“Il futuro è storia” di Gessen è un lungo, ambizioso e straziante libro sulla Russia post-sovietica. È un reportage narrativo che si occupa di personaggi realmente esistenti e li segue dal dopo perestrojka ai giorni nostri. In un paese dove, sostiene, l’autrice è stato instaurato un regime totalitario
Lì dove i cronisti e gli storici non si spingono, possono osare gli scrittori. Incalzano la cronaca e la storia, fanno i conti prima, potenzialmente rischiando errori e sbavature, ma sempre con coraggio, una delle caratteristiche della letteratura vera, quella che non resta a guardare, che non può essere inerte. Masha Gessen, giornalista russa, vittima di minacce di morte nella Russia del piccolo uomo grigio Putin, trapiantata negli Stati Uniti per evitare di far la fine di Anna Politkovskaja, è lontana dal suo Paese ma lo conosce come pochi. Il suo Il futuro è storia (706 pagine, 18 euro), pubblicato dalla casa editrice Sellerio, tradotto da Andrea Grechi, è un volume lungo e accurato, esaltante per chi ama leggere, Gessen regala un affresco, un arazzo, con non poche divagazioni. della Russia post perestrojka, sezionando, attraverso alcuni personaggi realmente esistenti (quattro nati poco prima dell’avvento di Gorbaciov, tre più anziani, fra cui una psicanalista, un sociologo, e solo un sostenitore di Putin, quasi un ideologo, Alexander Dugin), una terra e un popolo che sono prigionieri di dinamiche del passato che sono tutt’altro che sepolte, dell’imitazione di una democrazia, di uno stato, questa una delle teorie che emergono dalle pagine di Gessen, che ha parecchie caratteristiche di quelli che sono stati sanguinari regimi totalitari. Un punto che fa molto discutere e che non trova tutti d’accordo, ma su cui, comunque la si pensi, ragionare non è cosa malvagia.