La casalinga e il mostro marino, gioiello Ingalls

Una love story non convenzionale nella California degli anni Sessanta, l’incontro di mondi apparentemente inconciliabili, la solitudine di una donna senza figli e con un marito fedifrago. Leggere “Mrs. Caliban” di Rachel Ingalls significa riscoprire un piccolo classico, che travalica i generi, un po’ storia d’amore, un po’ fiaba, racconto di fantascienza e romanzo sociale

L’America, la casalinga disperata e il mostro. Ben prima del film di culto Edwuard mani di forbice, almeno quando fu pubblicato in lingua originale, Mrs. Caliban (148 pagine, 14 euro) della scrittrice Rachel Ingalls ragiona sull’avvicinamento di mondi diversi, apparentemente inconciliabili, sulle differenze che arricchiscono, e lo fa attraverso una storia d’amore, la più non convenzionale delle love story. Protagonisti, nei sobborghi californiani, una casalinga senza figli, Dorothy Caliban, e un uomo-tritone, fuggito da un centro dove ha fatto da cavia a spiacevoli esperimenti. Si trovano e si amano, con passione quasi adolescenziale, in quasi ogni stanza della casa che la donna divide con un marito, Fred, che non la ama, anzi la tradisce. E parlano, dialogano, con la donna che scopre una creatura sensibile, da difendere, nonostante sia grande e grosso. Chiede aiuto e lo otterrà, l’enorme anfibio, che è stato strappato al golfo del Messico, dove sogna di tornare, che è stato torturato, che in definitiva come la donna è una specie di sopravvissuto, di relitto.

Un matrimonio in crisi e una creatura soprannaturale

Grazie a questo suo romanzo modernissimo, pubblicato da Nottetempo e tradotto da Damiano Abeni, Rachel Ingalls è riemersa dal punto di vista editoriale, da un paio d’anni nel mondo anglo-americano e, adesso, anche in Italia. A trentacinque anni dalla prima edizione (del 1982, stesso anno in cui al cinema c’era E.T. di Steven Spielberg) che non aveva avuto lo stesso clamore. La crisi dell’istituzione matrimoniale (perché ormai Dorothy e Fred condividono giusto casa, ma non riescono nemmeno lontanamente a confortarsi) è uno dei temi che si insinua in questo romanzo breve, ma non è il solo e si fa presto a perderlo di vista: emerge la grigia quotidiana domestica di Dorothy e l’immediato rifugio che trova presso di lei l’uomo anfibio, Larry, metafora dell’inaspettato e del diverso, del soprannaturale, se vogliamo, anche se concretissimamente la creatura (che ha ucciso gli scienziati che lo studiavano) mangia verdure e avocado, parla bene e inizia perfino a guidare e a fare le faccende domestiche.

Un delirio? Un marito? Un figlio?

Nonostante gli spaccati fiabeschi (da La bella e la bestia) e fantascientifici, sebbene abbia un finale surreale, insomma, nonostante travalichi i generi, Mrs. Caliban riesce a essere anche un romanzo sociale. Ingalls, amata da Oates e Updike, si è trasferita dagli Usa in Inghilterra a partire dagli anni Sessanta, ma sa comunque inquadrare benissimo quegli anni Sessanta a Los Angeles abbastanza cristallizzati, tra radio e tv, tra pavimenti in linoleum e sandwich, tra tinelli domestici e sogni. Non emerge mai in modo esplicito, ma Larry potrebbe essere solo un delirio, esistere unicamente nella testa di Dorothy, come suggestione, come speranza: è il marito che non ha più, uno dei figli che ha perso (un neonato morto e una gravidanza non completata), braccia in cui rifugiarsi e da stringere.

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