Un delitto eccellente che rischia d’essere insabbiato e una soffiata per un giornalista. Inizia così l’indagine del cronista Steno Molteni sull’omicidio del figlio del console americano a Milan. Nel giallo “Il caso Kellan” di Franco Vanni scoprire il colpevole non sarà un gioco da ragazzi e le carte sul tavolo saranno più volte rimescolate…
Il corpo di Kellan Armstrong, in fin di vita, viene abbandonato di fronte all’ospedale Fatebenefratelli. Saranno i suoi ultimi minuti di vita. Tuttavia il rischio che il caso venga insabbiato è alto. Motivo? Kellan Armstrong è il figlio del console americano in carica a Milano e il luogo in cui si è consumata la barbara aggressione è “la buca”. Luogo storico di cruising per gay che si incontrano, dopo essersi dati appuntamento in chat su internet, ma che di fatto non si conoscono. Una soffiata, quindi, mette al corrente il giovane giornalista de La Notte, Steno Molteni (forse una sorta di alter ego di Franco Vanni), a informarlo del fatto è il suo amico Scimmia. Un agente scelto che trova in Molteni un valido aiuto nell’esaminare i dettagli, i “tra le righe” dei casi di cronaca nera.
Un moderno Dylan Dog
Molteni, come un moderno Dylan Dog, si sveglia nel suo letto d’albergo (dove peraltro abita e dove, di notte, indossa i panni di barman per pagarsi l’affitto) con accanto una donna bellissima, Sabine (che è anche il nome di fiume in Texas). Guida una Maserati Ghibli, vecchio modello, che lascia parcheggiata per strada sotto la custodia di Alberto, un clochard che sogna di diventare l’autista di Molteni. Franco Vanni, da anni giornalista de La Repubblica, ha raccontato che l’idea di scrivere Il caso Kellan (336 pagine, 17 euro), edito da Baldini Castoldi, è partita da una soffiata: una sera, un ragazzo lo chiama per raccontargli di essere stato aggredito mentre era appartato con il proprio ragazzo.
Milano, le bande e le mele marce
Così anche Steno Molteni, inizia ad indagare e scopre che nella città di Milano ci sono bande, che si fanno chiamare Spazzini, che si infiltrano nelle chat e una volta che scoprono il luogo dell’appuntamento, a notte fonda, entrano in azione. Sotto il nome di violenza fanno rientrare parole come giustizia e ordine. Molteni è un uomo non abituato a guardare i fatti da distante, ma a metterci dentro testa, gambe e piedi. Anche se il caso scotta. Cosa ci faceva Kellan alla buca? La Milano bene che frequenta Kellan Armstrong in realtà è una mela marcia, sono marci coloro che gli sono amici. Il substrato in cui l’uccisione di Kellan Armstrong si consuma è un ambiente alla deriva. Le feste alle quali si diverte finiscono per assomigliare tutte a un grande caos fatto di droga e alcol.
«Per la prima volta dalla morte di Kellan, camminando sulla neve sporca, Liam Armstrong scoppiò a piangere. Le lacrime gli solcarono le guance magre, come tutto il resto nel suo corpo. Il respiro gli rimase incastrato da qualche parte fra i polmoni e il cuore, fino a farsi lamento e poi gorgo. […] Tirò fuori di tasca il cellulare, si schiarì la voce e chiamò sua moglie […] Lei rispose al primo squillo. “Carlotta, non sapevamo nulla di lui. Kellan, non sapevamo chi fosse, non abbiamo capito niente”, disse, e ricominciò a singhiozzare».
Scoprire il colpevole
Come un attento giornalista sa fare, il racconto dei fatti non lascia scampo e scoprire il colpevole non sarà un gioco da ragazzi, ma le carte sul tavolo saranno più volte rimescolate in attesa che salti fuori l’asso di picche. Ad indagare c’è Steno Molteni, l’abbiamo detto, un ruolo fuori dalle istituzioni che può prendersi certe libertà, in primis l’autore del libro, Vanni, nel far muovere i suoi personaggi; Scimmia, l’agente scelto e i suoi colleghi coordinati dalla Pm Tajani definita un «mastino»e che rappresenta, ha detto l’autore, un insieme di tutti i Pm che ha avuto modo di conoscere in tutti questi anni; infine, Han. Quest’ultimo è un ex agente della Cia, amico del console americano che lo incarica di scoprire chi ha ucciso suo figlio, con il quale ha condiviso una parte del proprio passato e che oggi fa il cuoco in un ristorante. Un personaggio modellato in base a diverse ispirazioni, non ultima, ha raccontato Vanni, quella di Ho Chi Minh, il leader vietnamita che negli anni Quaranta risiedeva sopra la trattoria La Pesa di Milano.
Una madre. E una città senza buoni
Crediamo di conoscere gli altri, soprattutto coloro che amiamo, ma ci sono azioni che ci risultano indecifrabili. Quando queste diventano incomprensibili agli occhi degli altri? «Kellan Armstrong, che prima di uscire di casa aveva urlato “Ciao mamma, bacio”, ma quel bacio non glielo aveva dato. Lo aveva solo detto, e non è la stessa cosa. Ora Carlotta avrebbe dato qualsiasi cosa perché quel bacio Kellan glielo avesse dato davvero, non solo a parole. Perché non se lo ricordava l’ultimo bacio che le aveva dato il suo unico figlio. Non se lo ricordava». Carlotta Armstrong, la madre di Kellan, sconvolta dalla notizia e dalle circostanze della morte del figlio, sarà forse l’unico personaggio a tener fede al proprio ruolo, non sbaglia una mossa. Vive il dolore come nessun altro può fare: una madre che, non accettando una possibile verità terribile, non farà altro che cercare di riabilitare i propri ricordi. La Milano che si muove alle spalle e fra i personaggi de Il caso Kellan di Vanni è una città fatta di cattivi, tolto Steno Molteni, non ci sono buoni, sono tutti a modo loro cattivi e spesso senza un secondo fine. E in una città dove all’ombra degli alberi, possono accadere violenze indicibili, Steno Molteni si muove sapendo che quasi sempre niente è come sembra e che la verità va letta fra le righe delle insicurezze degli uomini.
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