Una possibile e ideale introduzione a “Torino di carta” (un estratto del primo capitolo qui), volume edito da Il Palindromo, da oggi in libreria: è una città in movimento, che ricerca se stessa, Torino, e si costruisce, anche nei romanzi, per dialettiche; una città ideale per scrivere, secondo Italo Calvino…
«Se ammettiamo che il lavoro dello scrittore possa essere influenzato dall’ambiente in cui si compie e dagli elementi dello scenario circostante allora dobbiamo riconoscere che Torino è la città ideale per scrivere». Questo pensava Italo Calvino, una voce tra le tante, numerosissime, che nel corso dei secoli hanno vissuto o sono solo transitate per il capoluogo piemontese, e che da questa città sono rimaste ogni volta affascinate, forse stregate, sicuramente colpite, tanto da filtrare attraverso la scrittura gli spazi a
scacchiera di Torino, la sua geometria regolare delimitata dalla corona delle Alpi da un lato, e dalle curve del Po e della Dora dall’altro.
Da sempre luogo di scrittori e scritture
Una città raccontata sulla carta, ma anche una città che di quella carta ha fatto tesoro e stendardo. Torino è da sempre un luogo di scrittori e di scritture. Città del Salone Internazionale del Libro da più di trent’anni, di recente ha inaugurato tante nuove manifestazioni collaterali che promuovono la lettura, e che con la città e i suoi spazi ben si sposano. Portici di carta, ma anche Torino che legge, sono iniziative che si snodano per le vie di Torino, dalle arcate porticate del centro alle piazze alberate di periferia, tra palazzi storici decorati a stucchi barocchi e scuole anonime in cemento armato.
Gli scorci magici
È un humus vitale e rigenerante quello delle parole scritte, di chi le stampa e di chi le conserva per divulgarle. I libri si diffondono a macchia d’olio nella città che ha dato i natali, tra le tante, a una delle più note case editrici italiane del Novecento, e che oggi ospita un luogo magico come il Circolo dei lettori. E se nelle sontuose sale del suo palazzo, nella centrale via Bogino, transitano i più famosi autori italiani e stranieri del momento, sotto i portici di Via Po e di Piazza Carlo Felice si succedono le storiche bancarelle verdi di libri usati, davanti alle quali rallentano, da sempre, le frotte di studenti che passano davanti al Rettorato dell’Università e si dirigono verso la stazione di Porta Nuova.
Raccontata da secoli
Città di libri, città di storie: non potrebbe essere altrimenti. Nel magma urbano della ex capitale del Regno, impegnata a scrollarsi di dosso la patina di grigiore automobilistico e industriale in cerca di una nuova identità legata alla cultura, Torino continua da secoli a essere raccontata dagli scrittori. Il suo cuore pulsa pieno di salute e resta saldamente conformato su una mappa dove a ogni quartiere corrisponde un preciso profilo urbanistico e sociale. Un battito dopo l’altro, tutta questa realtà è finita tra le righe dei testi, riletta e ripensata, ma ancora e sempre spiccatamente Torino. E così quel che andava notando Edmondo De Amicis conducendo il suo lettore per i quartieri della città, gonfio di orgoglio patrio nella prima, ancora fresca, capitale italiana, non è poi tanto dissimile da quanto, con lucida ironia e affetto, va narrando Giuseppe Culicchia pochi anni dopo il giro di boa delle Olimpiadi Invernali del 2006, che hanno portato l’immagine della città nel mondo.
La Einaudi
In mezzo, sguardi, vicende, punti di vista e scenari che piano piano hanno ripreso quella mappa, pressoché immutata nelle sue geometrie originali, e l’hanno riempita di personaggi e vite diverse. E così se nella San Salvario degli anni Trenta si muoveva la famiglia di Natalia Ginzburg, nel quartiere benestante di Crocetta, dove si trasferì prima della guerra, si potevano incontrare per strada Cesare Pavese e Giulio Einaudi. Furono proprio loro a dare vita, in corso Re Umberto, alla prima sede della casa editrice che negli anni Quaranta accolse il giovane redattore Italo Calvino, tra le cui pagine compare e scompare la città afflitta dallo smog già negli anni Sessanta.
