Il Truffino di Brokken cerca la ricchezza nella natura selvaggia

Mettersi alle spalle l’Olanda e scegliere, per vivere e rinascere, l’ignota foresta venezuelana, dove accogliere anche ospiti illustri. È quello che fa il leggendario Rudolph Truffino, raccontato da Jan Brokken: si innamora della Gran Sabana, si compenetra in essa, al punto di trascurare la famiglia…

Negli anni Cinquanta il nome di Rudolph Truffino, olandese di origini italiane, fa il giro del mondo. Lascia l’Olanda, della quale “ha nostalgia quanto di un mal di denti”, prima e la città, poi, per vivere nella giungla accanto agli indios pemones del Venezuela. Un uomo che ha il sapore della leggenda. Dopo aver vissuto a Caracas, aver frequentato la capitale negli anni di grande fermento, inizia ad esplorare luoghi dove vivono solo gli indios. È lui il protagonista di Jungle Rudy (320 pagine, 18 euro) di Jan Brokken, edito da Iperborea, nella traduzione di Claudia Cozzi.

Una nuova madre

«Nella giungla Truffino trovò lo stile di vita che più gli si addiceva. Anche lui era un’anima irrequieta per natura anche lui riteneva che accontentarsi di poco fosse indice di una grande ricchezza spirituale. Niente di tutto questo però rese meno drastico il passo che finì per compiere: abbandonare la città e tornare indietro nel tempo di migliaia di anni».
L’incontro con Lola Castro, una donna che, di fatto, lo salva da un incidente nella giungla, confidando nelle tradizioni ancestrali della cultura indio, cambierà ancora la sua prospettiva: Lola Castro sarà la donna che Truffino sentirà per sempre come madre, lui che «dalla rigida educazione avuta in Olanda, riteneva di non sapere nemmeno cosa fosse una madre».

Una guida per le celebrità

Truffino poteva tranquillamente affermare di essere il primo uomo ad aver messo piede nella fitta foresta intorno alla montagna. E vivere in quei luoghi, a sud dell’Orinoco, sui quali fa sorgere accampamenti sempre più attrezzati e articolati, lo porterà a far conoscere al mondo intero ciò che nasconde la foresta. Diventerà una guida per tutti coloro che vorranno esplorare la Gran Sabana, sconfinato altopiano nel sud est del paese dove torreggiano i Tepui, solitarie montagne a cima piatta con cascate, canyon e piante uniche al mondo (Brokken scrive che vi sono ottanta varietà di orchidee diverse). Da lì passeranno: Neil Armstrong, l’uomo che atterrò sulla Luna, David Rockefeller, spedizioni del National Geographic, il jet set di Hollywood, Audrey Hepburn, Anthony Perkins, e così via, furono le celebrità che a Canaima e Unaima fruirono dell’esperienza e della poliedricità di Rudy Truffino.

La moglie e le figlie

«Era un uomo insaziabile – scrive Brokken – voleva sapere tutto e saper parlare di tutto. La gente pendeva dalle sue labbra, specialmente le donne, comprensibile, era un uomo che non annoiava mai che si esaltava ai suoi stessi racconti e non riusciva a non flirtare». Tuttavia Truffino non era solo in quei luoghi, ma proprio lì crea la sua famiglia, prima con Gerti, austriaca che quando giunge in Venezuela conosce Truffino, e poi con le tre figlie che ebbe dalla moglie: Gaby, Lily e Sabine. Se Gerti inizialmente condivideva il sogno di vita comune di “Jungle Rudy” (come veniva chiamato Rudy Truffino), poi, lentamente si rifugia in se stessa e sempre meno cercherà il contatto con i loro ospiti. «Truffino non aveva tempo per le figlie. Per Lily e Sabine essere mandate in collegio, quello tedesco, equivalse a un vero e proprio esilio, ebbero l’impressione che i genitori avessero altro per la testa e volessero liberarsi di loro».

Musica e libri

Jan Brokken affascinato dalla figura di Truffino si mette sulle sue tracce: «Quel che subito mi conquistò di lui fu che, per riuscire a sopravvivere nella giungla, ascoltava regolarmente il Don Giovanni o una vecchissima registrazione di Ella Fitzgerald, oppure un trombettista le cui note struggenti sapeva imitare alla perfezione mentre si lavava di dosso il sudore nell’acqua di fiume, dopo una spedizione faticosa. Per di più, in mezzo a quel nulla, si era circondato di migliaia di libri, cosa che non trovavo per niente strana – avrei fatto lo stesso, nel profondo della foresta vergine». «Quando Rudy Truffino giunse negli anni Cinquanta, la Gran Sabana era un territorio pressochè ignoto; dal punto di vista scientifico era ancora inesplorato quanto la luna». «Il luogo del primo accampamento di Truffino è un luogo di incredibile bellezza, di fronte a cinque cascate che si tuffano in un lago lungo una parete di rocce rossastre». Meta di spericolate corse all’oro, c’è chi diceva che l’Eldorado si trovasse proprio in queste zone, di aver visto città ricoperte d’oro, come quella che negli anni Trenta porta un Bush Pilot a scoprire Santo Angel, la cascata col maggior dislivello al mondo, con un tratto di caduta ininterrotta di ben 807 metri.

La vera giungla è l’indifferenza

L’anno in cui Truffino lasciò definitivamente l’Europa, scoppiò la guerra di Corea, segnando l’inizio della guerra fredda. «Tra lasciare la propria terra per lunghi periodi e svanire del tutto c’è una bella differenza: non si trattava semplicemente di nature
vagabonde, ma di persone che erano letteralmente partite per non fare più ritorno, e ciò che continuavo a chiedermi era come fossero giunte a quella decisione e se non se ne fossero mai pentite. “Il buon viaggiatore”, recita un proverbio cinese, “sa dove sta
andando, il viaggiatore perfetto dimentica da dove è venuto” – ma non è troppo sicuro che in quell’ambito si possa raggiungere la perfezione».
Truffino diceva: «Ciò che voi intendete per giungla, non è affatto giungla. La vera giungla è l’indifferenza».
«Rudy era partito per trovare un nuovo genere di ricchezza nella natura selvaggia e dopo essere stato in canoa con il premier canadese Trudeau, o con Neil Armstrong, Daivd Rockefeller o il principe Bernhard, gli sembrava di avercela fatta. Ogni fede si
fonda sulla paura, e più Truffino si avvicinava alla montagna, più stringeva il cerchio intorno alla fonte di quella paura». «Nello stretto canyon attorno all’Auyàn Tepui l’aria fredda che scende dalla montagna si scontra con l’aria calda della savana; qui i
temporali sono frequenti e il rimbombo dei tuoni scatena un pandemonio nella valle. I lampi che balenavano sul fiume tenevano i pemòn alla larga dalla montagna infernale, con la conseguenza positiva che l’Auyàn Tepui era rimasto pressochè intatto nei secoli».

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