Con “Una cartolina da Detroit” Pedro si conferma autore di punta del panorama letterario portoghese contemporaneo. Un groviglio di ricordi, un labirinto di supposizioni accompagnano il lettore nella ricostruzione del più grave disastro ferroviario che il Portogallo ricordi, al confine tra realtà e immaginazione
Già conosciuto con il romanzo d’esordio Il tuo volto sarà l’ultimo (2015), con il quale ha vinto il premio LeYa, uno dei più importanti concorsi portoghesi per inediti, João Ricardo Pedro torna sulla scena internazionale, dopo il debutto, con una nuova opera narrativa, Una cartolina da Detroit (185 pagine, 16 euro), pubblicata dalla casa editrice Nutrimenti nella traduzione di Giorgio De Marchis. Sono trascorsi trent’anni dall’11 settembre 1985 e dall’incidente ferroviario di Alcafache, il più grave nella storia portoghese. Il narratore ripercorre quei momenti per ritrovare il bandolo della matassa che lo coinvolge da vicino: la scomparsa della sorella Marta, giovane studentessa di Belle Arti, e il ritrovamento dello zaino della ragazza tra le lamiere. Perché Marta ha preso quel treno? Perché l’amica da cui stava passando le vacanze si è suicidata nella vasca da bagno? I quaderni pieni di schizzi e disegni, ritrovati all’interno dello zaino, diventano il primo passo di un’indagine che assume le sembianze di un puzzle confuso.
Al confine tra immaginazione e realtà
«L’11 settembre 1985, alle ore 18 e 37 minuti, nel tratto a binario unico che collega la stazione di Nelas alla fermata di Alcafache, avvenne la collisione tra due treni – il Sud Express, che era partito dalla stazione di Porto Campanhã con diciassette minuti di ritardo, e il regionale proveniente da Guarda. I dati ufficiali riportano 49 morti e 64 dispersi. Stando alle testimonianze di diverse persone coinvolte nelle operazioni di soccorso, è probabile che siano morte centocinquanta persone. È considerato il peggior disastro nella storia delle ferrovie portoghesi. Tra i passeggeri del Sud Express c’erano due persone di mia conoscenza – una è sopravvissuta, l’altra no. Nel 1985, non c’era alcun legame tra loro, a parte il fatto che viaggiavano sullo stesso treno, diretto a Parigi». Da tale premessa si sviluppa la storia e l’indagine dell’io narratore che intreccia la memoria collettiva a quella privata e individuale: un viaggio tra pazzia e normalità, tra i disturbi mentali del protagonista e i fatti veritieri di una vicenda dolorosa. «Trent’anni dopo, sei ricoveri dopo, centinaia di confezioni dopo, sedute di psicoanalisi, sedute spiritiche, sanatori, terme, case di riposo, elettroshock mi ritrovo sdraiato sul letto, con gli occhi fissi sul soffitto, a pensare a quei due poveri macchinisti». Il protagonista si ritrova a ripercorrere con la mente il tragico evento: l’ultimo istante prima dello scontro tra i due treni, la telefonata della polizia per comunicare che lo zaino della sorella è stato ritrovato tra i rottami. Il lettore lo accompagna in un viaggio lungo il confine tra la realtà e l’immaginazione, un vero e proprio labirinto disseminato da enigmi e frammenti di passati reali o illusori.
La vita della sorella attraverso i diari
L’indagine sulla scomparsa di Marta, sulle motivazioni del ritrovamento dello zaino nel convoglio diretto a Parigi nasconde, in realtà, una preoccupazione maggiore. João è soprattutto interessato a ricostruire la vita della sorella, ad approfondire i lati della sua personalità che, ancora dopo trent’anni, sono nascosti e, per farlo, interroga i suoi quaderni. Una sorta di diario visivo in cui ritrova ritratti di personaggi ambigui, piazze e vicoli della Lisbona più malfamata: scopre che dietro l’apparenza di una ragazza semplice e per bene si cela una donna non del tutto irreprensibile.
Un potente effetto evocativo
Il romanzo di Pedro si aggroviglia nei rapporti, spesso confusi, tra i tanti personaggi che lo popolano, ma la narrazione si dipana grazie ad una prosa semplice e potente allo stesso tempo, che trova risposte ai tanti interrogativi che si ammassano nella mente del narratore. Il protagonista, però, deve fare i conti con la propria follia: al lettore non resta che seguirlo in questo continuo alternarsi tra normalità e pazzia, tra immaginazione e realtà perché, solo così facendo, potrà mettere a posto i tasselli di un puzzle ingarbugliato. Di certo, con uno stile dal grande effettivo evocativo, João Ricardo Pedro riesce a ritrovare un ordine nel disordine di ricordi e immaginazioni, dando vita ad un romanzo curioso, suggestivo che proietta chi legge nei meandri della follia del narratore.
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