I vizi sotto lo zerbino
Ma è la stessa città del fiume che scorre placido, il parco del Valentino su una sponda, la collina che si arrampica sull’altra, così vicina eppure così staccata dal centro, tanto da garantire un rifugio durante i bombardamenti, tanto da diventare, più tardi, il quartiere snob, quello della Torino bene che nasconde sotto lo zerbino i propri vizi. La raccontano con il tocco inconfondibile della loro penna Carlo Fruttero e Franco Lucentini, che della città di Torino e della sua gente – della sabaudità, discreta e mai sopra le righe – regalano al lettore ritratti di grande arguzia e verità con le loro storie gialle, ormai classici della letteratura.
L’animo della città sabauda
E così arriviamo a tempi più recenti. Il cuore di Torino resta lo stesso: il suo salotto buono, Piazza San Carlo, le sue vie auliche con gli antichi palazzi, il palpitante mercato di Porta Palazzo, anno dopo anno identico eppure abitato di nuovi dialetti e culture, le case di ringhiera, lascito storico riadattato in ogni epoca. Nella Torino che cambia con il cambiare dei tempi si muove a suo agio Margherita Oggero, che trova nella città la location perfetta per le vicende della sua prof. Camilla Baudino, impegnata a leggere il tessuto urbano e chi lo vive, e a risolvere misteri al posto della polizia.
L’animo della città sabauda rivela infatti anche tinte fosche e oscure. E così la Torino dell’editoria, dell’Università e dei grandi intellettuali, la Torino discreta, culla della radio, del cinema, del bicerin e del tramezzino al caffè, diventa una Torino noir. Infida e sporca, tra i Murazzi lungo il fiume e i nuovi sobborghi delle periferie, sospetta e bugiarda sotto il sole che fa risplendere la grande meraviglia di Piazza Castello.
Le ombre di oggi
Enrico Pandiani, Enrico Remmert, Giuseppe Culicchia sono gli autori di oggi che non si fanno scrupoli nel raccontare anche le ombre di una città in cui ribolle un calderone dove vanno rimescolandosi senza soluzione di continuità innovazione e sopraffazione, creatività e delinquenza, operosità e ipocrisia. I misteri sembrano serpeggiare nella città magico esoterica dalle vie geometriche, tra binari di sferraglianti tram notturni, suggestivi ponti sul fiume e segrete ghiacciaie che conducono sottoterra. È una Torino che rivela la sua doppia faccia, soleggiata al tavolino di un bar per l’aperitivo, notturna come un passo furtivo dietro il pilastro di un portico.
Mutamenti e rinnovamenti
Città in movimento, città che ricerca se stessa, Torino si costruisce, anche nei romanzi, per dialettiche. E se giorno e notte sembrano creare lo spazio per misteri da risolvere ed episodi di cronaca nera a cui dare una risposta, anche la tensione tra centro e periferie segna il passo di tante storie. Di queste frizioni e attriti, in una Torino che muta e si rinnova, Fabio Geda coglie il guizzo, collocando i suoi giovani personaggi sui mezzi pubblici che dai quartieri più isolati conducono al centro, quello più noto, quello dei turisti, quello dove spicca la Mole Antonelliana, che della città è simbolo riconoscibile ed estroso.
Perché, in fondo, di stravaganze cucite insieme è fatta la città dei libri, dei misteri, delle automobili e dello stadio olimpico. Una città concreta che sulle pagine può diventare fantastica, immaginaria, divertente e persino folle. Sempre riconoscibile nel suo reticolo di strade squadrate, grandi viali alberati, facciate monumentali, sempre nuova dietro ogni angolo, sotto ogni foglio. Doppia, come una città reale inseparabile dalla sua ombra di carta e parole. Discreta e sfuggente, come lo spazio immaginario dove brulicano le storie. «Perché Torino è la città ideale per lo scrivere?», chiedeva un giornalista a Italo Calvino. «Perché il passato e il futuro hanno più evidenza del presente, le linee di forza del passato e la tensione verso il futuro danno concretezza e senso alle discrete, ordinate immagini dell’oggi – rispondeva lo scrittore, lasciando intuire che non finisse qui, che la città non si esaurisse nella sua facciata razionale, ma lasciasse spazio ad altri mondi, altre sorprese – Torino è la città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica e attraverso la logica apre la via alla follia».