Un pezzo dimenticato di storia cinese, tra anni Cinquanta e Sessanta: con lirismo e crudezza, nel sofferto “I quattro libri” Yan Lianke racconta le deportazioni ai campi di rieducazione volute dal regime maoista
Letteratura per una psicoanalisi collettiva. Scrittori al lavoro in Cina, ormai da tempo, per aiutare generazioni di connazionali a fare i conti con un trauma chiamato Rivoluzione Culturale. E ancor prima con il Grande Balzo che in realtà, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, rappresentò per tantissimi intellettuali un fatale salto. Nel buio dei campi di rieducazione (e lavori forzati) come l’angosciosa “Sezione 99” che Yan Lianke ha descritto nel suo sofferto I quattro libri (471 pagine, 23 euro), tradotto da Lucia Regola e pubblicato in Italia dalla casa editrice Nottetempo. Un romanzo dedicato dall’autore «a un pezzo di storia dimenticata e alle decine di migliaia di intellettuali che morirono e che sopravvissero».
Un gorgo in cui era facile perdersi
Sessantunenne, vincitore del premio Kafka nel 2014, Yan Lianke alternando crudezza e lirismo scrive pagine affollate dagli spettri delle vittime di una deportazione di massa che presto divenne sterminio. Un gorgo, concepito dal “Grande Timoniere” Mao Zedong, in cui era facile perdersi. Ad esempio, per avere sbagliato a indossare le calzature: «Mentre ero ancora sulla soglia accanto al letto con i sei cadaveri – scrive il romanziere – riconobbi da lontano uno di quei corpi. Era un linguista che alcuni anni prima era arrivato in ritardo di qualche minuto a un congresso pedagogico nella sua unità di lavoro e che, interrogato dal suo superiore, aveva risposto che un improvviso dolore ai piedi l’aveva costretto a rallentare il passo. Il superiore aveva allora chinato la testa e si era accorto che il linguista si era messo la scarpa destra al piede sinistro e viceversa, quindi era scoppiato a ridere e l’aveva spedito al campo di rieducazione. Così era arrivato alla Sezione 99».
Carnefici trasformati in maschere grottesche
In questo modo, nella tracotanza – la “hybris” della tragedia greca – di governanti che si reputano Dio, il regime maoista puntava alla creazione di “uomini nuovi”. Un incubo presieduto da carnefici, trasformati in maschere grottesche da Yan Lianke che chiama il “Bambino” a dirigere il campo 99. Una figura inquietante e surreale, già dal suo ingresso nel romanzo: «I suoi piedi calpestavano la terra. Era tornato. Una figurina minuscola sulla piatta distesa della campagna vasta e desolata di fine autunno. Un puntolino nero che si ingrandiva a poco a poco…. Si fermò. E così fu. La terra accoglieva i suoi piedi. Era tornato. Nella luce dorata del crepuscolo. E così fu… I piedi del Bambino danzavano nel sole calante».
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