L’attesa dell’uragano Katrina negli occhi di una ragazzina di una famiglia poverissima. “Salvare le ossa” di Jesmyn Ward è un libro privo di dio e colmo di violenza, speranza, situazione eccezionali. La forza del romanzo sta nella scrittura che ammalia il lettore
Salvare le ossa (316 pagine, 19 euro), tradotto da Monica Pareschi per NN editore, è un libro del 2011, il primo di una trilogia, con cui l’autrice, la statunitense Jesmyn Ward, ha vinto il National Book Award. La vicenda si svolge nel Mississipi, a Bois Sauvage, i protagonisti sono dei ragazzini, orfani di madre (morta di parto, dando alla luce l’ultimo figlio, Junior), che vivono col padre in una fossa, fra galline e spazzatura, poverissimi, vanno avanti a furia di espedienti e sono in attesa dell’arrivo dell’uragano Katrina. A breve sarà pubblicato, sempre per NN editore, il secondo volume della trilogia, Canta, spirito canta, attesissimo da chi si è accostato al primo episodio, con cui Jesmyn Ward ha vinto per la seconda volta il National Book Award.
Differenze di genere e destino
Il punto di vista è femminile, e non solo perché il romanzo è scritto da una donna, ma perché la voce narrante è Esch, quattordicenne della famiglia protagonista, che resta incinta di Manny, ragazzo poco più grande di lei (che naturalmente la farà soffrire molto), di cui è innamorata, ma non il solo con cui promiscuamente ha avuto rapporti. Anche l’uragano in arrivo, spiega a un certo punto il padre, è femmina, quindi «più distruttivo» C’è sempre una differenza molto netta nei generi e nel loro destino che sembra scritto, una differenza figlia dell’arretratezza del posto, in cui donne e uomini sono chiamate a fare cose ben distinte
La scrittura e l’attesa
La scrittura di Jesmyn Ward è bella e ipnotica e, insieme all’attesa dell’uragano che aleggia prima di esplodere con tutta la sua forza, è una delle colonne di Salvare le ossa. Nonostante l’autrice utilizzi molti aggettivi e si soffermi su lunghe descrizioni non annoia mai il lettore che, anzi, si sente come accompagnato, come se stesse su un’imbarcazione che percorre un fiume placido e va verso il mare. La scrittura è una grande forza di questo romanzo, non c’è chissà quale ritmo narrativo, non succedono chissà quante cose, ma si resta incollati alle pagine più per vedere come va a finire, per farsi ammaliare e trascinare dalle moltissime metafore e dalle tante immagini anche forti e violente, ma efficaci (l’uragano che lascia dietro di sé «un odore di dente cariato») che l’autrice usa. Salvare le ossa è molto violento: c’è chi viene picchiato, ci sono combattimenti fra cani (uno dei fratelli, Skeetah, ha un pitbull, che fa combattere, che è brutto, sporco e cattivo, ma in qualche modo rappresenta la speranza; la famiglia si salva nell’uragano, il cane è disperso, ma Skeetah lo aspetta…) e naturalmente c’è la forza distruttiva dell’uragano stesso, con la famiglia protagonista colpita frontalmente dalla natura, con il libro che esplode nella descrizione finale.
Metafore e… metafore
Ci sono tante metafore spicciole, nel romanzo di Ward, che si esauriscono nello spazio di una riga, e altre molto più corpose e ambiziose, che riguardano interi episodi o tutta l’architettura della storia. Ci sono costanti riferimenti fra la storia degli Argonauti, di Giasone e Medea (libro che legge Esch), e quello che accade, e in particolare c’è una costante, la morte che genera vita, quella della madre che ha messo al mondo Junior, il piccolo, il cocco di tutti, quella provocata dall’uragano Katrina, che però in qualche modo dà vita a un altro mondo, nuovo.
La straordinarietà e l’assenza di Dio
A differenza di tanti romanzi americani degli ultimi anni, o riscoperti negli ultimi anni, diversamente da Stoner e da Lo Schiavista, per fare un paio di esempi, focalizzati su gente comune e situazioni normali, Salvare le ossa di Ward è straordinario in ogni sua forma, personaggio e situazione, racconta eccezioni ed eccessi, dalla povertà alla natura è tutto estremo. Nonostante l’indigenza assoluta, le vicissitudini incredibili e poco ordinaria, sebbene Ward ambienti la sua storia in una zona particolarmente religiosa e “spirituale” degli Stati Uniti, non c’è traccia di Dio in questa storia, forse salta fuori un paio di volte, ma solo all’interno di qualche imprecazione, oppure si legge delle divinità greche, quando ci sono riferimenti agli Argonauti. Nessuno si appella, pur nella tragedia e nella distruzione, a un’entità superiore.
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