Un padre, un figlio, il mare ignoto: il ritorno di Hosseini

“Preghiera del mare” è un dipinto di parole, scritto dallo scrittore afghano naturalizzato statunitense e illustrato da Dan Williams sulla tenerezza estrema di un genitore che cerca di scongiurare il male per il piccolo Marwan. Ispirato alla vera storia di un bimbo siriano di tre anni, Alan Kurdi, è un racconto di sentimenti, scritto con frasi necessarie per restare umani

«Dammi la mano. Non ti succederà niente di male»: una promessa, le parole e il loro valore suggellato dalla mano di un bambino che stringe quella di suo papà davanti al buio, all’ignoto, ai mostri di un mare dove incontrare la morte e sfidarla ad armi impari. È con questo gesto di tenerezza estrema, elementare, umanissimo e per questo così potente che, quasi in forma di preghiera, la voce narrante della storia cerca di scongiurare il male: offre la sua mano, fragile e impotente, al figlio Marwan.

Una preghiera dipinta

Preghiera del mare (56 pagine, 15 euro), edito da Sem, è un dipinto, di parole – quelle di Khaled Hosseini – e di immagini – le illustrazioni di Dan Williams. In un fraseggio che ricorda la poesia, sia per l’universalità del tema sia per la veste grafica scelta, con gruppi di versi inseriti in paginate di colore, Hosseini racconta una storia di oggi e di sempre. Un padre e un figlio in fuga dall’orrore e dalla morte, la scommessa di attraversare un mare di cui non si conosce l’orizzonte ma della cui profondità e del pericolo si è consci. Marwan è solo un bambino: le stesse ombre e fantasmi crudeli che lo minacciano, unici ricordi che ha finora della sua piccola vita, sono quelle che affliggono i grandi che lo portano con loro lontano da una casa distrutta dalla violenza. L’orizzonte è quello della speranza in una vita migliore, ma è una meta così incerta, lontana e sfumata che nessuno sa se potrà mai essere raggiunta. E dunque il padre prega, ricorda il passato sereno della propria terra, e guardando al domani e alla paura che irretisce e mozza il fiato stringe la mano di Marwan, il suo bene più prezioso. Prega per una protezione, prega perché Marwan possa arrivare al di là di un mare che non perdona, tra volti e luoghi stranieri che sa non essere amici. È una preghiera laica, perché non si rivolge a nessuna divinità, ma a sentimenti tutti umani, radicati nell’animo di un padre che sa di mettere a repentaglio la vita della cosa più importante che ha, il suo piccolo.

Sono solo parole,
l’espediente di un padre.
La fiducia che riponi in me
mi strazia.
Perché questa notte riesco solo a pensare
a quanto è profondo il mare,
a quanto è vasto e indifferente.
E a come sono impotente io,
incapace di proteggerti.
Non posso fare altro che pregare.

Prima e dopo

A Homs, antica città siriana, prima della ribellione e del conflitto, delle bombe e delle macerie, si stava bene. Come scrive Roberto Saviano, che del racconto di Hosseini firma la prefazione, le persone oltre la linea dell’orizzonte sono «esattamente come noi». Come noi vivono i loro luoghi, le loro case, i loro affetti e la loro quotidianità, «E poi la scuola, i libri, la televisione, il lavoro. Tutto potrebbe essere così». Invece cambia, all’improvviso e per i più disparati motivi, perché da Homs lo sguardo di Saviano si allarga sempre più ad abbracciare migranti in fuga dai colpi di stato, dalla siccità, dai conflitti etnici e religiosi. Le case abbandonate, i brandelli di vite che si svolgevano come le nostre ma che hanno dovuto interrompersi, mettersi in mare, rischiando tutto. «Tutto questo c’è – dice Saviano – oltre quella linea, e tutto questo abbiamo il dovere di conoscere, avendo oggi gli strumenti per farlo».

Marwan, tua madre è qui con noi
questa notte, su questa spiaggia fredda,
illuminata dalla luna, tra bambini
che piangono e donne che si lamentano
in lingue che non conosciamo.
Sono afghani e somali, iracheni, eritrei
e siriani. Aspettiamo tutti con impazienza
il sorgere del sole, eppure il pensiero
di quel momento ci riempie di terrore.
Siamo alla ricerca di una nuova patria.

Parole per restare umani

Preghiera del mare di Hosseini (nella foto UNHCR/Brian Sokol) nasce per ricordare il tragico destino di un bambino siriano di tre anni: Alan Kurdi, annegato nel settembre 2015 in un Mediterraneo ostile e profondo. Come lui, tanti altri hanno cercato di raggiungere l’altra parte del mare per trovare una nuova vita, una nuova sicurezza. Tanti sono morti, in viaggi interrotti su quello stesso Mediterraneo sogno di speranza, in fuga dalla guerra e dalla violenza. La storia di Hosseini è un messaggio universale per tutte le vittime di un’epoca complessa che stiamo vivendo in prima persona e non sempre siamo in grado di analizzare con occhio esterno, neutrale. Con occhio umano. Poche parole, di una forza simbolica infinita, per raccontare il bagaglio di storie, speranze e paure che ognuno avrebbe in simili circostanze. Per aprire una breccia e farci tornare umani, solo grazie alle parole, solo con i sentimenti, umanissimi, di un padre e un figlio. È solo una preghiera, ma è tutto quello che a un uomo è possibile formulare prima di affrontare la prova del mare ignoto. Un racconto diretto al piccolo Marwan, interlocutore, speranza e vittima in un mondo spesso troppo ostile che non ha disegnato lui. Le parole necessarie per restare umani.

Sopra la risacca sento la voce di tua madre,
che mi sussurra qualcosa all’orecchio.
“Se vedessero, caro.
Se vedessero anche solo la metà
di quello che porti con te
sarebbero certamente più gentili.” […]
Perché tu sei un carico prezioso, Marwan,
il più prezioso di tutti.
Vorrei che il mare lo sapesse.
Inshallah.

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