L’azzeccata cifra stilistica del tono asciutto e il mix tra abulia, aspirazioni letterarie e amore. Questi sono i segreti dell’ottimo debutto di Forgione con “Napoli Mon Amour”, storia della frustrante ricerca di un lavoro da parte del napoletano Amoresano, due lauree e un amore
“Napoli mon amour”, del napoletano Alessio Forgione, edizioni NN, si è incuneato, con i suoi riferimenti geografici e letterari, nel mio vissuto. Me lo sono sentito cucito addosso e non me ne sono sorpresa perché con certi libri è da subito una questione personale. Lo è con quelli che non scegli ma ti scelgono, magari utilizzando, a mo’ di richiamo, il nome delle tua città nel titolo.
Impossibile, infatti, resistere alla curiosità di vedere Napoli attraverso la scrittura di Forgione (qui la nostra intervista), di comparare l’amore che lui le dichiara a quello che le riservo io, di verificare come abbia gestito un soggetto dalla personalità tanto dirompente.
Colloqui e impieghi improbabili
Tra le maglie del sentimento privato resta comunque uno spazio di oggettività in cui, nel commentare il romanzo, conto di muovermi riflettendo se e come “Napoli mon amour” possa parlare anche a chi non conosca il mio quartiere d’origine, non abbia mai messo piede al centro storico e mai fatto un bagno a Procida, o a chi non consideri Ferito a morte e Mattatoio n. 5 quasi testi sacri.
Amoresano ha trent’anni. Due lauree. Abita con i genitori a Soccavo, periferia ovest del capoluogo campano. Mollato un frustrante lavoro sulle navi, ha poco più di duemilacinquantatré euro di tempo, il residuo dei suoi risparmi bancari, per trovare un nuovo impiego e riformulare in modo più soddisfacente la sua vita. Tra un improbabile colloquio di lavoro e l’altro, procrastinando quotidianamente la decisione di trasferirsi all’estero, scrive racconti e incontra la donna del cuore. Abulia, aspirazioni letterarie e amore. Un mix che può essere tanto un propellente quanto un fardello. Quale dei due per Amoresano, lo si scopre solo nell’ultima pagina del romanzo.
Lontano da Saviano, Ferrante, de Giovanni
Bravo Forgione a gestire i rischi presi nel raccontare questo frammento di autobiografia che affidata, nella finzione, all’interpretazione del suo alter ego Amoresano.
Bravo nell’aver dato a Napoli uno spazio originale, lontano dal registro di Saviano, della Ferrante o di de Giovanni. La sua città non è né inferno, né matrigna, né scenario folcloristico. Piuttosto è sovrastruttura ideologica, porta d’accesso e d’uscita dalla realtà, unica prospettiva da cui gli è possibile decodificarla.
Bravo per come ha pagato il tributo di devozione a La Capria, suo mito letterario. Tirarlo dentro la storia sarebbe stato un passo falso se avesse ceduto anche di un millimetro alla idealizzazione. Gli è riuscito, invece, un cammeo equilibrato, essenziale, che colloca nell’appropriata cornice d’intimità l’incontro, realmente avvenuto, tra il maestro e l’aspirante scrittore.
Bravo per non aver censurato le scene di sesso tra il protagonista e la sua ragazza. Il desiderio carnale è parte di una relazione. Non calcare sull’erotismo e non scadere nel pornografico, restare composti e scriverne così come i rapporti fisici accadono, con naturalezza, non è facile né scontato: a lui è riuscito bene.
Niente è finzione, tutto è narrazione
Forgione, che in certi passi mi ha ricordato John Fante del superbo Chiedi alla polvere, sebbene lui non lo nomini tra i suoi numi, ha la testa dello scrittore di razza. Niente è finzione. Tutto è solo – si fa per dire – narrazione.
Il suo Amoresano è un personaggio spigoloso, non immediatamente simpatico eppure, pagina dopo pagina, conquista fino a creare dipendenza dalle sue fantasie, dalla peculiare interazione con la città, dall’umore umbratile, dal tono asciutto che usa. Un’economia di parole che somiglia alla sua ossessione per il risparmio. Nell’un caso come nell’altro non avarizia ma parsimonia, decisamente non vizio bensì virtù, azzeccata cifra stilistica.
Nella prefazione al suo ultimo libro Feel Free, Zadie Smith dice: «La scrittura esiste all’intersezione di tre elementi precari e incerti: la lingua, il mondo e io». Romanzo generazionale o meno, non è rilevante. Importa che l’intersezione disegnata da Forgione sia originale e soprattutto appassionante non solo per chi parla un italiano essenziale con contaminazioni dialettali, non solo per chi vive a Napoli, non solo, infine per i trentenni che si sentono sospesi come Amoresano. Napoli mon amour è un ottimo lavoro.
I Magnificat possono rivelarsi più infidi delle stroncature, soprattutto per un esordiente. Comprenderà quindi, l’autore, le ragioni per cui ho preferito l’aggettivo ottimo in luogo del più insidioso eccellente.
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