“Cometa”, un romanzo di formazione con un finale inatteso e due protagonisti con gli animali che si portano dentro. L’ha scritto Gregorio Magini, abile a costruire un romanzo su un’improbabile amicizia, allo stesso tempo visionario, sboccato e linguisticamente potente
Senza mezze misure, visionario, linguisticamente potente e sorprendente, sboccato. È un po’ l’ennesimo ritratto dell’Italia di oggi, è l’ennesimo romanzo di formazione della gioventù al tempo presente, ma tende a uscire da certe gabbie, con due protagonisti e gli animali che si portano dentro, e con un finale davvero inatteso. È Cometa (248 pagine, 15 euro) di Gregorio Magini, quasi quarantenne, di professione programmatore, ma con più di un’incursione letteraria in curriculum. Lo pubblica Neo edizioni, casa di ricerca, a cui le maggiori guardano con malcelato interesse, ultimo esempio il passaggio di Paolo Zardi a Feltrinelli.
Amici quasi per caso
La debolezza, l’ansia di vivere, l’imperfezione, le emozioni e la rassegnazione di Fabio e Raffaele, amici quasi per caso che si completano per qualità individuali e modo di stare al mondo, sono ben interpretate sulla pagina da Magini, che li segue mentre crescono dagli anni Ottanta agli Zero – un arco temporale in cui finiscono per essere un po’ più soli e disadattati di quanto già non fossero in principio. C’è tanto grottesco innestato nella realtà, che emerge nella prima parte, e poi deborda nella seconda.
Poche speranze, tanti istinti
Sesso e realtà virtuale sono due poli di riferimento di questo romanzo, con due protagonisti incapaci di vivere relazioni stabili, autentiche: Fabio è sensibile, un misantropo e introverso «nerd col pallino dei social network», Raffaele («Non lavorare, non aspettare, non invecchiare») insoddisfatto e inquieto, se ne sta in una porzione di mondo, fra droghe e sesso. Il primo proporrà al secondo di creare un nuovo social chiamato Comeet, ma alla fine sarà solo Fabio a realizzare, finendo però in un gioco più grande di lui… Sprecano tempo e bruciano energie in un mondo in cui quasi non c’è traccia di relazioni (tutt’al più interazioni, connessioni), Raffaele e Fabio, vanno di corsa, hanno poche speranze e tanti istinti, incoerenze e debolezze, ma anche uno sguardo spiazzante su persone e cose.
Lingua labirintica, lirica, irriverente
Nel corso della lettura sarà naturale considerare molte pagine fastidiose, poco accomodanti, specie all’inizio. Poi ci si accorge di essere sprofondati in vicende inventate eppure sovrapponibili a quelle di tanti di noi. Senza che necessariamente arrivi il momento dell’immedesimazione coi due protagonisti, anzi è auspicabile discostarsene e provare a guardare tutto dall’esterno, senza farsi sopraffare da certo ritmo allucinato del romanzo di Magini, il cui merito principale sembra essere far galleggiare la storia su una lingua mai manierista, mai costruita, labirintica, spesso lirica, spesso irriverente.
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