfologia e gli accadimenti geologici dell’isola. Così è accaduto a Leonardo Piccione, che da questo amore viscerale per la terra d’Islanda ha dato vita a un libro ibrido, atlante di vulcani e storie insieme, prontuario per l’esplorazione dei tanti riflessi della materia viva sulle mitologie e sui simboli di uno dei luoghi del pianeta dove le forze primordiali della creazione hanno lasciato uno spioncino per essere ancora guardate, ammirate, studiate.

Nel nome del dio

“L’amore […] che uno può provare nei confronti di un luogo come l’Islanda, credo confini con due sentimenti in particolare: la solitudine e la paura”, scrive ancora l’autore illustrando il lavoro di ricerca svolto per costruire il libro. La misteriosa eppure forte attrazione per l’Islanda non si spiegherebbe senza il suo paesaggio, senza la vitalità di una natura che sovrasta l’uomo e gli ricorda in ogni istante la sua fragilità. Ogni anno la terra islandese cambia, viene erosa, scompare e ricompare sotto forma di nuova materia, che allarga l’isola, ne mette a nudo l’ossatura ancora in via di sviluppo. È un processo costante, dove il meteo si trasforma inaspettatamente rivoluzionando le previsioni, dove tutto diventa quel che non ci si aspettava, perché “l’Islanda educa al rinvio e al cambio di programma, sbatte in faccia ai suoi abitanti la materialità della variabile tempo”. Ecco perché ogni islandese convive con una ricerca incessante di compromessi per vivere la propria terra, una terra che non è mai ferma ma si modifica, cresce, cambia mentre la vita si svolge. “L’intera isola è un qui e ora geologico ed esistenziale insieme” secondo Piccione, che rintraccia proprio nell’essenza dei vulcani il proprio attaccamento per la terra d’Islanda. Vulcano, spiega infatti, è una parola italiana che deriva da un dio romano ed è anche un’isola siciliana, proprio come Stromboli, l’altro vulcano italiano citato ricordando Jules Verne e l’uscita dal tunnel geologico del suo viaggio straordinario al centro della terra.

Un fuori collana

Difficile, se «i vulcani sono la manifestazione più evidente dell’inquietudine del creato», costruire una sistematica guida ai vulcani di un’isola così irrequieta. Ma è quel che fa Piccione in questo libro, unicum di Iperborea, un fuori collana che coniuga insieme storie e mitologie nordiche e approfondimenti scientifici e letterari. Trenta i sistemi vulcanici attivi, di diverse tipologie e con altrettante forme di crateri, colate laviche o uscita di lapilli, gas, correnti calde. L’atlante si snoda tra aree geografiche dell’isola, vulcano dopo vulcano, ciascuno con una dettagliata scheda di presentazione che ne racconta il nome e l’etimologia, l’altitudine, l’ultima eruzione – variabile da secoli avanti Cristo fino a pochi anni fa – il tipo di eruzione e l’attività corrente, nonché i possibili impatti concreti di un’eruzione e i rischi collegati, fino a indicare da un lato i tratti caratteristici e particolari del vulcano, dall’altro un esergo capace di foraggiare l’immaginario, per documentarsi e insieme conoscere, scoprire e insieme andare un po’ oltre. Si inizia da subito, dall’appendice al libro che non a caso è titolata «camera magmatica», e contiene ulteriori informazioni raccolte durante le estese ricerche dell’autore su ogni vulcano citato nel testo.

Leopardi e Verne…

Se l’Islanda sembra essere un libro di geologia a portata di studiosi, scienziati e ricercatori, è innegabile il profilo letterario che da sempre connota questo luogo con la sua terra di ghiaccio e fuoco, nuvole che possono farsi di madreperla e storie di astronauti americani sbarcati sull’isola prima dell’allunaggio, di canyon rossi di lava, e ancora saghe e mitologie, vicende di ricercatori stranieri, guide, marinai che non sanno nuotare, successi sportivi e scoperte geologiche, estinzioni e imprese per raffreddare la lava, orchestre che riproducono il suono del vulcano e visionari cercatori in terra dell’inferno dantesco. Impossibile non fare riferimento al dialogo leopardiano tra la natura e l’islandese, e altrettanto ovvio il riferimento a Jules Verne: perché il viaggio al centro della terra, della sua essenza universale, misteriosa quanto affascinante, inizia nel romanzo dello scrittore di avventure proprio dall’Islanda, l’isola dei vulcani dove le attività letterarie – leggere, scrivere, immaginare – sono da sempre l’unica attività culturale costantemente praticata. Dove altro, se non in Islanda, e per mano di un italiano, poteva nascere un libro dei vulcani?

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