Bacà, un karma favorevole e un linguaggio unico

In una Londra un po’ futuristica vive vicende assurde, ma sempre con il lieto fine, Kurt O’Reilly, protagonista di “Benevolenza cosmica” del debuttante Fabio Bacà. Un romanzo in cui tutto è ironicamente, apparentemente falso, scritto in una lingua cosciente e consapevole, che mostra idee sorprendenti

Cosa accadrebbe nella vita di una persona alla quale andasse tutto regolarmente, costantemente bene? Dell’inaspettata fortuna che da sorprendente si fa angosciante racconta Benevolenza cosmica (225 pagine, 18 euro), esordio italiano di casa Adelphi, un romanzo denso di idee che la voce talentuosa dell’autore, Fabio Bacà, ben intreccia a un linguaggio di originale vitalità.

Vittima della fortuna

La storia di Kurt O’Reilly, trentenne impiegato all’ufficio nazionale di statistica, si svolge in una Londra un po’ futuristica, giusto un passo più in là del credibile. Tutto sembra infatti svolgersi nella consuetudine che il lettore si attende, non fosse per attentati continui che ormai sono entrati a fare parte della quotidianità, e per la strana attitudine di Kurt a capitare in situazioni quasi surreali, a volte al limite dell’estremo, altre grottesche, altre assolutamente quotidiane, tutte però accomunate da un’unica caratteristica, quella di concludersi bene per il protagonista. A Kurt va infatti tutto estremamente bene, anche nei casi più assurdi, che pure sembrano abbattersi sulla sua esistenza senza che lui ne abbia la minima necessità e voglia. Pericoli, proiettili, precipizi, investimenti finanziari: ogni volta arrivano inaspettati giri della fortuna senza che la statistica, e nemmeno il buon senso, lascino trapelarne la minima possibilità. In Kurt, mente logico-matematica abituata a convertite dati in previsioni attendibili, questa attitudine del caso, una benevolenza cosmica del tutto slegata da considerazioni razionali, scatena una patologica angoscia. Non potrà che sfociare in un’ansiosa ricerca, tra ricordi del passato e nuovi incontri, di una soluzione al sentirsi giorno dopo giorno non un favorito, ma una vittima della fortuna. Una fortuna sfacciata, esagerata persino per goderne.

Un passo più in là

La vicenda di Kurt sembra accadere in un mondo giusto un passo più in là del normale: un piccolo, impercettibile scarto oltre il possibile e l’ordinario, oltre ciò che non solo il lettore, ma forse lo stesso protagonista si aspetterebbe. Ecco il tratto sottilmente grottesco che rende affascinante questo esordio, denso di capovolgimenti e sorprese in un intreccio di generi che mescola la classica ricerca formativa del personaggio a momenti dall’atmosfera noir e a un’ironia elegantissima, sostenuta da un linguaggio agile e vivace. A un passo più in là da Kurt c’è il mondo dell’irrazionale, a cui non si è mai lasciato andare, ecco allora crescere l’idea di una macchinazione dietro alla sua sfacciata fortuna, verso cui a tutti gli effetti la vicenda sembra procedere. Scene in auto degne di una spy story, una perturbante quanto affascinante piscina sui tetti di Londra, cospiratori morti avvelenati e la ricerca di un misterioso karma, da non confondere con il destino. A un passo da Kurt c’è una fauna urbana varia, tra le cui stranezze e bizzarrie lui si destreggia tra un colpo di fortuna e l’altro, mai soddisfatto, punto da una tensione destinata a crescere fino alla fine. A un passo da Kurt c’è infine il mondo del credibile: il mondo della letteratura. Significativo il messaggio paratestuale che anticipa l’ingresso nella storia: «più della metà delle statistiche di questo libro è falsa, benché credibile». Tutto è ironicamente, apparentemente falso: lo sono i personaggi, le situazioni, i fatti straordinari.

Fra le capriole del linguaggio

Non può non saltare all’occhio, dopo pochissime pagine, quel che contribuisce a rendere unico e significativo questo romanzo. Si tratta del linguaggio. Quella di Bacà è una lingua cosciente e consapevole, che respira un vocabolario e un ventaglio di registri allargati, che mostra capriole e idee sorprendenti, indice di grande sensibilità per la lingua italiana. Il linguaggio di Benevolenza cosmica non è mai piatto: ogni pagina è una ventata fresca di novità, immagini diverse a un passo dal cliché, piacevolmente gustose, gradevolmente spiazzanti. Ci sono capelli chiari descritti come «un biondo subbuglio tricotico di strategica sciatteria», lineamenti «arrotondati di un amante di birre scure e occhi di un azzurro un po’ losco». Ancora, le case vittoriane sono «strette le une alle altre come volumi di una libreria» e il cielo diventa «una sindone calda e immacolata che avviluppava il mondo».

Ridere quando manca il senso

Solo l’ironia potrebbe frenare quella sovversione al buon senso che sembra aver stravolto la vita di Kurt, ed è infatti tra battute e commenti caustici sull’umanità contemporanea, smarrita nella sublimazione dentro il telefono, l’oggetto di plastica e silicio onnipresente (suonerà in continuazione, nella giornata di Kurt raccontata nel romanzo, e con difficoltà lui sarà rintracciabile) che il protagonista indagherà sui risvolti della cospirazione cosmica che gli ha attribuito un karma favorevole. Fino alla risposta capace di colmare quel vertiginoso senso di vuoto, carburante dell’esistenza di Kurt, o forse alla non risposta, perché in fondo, nonostante la statistica: «la vita è una faccenda incomprensibile e nessuna religione, superstizione o legge fisica è in grado di spiegarne il significato».

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