Il grande scrittore brasiliano Nassar ancora protagonista con il nuovo appuntamento di Lusoteca, stavolta con il suo primo libro, “Il pane del patriarca”: la fuga, che è soprattutto un viaggio interiore, del giovane André dalla casa paterna. Un romanzo che rapisce i lettori e li mette davanti a sé stessi.
Lusoteca torna di nuovo a parlare di Raduan Nassar in occasione della recentissima uscita de Il pane del patriarca (169 pagine, 15 euro) per i tipi della Sur Edizioni.
Si tratta del primo libro del grande scrittore brasiliano, a cui sono seguiti altri tre romanzi e poi la decisione irrevocabile di ritirarsi dalla scena letteraria e di condurre una vita ritirata in campagna. Nel 2017 ha ottenuto il premio Camões per l’insieme della sua opera, che ogni anno il governo brasiliano e il governo portoghese assegnano alle opere di spicco di lingua portoghese. Durante la cerimonia di premiazione Nassar ha dimostrato che la forza di uno scrittore non risiede solamente nei suoi testi ma nella potenza della sua voce: Nassar ha scagliato durissime critiche all’allora neoeletto governo Temer, che definisce un governo repressore di «tempi bui, molto bui», e ha citato episodi recenti della cronaca nazionale come l’invasione alla sede del Partido dos Trabalhadores a São Paulo, la repressione del dissenso democratico durante gli scioperi e la violenza verbale usata nelle campagne elettorali.
Un messaggio di purezza austera
«Non posso stare zitto» conclude Nassar e così è per Andrè, protagonista nonché narratore del romanzo Il pane del patriarca. Diciassettenne, vive in una proprietà di campagna (fazenda) insieme alla famiglia di origini libanesi: è qui che le radici musulmane si intrecciano con il nuovo contesto culturale e religioso del Brasile, in un sincretismo che mette in luce tradizioni, precetti religiosi e rituali collettivi.
Uno di questi è l’ascolto silenzioso del sermone paterno quando tutta la famiglia è riunita a tavola e ha il dovere di assimilare e far propri i valori di umiltà, di moderazione, di rifiuto dei piaceri, di pazienza e di controllo sulle passioni.
«L’amore, l’unione e il lavoro di tutti noi assieme al padre era un messaggio di purezza austera serbata nei nostri santuari, condivisa solennemente ogni giorno nel fare colazione la mattina e la preghiera al crepuscolo».
Sete della vita e delle passioni
Ma questo è un libro di rivolta, “anche l’impazienza ha i suoi diritti”, ed è proprio nelle parole del padre che Andrè trova l’istinto che lo condurrà alla ribellione. Se prima rimaneva ad ascoltare a testa bassa, ora l’adolescenza lo spinge ad alzare gli occhi: ha sete della vita, vuole sentire le passioni che il padre condanna, vuole vederla con i suoi occhi, quegli occhi che lui sa essere “due noccioli repellenti” perché se nelle parole paterne “gli occhi sono la lucerna del corpo” e se “gli occhi erano buoni era perché il corpo aveva luce e se non erano puliti era perché rivelavano un corpo tenebroso”, allora Andrè deve riconoscerci come un fedele perduto. Andrè decide di fuggire e diviene il figlio perduto con un’evidente richiamo alla parabola del figliol prodigo.
Lotta alla prevaricazione, non solo familiare
Così come in Un bicchiere di rabbia la relazione intersoggettiva è rappresentata come una lotta di prevaricazione, anche il mondo familiare di Andrè è dominato dalla prevaricazione, quella paterna, una lotta contro l’imposizione di un pensiero unico che la critica ha unanimemente interpretato come una rappresentazione scenica della dittatura brasiliana. (Sono molti altri gli esempi di letteratura nazionale in cui la repressione del regime è rappresentata attraverso la descrizione di atmosfere caotiche e violente e mediante un’analisi esacerbata di relazioni sociali turbolente: Rubem Fonseca, Dalton Trevisan, Lygia Faguendes Telles nel suo spettacolare Le ragazze, Ignácio de Loyola Brandão).
É un viaggio tutto interiore quello di André, che non sa che allontanandosi da casa finisce in realtà per portarsela appresso perché
«se per caso mi fossi chiesto distratto “dove stiamo andando”, non aveva importanza che io, alzando gli occhi, avessi raggiunti paesaggi del tutto nuovi, forse meno aspri, non aveva importanza che io, camminando, mi fossi diretto verso luoghi sempre più lontani, avrei comunque sentito chiaramente sui miei desideri giudizio severo, era un pietrisco, un osso rigoroso, privo di qualsiasi dubbio: andiamo sempre verso casa».
Il corpo e un segreto inconfessabile
Con una narrativa intimista, suggestiva e sensuale, marchiata da uno stile lirico inconfondibile che inizia e finisce una frase in corrispondenza dell’inizio e il termine di un capitolo, André ci accompagna alla ricerca del proprio corpo, quel corpo che rappresenta la rivolta contro la negazione dei sensi e della passione. Conoscere il corpo significa conoscere se stessi e autodeterminarsi come essere con volontà autonoma e indipendente, un essere con uno sguardo che vuole vedere. Il fratello Pedro parte alla ricerca della pecorella smarrita e dal confronto fraterno emerge un segreto inconfessabile che per tutto questo tempo André ha tenuto nascosto. Si lascerà convincere a tornare a casa? Ci sarà un ritorno a conclusione della parabola oppure aver messo in dubbio l’autorità paterna, rifiutando il suo dominio, ha prodotto effetti irreversibili non solo su André ma su tutta la famiglia e sulle fondamenta della sua indiscutibile unione?
Non vi resta che correre in libreria e farvi conquistare da questo eccellente scrittore: Nassar rapisce i suoi lettori e li mette davanti a sé stessi.
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