Due donne in lotta e Garcia Lorca, l’America di Arena

Ne “La notte non vuole venire”, sullo sfondo dell’America proibizionista e alle prese con grandi flussi migratori, Alessio Arena ricostruisce e reinventa la vita leggendaria della cantante napoletana Gilda Mignonette, la sua ascesa e la sua caduta, la sua storia personale, a partire dalla rivalità sentimentale con Esterina Malacarne, sua assistente e tuttofare, con cui il marito la tradì

Ha la musica nel sangue, Alessio Arena, e anche la letteratura. Ed è una perfetta sintesi di ciò che ha dentro il suo ultimo romanzo, che racconta certi flussi migratori del Novecento, col pretesto di raccontarci un’esistenza leggendaria, ma non solo: i protagonisti più che gli emigranti (in particolare una di lusso) sono personaggi dall’esistenza nomade, sia esteriore che interiore. Di mezzo c’è una figura realmente esistita, la “regina degli emigranti”, “la sirena di New York”, ovvero Gilda Mignonette (al secolo Griselda Andreatini), con la sua ugola che infiammò il pubblico oltreoceano. E, quindi, c’è un bagaglio importante di documentazione storica alle spalle de La notte non vuole venire (316 pagine, 18 euro), probabilmente l’opera più interessante e matura di un autore decisamente poco organico e molto anticonformista, nel panorama delle lettere di casa nostra.

Carnefice vs vittima, ma non fino in fondo

Dimensione storica e dimensione intima si compenetrano nel nuovo romanzo di Arena, edito da Fandango Libri. L’epopea dei flussi migratori di massa e della Little Italy di New York vive di pari passo con un duello esistenziale, quello fra la cantante italiana più famosa d’America (celebre e passionale, protagonista di un’ascesa travolgente, e poi di una caduta inevitabile) e la sua tuttofare e interprete, Esterina Malacarne, guagliona dai capelli bianchi e voce narrante (in flash-back) che assiste Gilda Mignonette fino alla morte, in una nave con destinazione Italia, nel 1953. Dispotica e spavalda carnefice e vittima anonima e silenziosa, rispettivamente, ma forse non fino in fondo. Specie quando entrano in scena altri due personaggi, Frank Acierno, giovane marito della cantante (invisibile e oppresso dall’ingombrante figura della consorte), che non esita a tradirla proprio con Esterina, e il poeta andaluso Federico García Lorca (un suo verso è il titolo del romanzo), amico delle due protagoniste (anche se a riguardo le fonti storiche sono pochissime e sfumano nella leggenda), fragile e generoso.

Multilingue, realistico e visionario

Arena inanella lungo le pagine colpi di scena e amori, chiaroscuri psicologici e sentimentali, fa scorrere alcol, fa sfilare Rodolfo Valentino e Frank Sinatra. E, sul fronte della scrittura, intreccia dialetto partenopeo, italiano e americano in un frullato multilinguistico convincente. Anche se sono le parole non dette, i dissidi sotterranei, ad ardere maggiormente, specie nella relazione fra Gilda ed Esterina. Il contesto storico, con un occhio però tra il realista e il visionario, non è affatto trascurato, la stagione proibizionista, la diffidenza nei confronti degli italiani, i gangster. La seconda guerra mondiale è l’inizio della fine per la cantante, i rapporti fra gli Usa e l’Italia di Mussolini si deteriorano in fretta, tanto che le autorità americane non vedranno più di buon occhi la “regina degli emigranti” (apertamente schierata con le ragioni della patria e per questo trattata da sovversiva, quasi da spia), frattanto in crisi anche sul piano personale, tramortita dall’alcol, uno dei pochi rifugi alla scoperta del tradimento del marito con una creatura istruita ma poco più che insignificante, scelta principalmente per questo in origine. Sul transatlantico “Homeland”, che riporta in Italia le due donne, la stella che si sta spegnendo e l’assistente che si vendica a colpi di ricordi, la storia cambia…

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