Lo chef di Sorokin? Cucina bruciando libri

“Manaraga – La montagna dei libri” di Vladimir Sorokin immagina che fra una ventina di anni, nel mondo, i libri siano rarità da museo e servano ad alimentare, spesso con le prime edizioni, il fuoco con cui si cucinano costosissime prelibatezze. Una lunga metafora del futuro che ci aspetta…

La Russia non è solo l’avamposto di un ex agente segreto megalomane, allergico ai principi democratici e a certi diritti inalienabili, come la libertà di stampa. Resta la terra di una letteratura sulfurea, incendiaria. E gli aggettivi non sono utilizzati a caso, se riferiti al più recente romanzo di Vladimir Sorokin, Manaraga – La montagna dei libri (224 pagine, 17 euro), pubblicato dalla casa editrice Bompiani, grazie alla traduzione di Denise Silvestri. Classe 1955, Sorokin è uno dei più noti intellettuale russi, che ha iniziato a scrivere quando l’Urss si stava sgretolando e, fortunatamente, non ha ancora finito.

La moda del book’n’grill e i falsari da neutralizzare

Sorokin immagina un mondo – l’occidente ha respinto l’invasione musulmana – in cui i libri di carta sono relegati al ruolo di rarità, di pezzo da sfoggiare in qualche museo o da custodire in remote biblioteche. Non si stampano. E poi c’è chi sacrifica gli esemplari rimasti (rischiando anche la vita per trovarli) sull’altare dell’arte culinaria più alla moda e d’avanguardia. C’è uno chef, Géza Jasnodvorskij, ungherese, nato da una famiglia di tartari polacchi ed ebrei bielorussi che prepara intingoli e piatti di assoluta qualità con un metodo… raccapricciante. Raccapricciante almeno per chi ama i libri. Quei pochi che restano, meglio se prime edizioni, alimentano il fuoco delle prelibatezze di Géza, che sfugge alla polizia e organizza cene costosissime in tutto il mondo, dedicate a chi… può permetterselo. Lo chiamano book’n’grill, moda per pochi intimi inizialmente, che quasi diventa fenomeno di massa. Le ricette? “Bistecca di tonno alla Moby Dick” o “Polmoni di vitello con La montagna incantata”, per fare qualche esempio. Gli chef migliori costituiscono una specie di setta a livello internazionale, la Cucina; coloro che non ne fanno parte e lavorano clandestinamente sono considerato alla stregua di terroristi internazionali. C’è chi addirittura (di mezzo ci sono italiani) falsifica rare prime edizioni (per esempio quella di Ada di Nabokov, ci cui sono pronte migliaia di copie di edizioni fasulle) sul monte dalle sette cime Manaraga, negli Urali. Con questi falsari Géza andrà allo scontro anzi, in un castello bavarese, sarà incaricato dalla Cucina di neutralizzarli.

Un diario di metafore, digressioni e parodie

La paura e lo smarrimento dell’umanità, nel presente, sono ben resi dalla lunga metafora che è questo stesso romanzo visionario e dal ritmo serrato, ambientato tra una ventina d’anni, futuro lontano ma non troppo. Metafora che non è la sola, se si pensa che l’ultima creatura di Sorokin, Géza, può contare su tre puntigliose pulci (altro che smartphone…) che vivono nel suo cervello, osservano e comprendono quello che gli gira intorno, che gli mettono a punto la memoria e si occupano dei suoi sogni, quando prende sonno. Una addirittura, a un certo punto, cerca di spodestare Géza dal suo ruolo di voce narrante. Una farsa disarmante? Di sicuro. E poi un messaggio per metterci in guardia, per esempio dal commercio camuffato da cultura, per non perdere di vista le cose che contano in un mondo rarefatto e post-apocalittico, il nostro, forse non ancora ai livelli di quello immaginato da Sorokin (in questo volume tipico della sua ultima produzione, ma non macchinoso, né caotico, anzi di esemplare chiarezza) ma, a pensarci bene, non così lontano. Il romanzo – un succedersi di grill-party, raccontati con la forma del diario, fra pensieri, digressioni, parodie di Tolstoj e Nietzsche, storie parallele – è intriso di umorismo macabro, di maschilismo e violenza, di sete di denaro. Non è mica fantascienza. Non è mica distopia.

È possibile acquistare questo volume in libreria o a questo link https://goo.gl/kN4KxP

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