“L’uomo senza profilo” fa riflettere su fake news e identità su Internet. La voce Wikipedia dello scrittore partenopeo è la scintilla della narrazione e della riflessione, fra risate e malinconie. Ma in questa autofiction, che sembra prendere in giro il genere c’è spazio anche per le memorie familiari, le difficoltà di chi prova a vivere di scrittura, il complicato rapporto con la città d’origine
Non è semplice capire quanto di vero e autobiografico ci sia in quella che sembra un’autofiction o una presa in giro delle autofiction, firmata dal napoletano Stefano Piedimonte, altro partenopeo che ha lasciato la città, in conflitto con essa – come Alessio Forgione, recente autore di Napoli mon amour) – critico in particolare con la Napoli di libri e scrittori, «uno dei luoghi letterari più prolifici al mondo non riusciva a sfruttare le risorse che aveva generato. Era come la Sierra Leone, che produceva diamanti per venderli in tutto il mondo tranne che entro i propri confini». Se davvero, alle prese con altalene sentimentali e sessuali, passa le giornate con un pigiama di pile a forma di zebra, in un monolocale della periferia milanese, nutrendosi di zuppe riscaldate e birra in lattina, mentre prepara articoli per giornali o lezione di storytelling. Se davvero gli era capitato di spacciare fumo in gioventù, o di scialacquare parecchi denari dopo i primi contratti editoriali. Di sicuro gli si riconosce una certa onestà intellettuale di fondo, quella che gli fa descrivere la precarietà di chi prova a vivere di scrittura in Italia, e poi scrivere: «… i miei romanzi non appartenevano a un genere preciso, spesso li avevano definiti gialli, cosa che non mi ero mai premurato di smentire perché mi faceva molto piacere essere invitato al festival del giallo…». In realtà una delle caratteristiche principali della sua produzione è quella di sorprendere sempre, di condurre il lettore in luoghi che magari mai avrebbe immaginato di visitare.
Wikipedia e guai
Il più recente romanzo di Piedimonte, L’uomo senza profilo (159 pagine, 15 euro), con cui approda alla casa editrice Solferino dopo Guanda e Rizzoli, sembra una lunga riflessione su fake news, distorsioni e pericoli della Rete, identità vera e virtuale. E lo è, naturalmente, a partire da quando uno studente universitario lo contatta per avere informazioni da inserire su una voce nuova di zecca di Wikipedia, quella che riguarda appunto Stefano Piedimonte. Un gioco di equivoci affastellati sarà il resto del libro, con informazioni ed eventi che nulla hanno a che vedere con la biografia dello scrittore, inesattezze grossolane o errori inventati di sana pianta, eppure inseriti sul web. C’è da riflettere, ridere, immalinconirsi, a leggere, anche sotto traccia, le tante sfumature di una storia semplice, raccontata con un linguaggio senza fronzoli: è inquietante e bizzarro il labirinto che sembra senza uscita e in cui Piedimonte, o comunque il suo alter ego sulla pagina, va a cacciarsi,
Non solo web
La narrazione pare proprio imperniata sui molto contemporanei temi dell’identità, delle menzogne di Internet e della superficialità e ingenuità dell’approccio degli utenti comuni. Affiorano, però, prepotenti i ricordi familiari, dolci epiche legate ai nonni e l’odioso amore per Napoli, il dissidio per un luogo in cui, a suo dire, tutta una serie di diritti, altrove scontati, «erano una conquista riservata ai più violenti, o ai più ricchi, caratteristiche che spesso combaciavano». Sono il contraltare sorprendente, che torna a più riprese, di un libro forse di passaggio, di transizione, ma che può segnare un’ulteriore direzione nel lavoro di Piedimonte.
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