Un uomo scampato alla Shoah e la sua nuova vita a New York in “Nemici. Una storia d’amore”, romanzo del Nobel. Herman Broder, vedovo, ha una seconda moglie, un’amante e fa i conti con la prima consorte che era stata data per morta. Vive tra rimorsi, sotterfugi e i fantasmi dei nazisti che non lo lasciano mai, e per lui salvezza non sembra a portata di mano.
Puro Isaac Singer, figlio e padre dell’epopea della cultura ebraica. Tra ragione e sentimento, tra intelletto e passione, tra speranza e tragedia. Ostinatamente con quella lingua, l’yiddish, strappata all’oblio. Puro Singer, ma “americano”, perché superati i cinquanta anni, diede alle stampe romanzi ambientati Oltreoceano, dove viveva da tempo, e non nel cuore dell’Europa orientale. Vi diranno che le sue doti di scrittore si esaltano nella misura breve. È una delle tante vulgate, non tutte positive, che lo accompagnano. Adelphi ne continua l’operazione di rilancio con un romanzo di quasi mezzo secolo fa, di successo, trasformato anche in film da Hollywood.
Inverosimile come la vita
Nemici. Una storia d’amore (257 pagine, 18 euro), nella nuova traduzione di Marina Morpurgo, appare ancora più splendido in un’epoca, la nostra, di scrittori che non vogliono o che fanno fatica o che non sanno scrivere romanzi, ma galleggiano, non tutti felicemente, su forme ibride di narrazione. L’enigma dell’esistenza umana, la menzogna, l’inettitudine e, ancor più, la sete d’amore, sono al centro di questa storia rocambolesca e, a tratti, inverosimile, come la vita. C’è l’andamento maestoso e la voce secca delle storie migliori di Isaac Singer in questo romanzo che si regge non su un triangolo, ma su un… quadrato. Herman Broder, nella New York del dopoguerra, vive con Jadwiga, la contadina cattolica che l’ha nascosto, salvandolo dal lager, che non ha risparmiato moglie e due figli, si innamora della cassiera Masha, sensuale ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento con cui consuma una passionale storia clandestina (pernotta da lei, raccontando a Jadwiga di essere un venditore porta a porta di libri e di dover andare spesso fuori città, mentre in realtà scrive sermoni per un rabbino), e si imbatte non nei tedeschi (paura che l’attanaglia sempre, a ogni piè sospinto per strada si sente braccato) ma nella prima consorte Tamara, rediviva, miracolosamente fuggita dai nazisti e passata da un campo di lavoro in Russia (altra faccia dell’annientamento…), prima di approdare negli Stati Uniti.
Sopraffazione senza salvezza
Avvincente e colma di colpi di scena (come si conviene alla primissima pubblicazione a puntate su un giornale yiddish), quest’opera di Singer getta lo sguardo sull’ebraismo in America, sullo strazio della solitudine, sul tormento e sul rimorso d’essere sopravvissuti, su un passato impossibile da scordare. La verità del mondo sembra essere la sopraffazione, il diritto della forza, l’intreccio di inganni e sotterfugi, con cui lo stesso Herman – nemico di se stesso – fa i conti, nel rapporto con la remissiva Jadwiga, ma anche con Masha e se stesso. La salvezza, però, soprattutto per il protagonista appare complicata, impensabile, impossibile. Ciò che di parziale riesce a cogliere è l’amore, spasmodicamente ricercato contro ogni tipo di abbandono e sofferenza.
Filosofia, politica, fede? Senza senso
Romanzo di anime devastate dalla Shoah, frutto di un Singer già maturo, Nemici. Una storia d’amore scuote col suo miscuglio di sopraffazione, vecchi fantasmi, menzogne e amori, amori differenti per tre donne che non potrebbero essere più diverse ma allo stesso tempo autentiche. È un libro che prova a curare certe ferite, che vuol confrontarsi col tragico vortice della storia, e che pure non riesce a trovare davvero un senso a nulla, filosofia, politica e fede.
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