Il terremoto a L’Aquila di dieci anni fa e un libro, “Il movimento dei sogni”, scritto da Debora Grossi e da Eleonora Calesini, vissuta sotto i detriti di una casa per quarantotto ore. I ricordi tra ombre e luci, la forza di volontà e il riscatto, quasi un cammino verso l’alto, rinascendo dalle macerie
Se vi chiedessero come si muovono i sogni nel momento in cui si realizzano, sareste in grado di dare una risposta? Se dovessi immaginare il movimento dei sogni di Eleonara Calesini, l’unica parola che mi viene in mente, correndo il rischio di sembrare blasfema, è “ascensione” perché hanno compiuto un cammino verso l’alto, una ri-salita dalle macerie che quel maledetto 6 aprile 2009 l’hanno travolta nel terremoto a L’Aquila, quando è stato squassato il ventre della terra abruzzese. I suoi sogni, insieme alle paure con cui convive ormai da dieci anni, sono racconti nel libro Il movimento dei sogni (209 pagine, 15 euro), scritto a quattro mani con Debora Grossi e pubblicato da Fandango Libri.
Ansia e terrore
Elly era al primo anno di Università e il pianoterra di una casa in via Poggio Santa Maria era diventato il suo piccolo posto nel mondo, tra colline e chiome di alberi. Nel libro racconta la sua vita universitaria, la casa in affitto con altre ragazze che diventeranno presto sue amiche e le ultime giornate prima del terremoto che ha ferito a morte la città; abituata ormai al continuo sciame sismico: i presagi della mamma, il terrore delle coinquiline per ogni movimento della terra, l’ansia che attanaglia e sale dalla pancia; le scosse che, seppur di piccole intensità, diventano quasi compagne di vita.
«Le scosse sono diventate talmente tanto parte della nostra vita che non ci do più tanto peso»
Prima, la paura da esorcizzare
Le autrici hanno il merito di tenere alta la tensione pagina dopo pagina: sfogliando il libro, il lettore ha la sensazione che l’evento catastrofico debba arrivare alla prossima riga, ma in realtà la parola “terremoto” compare solo alla sessantaseiesima pagina, quando arriva «la prima vera paura» per quella terra, simbolo di solidità, che sembra liquefarsi sotto i piedi di chi la calpesta. Caduto il tabù, il sisma si trasforma in paura e morte da esorcizzare attraverso lo scherzo, una tavola imbandita e le risate tra amici perché «il timore che viveva in città era il timore di tutti e la volontà di far finta di niente era la voglia di tutti»; la preoccupazione di perdere la normalità diventa più forte di ogni scuotimento. Fino alla scossa di magnitudo 6.3 delle ore 03:32 del 6 aprile 2009, quando la casa in cui vive la protagonista crolla e al terrore seguono il silenzio e le macerie
Dopo, la tragedia e le sue voci
Il libro raccoglie la testimonianza non solo di Eleonora che sotto i detriti ha vissuto per circa quarantotto ore, ma anche delle persone coinvolte e toccate dalla tragedia in diversi modi: i genitori di Elly, Luigi e Lidia; lo zio Roberto; l’amica Martina che si è salvata perché ha dormito in macchina, Raffaele, il vigile del fuoco a capo della squadra che l’ha tratta in salvo; Claudio, il collega vigile che l’ha raggiunta per primo. Tutti, come piccoli tasselli, contribuiscono a mettere insieme un puzzle che raffigura l’angoscia di scavare tra le macerie in cerca di vita.
Eleonora è stata l’ultima a essere tratta in salvo, lo stesso miracolo non è accaduto all’amica Enza che si trovava accanto a lei quando la casa è andata giù. Il suo “miracolo” non è altro che un sogno che ha visto la luce, che è risalito dalla macerie ed è asceso in alto. Altri, purtroppo, sono andati infranti, come quello della ragazza bionda con un anello di fidanzamento al dito, che ha trovato la morte tra quei massi sotto i quali Elly ha lottato per restare in vita. Il terremoto dell’Aquila ha significato anche questo: ringraziare perché sotto un lenzuolo bianco non c’era la propria figlia o la propria nipote e sentirsi in colpa per un sospiro di sollievo tirato sul corpo inerme di una persona.
«Ha sentito tre rumori diversi quella notte. Il boato, il crollo e la morte. Il rumore della morte è un rumore calmo»
Il lieto fine, ma con gli incubi
La tragedia che ha vissuto Eleonora ha un lieto fine: poco alla volta, è tornata alla vita vera, ha realizzato i suoi sogni, gli stessi che l’avevano condotta a L’Aquila e alimentati con la forza di volontà che non l’ha mai abbandonata, ma non senza fatica, non senza dolore perché un terremoto parte dalla terra e scuote il profondo del cuore, dove si annidano le paure e, ogni tanto, riemergono, con la stessa forza dirompente che la natura è capace di sprigionare. A distanza di dieci anni, la sua vita trascorre in chiaroscuro, con tanti momenti di luce, ma altrettanti di ombre. Con sogni, ma anche con incubi.
Le parti del libro in cui le autrici raccontano i momenti vissuti in bilico e la disperazione che dilaga intorno sono commoventi e questo ci fa perdonare gli alti e bassi sul piano della scrittura, forse fin troppo essenziale, a tratti scontata; del resto, è pur sempre una debuttante, l’amica Debora Grossi, a cui Eleonora ha affidato il compito di trasformare in parole la sua testimonianza.
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