Un recupero prezioso, “Anna Édes” dell’ungherese Kostolanyi. La taciturna e devota domestica di una famiglia borghese nell’Ungheria dei primi decenni del ventesimo secolo sarà arrestata e processata dopo un irrazionale fatto di sangue. Un romanzo apparentemente ottocentesco, pienamente novecentesco
La vittima che si fa carnefice? La ribellione di una mite? Certo, ma non solo. L’ungherese Dezsö Kostolanyi e il suo magistrale romanzo Anna Édes del 1926, ambientato solo pochi anni prima, non si possono spiegare solo così. Emerge dalle pagine di Kostolanyi (che fu anche traduttore di Pirandello) un’Ungheria che si è messa alle spalle Béla Kun, il commissario del popolo fuggito, evaporato, e fa i conti con l’inizio del regime di Miklós Horty. Piccoli borghesi rialzano la cresta e provano a ricollocarsi dove credono di meritare. Il consigliere ministeriale Kornél Vizy torna a ricevere attenzioni dal portinaio Ficsor, che gli consiglia una sua nipote come domestica, una contadina poco più che maggiorenne della zona del lago Balaton. Lei è Anna Édes – compare al quinto capitolo del volume – e farà ricredere la padrona di quella casa che odora di naftalina, Angéla, la moglie di Kornél Vizy, scrostando tutti gli stereotipi che la donna ha a proposito delle domestiche: è un cuore semplice, fidata e fedele, le piace lavorare, non protesta, quasi non viene pagata, non ruba sebbene sia tentata in modo subdolo, devota a tutte le esigenze della padrona, perfino a quelle di Jancsi Patikárius, scapestrato nipote e ospite dei Vizy, ritiene quasi un assolvimento dei suoi compiti, sottomettersi alle sue voglie.
Psicologia tracciata felicemente…
È un recupero preziosissimo, quello delle edizioni Anfora (i cui libri hanno un formato che ricorda quelli Iperborea), che ripresentano Anna Édes, nella traduzione di Andrea Rényi e Mόnika Szilágyi e con la postfazione di Antonella Cilento. Un romanzo che in Italia era apparso in epoca fascista, ma rimaneggiato, per motivi di censura. La psicologia della giovane domestica è tratteggiata felicemente. Sembra anonima e priva di passioni, la protagonista del romanzo di Kostolanyi, irreprensibile macchina perfetta del focolare, che anela amore e non riuscirà a ottenerlo, fino a una notte maledetta, dopo la quale sarà arrestata e processata, senza essere quasi capace di difendersi, per limiti linguistici, ancor prima che caratteriali. Difficile fare i conti con l’amore, del resto, sotto quel tetto dove attecchiscono pochi sentimenti, tutti non positivi. I Vizy concepiscono la vita come esibizione e ostentazione del potere, specie dopo la tragica morte dell’unica figlioletta di sei anni, e terrorizzano psicologicamente la giovane Anna.
La chiave irrazionale e grottesca
Dietro l’apparenza di un vecchio romanzo ottocentesco, il romanzo di Kostolanyi è invece, in modo esemplare, irrazionale, grottesco e novecentesco. Oscilla tra senso di rifiuto e senso di accettazione, lodata e vessata, Anna, ma comprende infine (e in qualche modo agisce di conseguenza, quando con un coltello devia inevitabilmente il corso della propria vita…) che non sarà mai davvero parte, a pieno titolo e con gli stessi diritti, di quella famiglia. Non sarà mai padrona, ma resterà serva. E questa consapevolezza fa scattare l’inspiegabile, il misterioso. E si fa in fretta a capire i debiti che due miti magiari come Magda Szabó e Sándor Márai hanno contratto con Kosztolanyi, autore capace di creare tensione narrativa e cupe atmosfere con uno stile asciuttissimo.
È possibile acquistare questo volume in libreria o a questo link