Manganelli e i cliché smontati nello spazio africano

Quasi cinquant’anni fa lo scrittore lombardo fece parte, per conto di una multinazionale, di una singolare spedizione in Africa orientale; ne nacque un libro, edito adesso per la prima volta da Adelphi, dopo essere rimasto a lungo nei cassetti: tra le pagine il continente appare come «abitato ma inabitabile» e, giunto al Partenone di Atene, l’autore vive un forte spaesamento…

Nel 1970 Giorgio Manganelli viene ingaggiato per accompagnare un gruppo di professionisti per un viaggio in Africa lungo il tracciato di una nuova strada nella parte orientale del Continente che una multinazionale vorrebbe costruire unendo Il Cairo con Dar es Salam. Manganelli riceve l’incarico di «responsabile dello scenario». Ne esce fuori Viaggio in Africa (80 pagine, 7 euro), pubblicato per la prima volta da Adelphi, all’interno della collana Biblioteca Minima. Perché quello «scenario» non era stato mai pubblicato? Perché la strada non fu mai realizzata.

Lì dove l’uomo è l’eccezione

Manganelli dovette tornare due volte sul suo manoscritto per renderlo maggiormente aderente alle idee del committente. Ma, nonostante la revisione più ragionata, l’Africa per lo scrittore italiano appare come «scheggiata», con uno spazio «incontrollato e impercorribile», un continente «abitato ma inabitale» e dove l’uomo è l’eccezione. Manganelli nella sua relazione dà conto dello spazio africano, così diverso da quello europeo e così intriso di simboli arcaici che smontano tutti i cliché con i quali l’uomo europeo approda nel Continente. Il viaggio termina in Europa: ad Atene, al cospetto del Partenone. Qui Manganelli, con ancora negli occhi gli spazi africani, prova uno spaesamento, tipico di tanti autori di letteratura odeporica e comune in quanti restano segnati da certe esperienze di viaggio.

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