Si rinnova l’appuntamento con Lusoteca, stavolta con la scrittrice di racconti per eccellenza in Portogallo, Teresa Veiga. Nella sua raccolta “O Último amante” , in quattro racconti in prima persona, ambientati in epoche diverse, tra flashback e analessi lo stesso personaggio torna assumendo ruoli differenti.
Per Tabucchi il racconto è «un piccolo marchingegno che bisogna costruire con molta attenzione, è un intero mondo narrativo racchiuso in poche pagine e per questo notevolmente più complesso da costruire». Quando ben fatti, i racconti sono perle perfette, che brillano di luce propria.
Sotto pseudonimo e riservata
Teresa Veiga è la “contista” (scrittrice di racconti) portoghese per eccellenza. O Último amante (Tinta da China, 2017) è la sua prima raccolta di racconti che leggo e mi è già entrato sotto pelle. Quando ho girato l’ultima pagina ho provato la stessa sensazione di quando ho terminato di leggere per la prima volta una raccolta di Alice Munro, di Mavis Gallant o, per non allontanarci dalla scena lusofona, di Teolinda Gersão o di Dulce Maria Cardoso: il bisogno impellente di leggere tutto lo scibile pubblicato da Teresa Veiga. Riservatissima, più volte premiata al Grande Prémio do conto Camilo Castelo Branco (il premio più prestigioso riservato al genere del racconto) la scrittrice firma con uno pseudonimo e ha rilasciato pochissime interviste, l’ultima in occasione della recente premiazione per la raccolta di racconti Gente melancolicamente louca. (Tinta da China, 2015).
A Lisbona, nei pressi di Rua de Junqueira
Questi racconti meravigliosamente scritti hanno il centro a Lisbona, in Rua da Junqueira e nelle vie adiacenti: da qui si arriva fino al Chiado, alla libreria Bertrand, per rovistare tra i suoi scaffali e scoprire le ultimissime novità letterarie. Quattro racconti, narrati in prima persona, ambientati in epoche diverse in cui, attraverso un gioco di flashback e analessi, uno stesso personaggio ritorna assumendo ruoli differenti.
Nel primo racconto Alexandrina racconta, a distanza di più di vent’anni, le sue avventure “bucoliche” con Florblea Espanca, nota poetessa portoghese dei primi anni del Novecento, e ripercorre l’audacia che l’ha spinta a indirizzare una lettera alla donna più discussa e famosa dell’epoca, non solamente in virtù dell’eccellente produzione artistica ma per lo scandalo che la sua vita di donna colta e indipendente provocò nella società portoghese.
Nel secondo racconto conosciamo una Alexandrina molto più giovane che rivela i suoi ricordi d’infanzia e la sua relazione con la madre. Nel terzo è invece la figlia adottiva di Alexandrina, Raquel, a testimoniare l’arrivo di un ospite molto atteso. In chiusura una voce maschile, il marito di Raquel, con uno scabroso passato di ballerino.
Una domanda senza risposta
In ogni storia c’è la ricerca di un amore, una ricerca che è un anelito non detto, una domanda che resta senza risposta. Alexandrina, come altri personaggi dei racconti, non si rivela, non parla di sè, non fornisce spiegazioni o giustificazioni per le sue scelte: sono le sue azioni a rivelarcela e farne un personaggio estremamente delineato seppur silente e distaccato. Del suo carattere conosciamo l’essenziale, distillato in uno stile impeccabile e molto raffinato: quel che rimane è un’acuta consapevolezza di sé, la coscienza che ogni pezzo di memoria compone il tutto che è diventata.
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