La messinese Nadia Terranova nella cinquina del Premio Strega 2019 con “Addio fantasmi”: “I problemi della mia protagonista Ida? Non vanno superati, né bisogna aspettare qualcuno te li risolva. Lei non guarda al futuro? Perché in questo romanzo si sta come dentro una conchiglia… Scrivere qualcosa di nuovo? Non significherebbe abbandonare i miei temi o il mio modo di entrare completamente nelle cose che scrivo”
Se il premio Strega fosse una semplice competizione, Nadia Terranova avrebbe anche chance, ma essendo un momento in cui gli editori mostrano i muscoli (il libro vincitore dominerà la classifica e avrà un peso economico in bilancio…) e forse perfino un’occasione riparatoria (Scurati ha perso di un soffio nel 2009 e nel 2014), Terranova difficilmente succederà agli ultimi vincitori siciliani dello Strega, la “naturalizzata” Maraini nel 1999 e Consolo nel 1992. È la prima isolana dopo sedici anni (nel 2003 ci riuscì Roberto Alajmo) a conquistare la cinquina, a cui si erano avvicinati, ma invano, Vanessa Ambrosecchio, Davide Enia, Ugo Barbara, Giorgio Vasta. Un risultato che è merito del secondo romanzo di Terranova, Addio fantasmi (qui la nostra videointervista poco dopo l’uscita), che gareggerà contro quelli di Benedetta Cibrario, Claudia Durastanti, Marco Missiroli e Antonio Scurati.
Terranova, da sedici anni un siciliano non era finalista allo Strega, da quando Roberto Alajmo si piazzò secondo, alle spalle di Melania Mazzucco. Che effetto le fa?
«Sono molto felice che il mio nome venga accostato a quello di Roberto Alajmo, uno scrittore che stimo tantissimo. La letteratura siciliana però non ha mai smesso di essere fertile, produttiva e molto varia. Ogni tanto incrocia un premio, come spesso accade alla letteratura. Ci sono bellissimi libri e bravissimi scrittori che non hanno vinto un premio e altri sì, questo non fa necessariamente la qualità di un libro».
Dopo Sciascia, Bufalino e Consolo, l’Isola non ha più dato punti di riferimento di quello spessore a livello nazionale e oltre?
«Ci sono moltissimi validi scrittori in Sicilia. In questo momento soprattutto scrittrici, Stefania Auci, Alessia Gazzola, Cristina Cassar Scalia, solo per fare dei nomi. C’è un’attenzione molto forte, anche sul passato, come si vede dalle opere che riguardano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’ultima di Simona Lo Iacono e anche di Maria Antonietta Ferraloro. Adesso sono le donne la parte più interessante della letteratura siciliana. E poi penso a Maria Attanasio, che ha vinto importanti premi col suo “La ragazza di Marsiglia”, che è un libro bellissimo»
Si partecipa ai premi, perché sono una bella vetrina, perché ravvivano ulteriormente il rapporto con i lettori, oppure per vincere?
«Si partecipa a un premio perché è qualcosa che può capitare nel percorso di un libro, con molte aspettative che riguardano vittorie e fallimenti e che non necessariamente sono la vittoria assoluta del premio. Sono un carico di aspettative che riguardano tutto lo stare in quel premio».
A quali tra i libri dell’albo d’oro del Premio è più legata da lettrice?
«Ci sono capolavori della letteratura italiana del Novecento, difficile dirlo. In tempi recenti un libro che trovo fondamentale per chiunque scriva di famiglia è Via Gemito di Domenico Starnone, ma naturalmente anche Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Non si può non ricordare il successo di opere postume, come Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e Passaggio in ombra di Mariateresa Di Lascia. Libri che mi sono cari, ma non i soli».
Tre donne in cinquina allo Strega e si è urlato al miracolo. Ma i favoriti sembrano essere i due uomini… è una “rivoluzione” a metà?
«Anche l’anno scorso tre donne arrivarono in cinquina, credo che il premio Strega, come altri, sia sensibilmente attento a una trasformazione in corso, non tanto quella della produzione letteraria delle donne, che c’è sempre stata, ma quella del riconoscimento di questa produzione. Mi sembra che il premio rispecchi molto bene tutto questo».
Ida, protagonista di Addio fantasmi, torna da Roma a Messina per contingenze legate a una ristrutturazione e a una vendita della casa materna e, fra le tante cose, dice: «Tornare è sempre un errore». Un sentimento del ritorno che lei condivide?
«È una frase che è un esorcismo, mentre la sta dicendo Ida sta già abitando dentro quell’errore, sta già tornando e quindi sta già facendo qualcosa che permetterà ai suoi errori di essere sbloccati».
C’è una cosa in cui Ida è molto siciliana: vive nel presente, resta immersa nel passato e sembra incapace di pensare al futuro, come i verbi che nel dialetto siciliano non si declinano al futuro. Una scelta precisa e voluta, questa incapacità?
«È vero, Ida è totalmente immersa nel presente e nel passato, non ci sono verbi al futuro, è una scelta e riguarda il fatto che dentro questo romanzo si sta come dentro una conchiglia, sentendo un rumore come quello del mare, perpetuo ed eterno, come quello che fanno i ricordi».
Ci sono solitudine e dolore in Addio fantasmi e la viva sensazione che non ci sia modo per la protagonista di superarli, tanto più con l’aiuto di qualcuno, a cominciare dal marito lontano. Perché?
«Perché i problemi non vanno superati e non bisogna aspettare che qualcuno te li risolva, bisogna fare delle immersioni dentro questi problemi, assumerli, sussumerli tutti dentro di sé e poi andare avanti, portandoseli dietro, non pensando di risolverli una volta per tutti».
Come giudica il percorso fatto dal suo romanzo? È stato capito?
«Sono molto felice del percorso fatto, delle tantissime traduzioni, a partire da quelle nelle principali lingue europee e da quella americana. Negli Usa il romanzo avrà una voce di prestigio, quella di Ann Goldstein, traduttrice e intellettuale molto importante, che stimo moltissimo. È stato letto, capito, accolto, discusso. Naturalmente non ci sono state letture univoche, altrimenti sarebbe stato preoccupante, perché un libro è vivo quando suscita pareri anche veementi, contrastanti, anche semplicemente diversi, credo che continuerà a camminare. È uscito da meno di un anno, ma penso sia ancora in cammino e potrà riservare ancora sorprese».
Dopo due libri così, in modo diverso, personali, ha voglia di cimentarsi o si sta cimentando con qualcosa di totalmente nuovo?
«Raccontare di sé e raccontare del mondo non è così dissimile, quindi potrei dire di avere voglia di fare qualcosa di diverso, pensando a un diverso set, anche temporale, ma questo non significherebbe abbandonare la mia scrittura, i miei temi o il mio modo di entrare completamente nelle cose che scrivo».
(Questa intervista è stata pubblicata in versione ridotta sul Giornale di Sicilia)