Titoli non scontati, non solo romanzi, sette libri (più uno) da appuntarsi, per i giorni migliori, quelli da dedicare alla lettura. Li consiglia lo scrittore palermitano Dario Levantino, autore del romanzo “Di niente e di nessuno”, recentemente pubblicato da Fazi
In primavera leggere è diverso.
Ci sono pioppi che piangono neve, fragole dentro Tupperware opachi, sandali riesumati che puzzano cuoio.
Ce l’hai un parco sotto casa? Una spiaggia abbandonata, un albero, uno scoglio da poeta maledetto?
Dai, allora appuntati questi titoli:
“Dei nostri fratelli feriti” di Joseph Andras (Fazi)
Fernand Iveton è un indipendentista algerino, viene arrestato durante la Guerra d’Algeria nel 1956.
Questo è l’inizio e la fine del romanzo.
In mezzo si dipana un lungo flashback grazie al quale conosciamo il protagonista. Un uomo qualsiasi – come il tuo vicino, come te, come tuo padre da giovane – un algerino che non può esimersi da una guerra giusta, da una vita sbagliata.
Una scrittura che è un’incursione nell’anima.
Roba da ebbri. I sobri leggano altro.
“Story” di Robert McKee (Omero)
Questo non è un romanzo, ma è come un romanzo.
È un romanzo che spiega come fare i romanzi.
Robert McKee è un luminare della sceneggiatura. Chiarisce tutto: dai personaggi, ai tempi, al ritmo, alle dinamiche narrative.
Lo hanno tradotto – e quindi fatto approdare in Italia – i ragazzi della scuola di scrittura “Omero”, che ho personalmente conosciuto e su cui garantisco: sono sanamente folli.
“La grande bellezza” di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello (Skira)
Ricordo di essere uscito dal cinema e avere detto: “Che film di merda”. Ricordo di avere finito questo libro e di avere detto: “Madonna, che storia pazzesca”.
Io non lo so di chi sia il merito, se di Sorrentino o di Contarello, quello che so è che la sceneggiatura del film La grande bellezza è tutto ciò che io reputo Narrativa con la maiuscola. Una scrittura legata alle immagini, che ha il ritmo sincopato delle percezioni, che isola le parole perché facciano quello che debbono fare.
Emozionare.
“Lu scantu” di Letizia Tomasino (Youcanprint)
Volete leggere un romanzo scorrevole, forte e vero? Letizia Tomasino in questa storia inscena personaggi che ci somigliano maledettamente, perché Lu scantu (paura in italiano) peggiore non è il fantasma del libro, ma siamo noi, persone finte e buone che nascondiamo i peggiori orrori dentro.
Ho conosciuto Letizia per sbaglio, e da subito mi ha colpito la sua spontaneità, la sua mordace leggerezza. Poi ho letto il suo manoscritto, e sono rimasto impressionato perché il suo carattere ha infestato le pagine del romanzo, come un’erbaccia. Solo che questa è buona.
“Il tempo materiale” di Giorgio Vasta (Minimum Fax)
Non sono in grado di scrivere una sinossi di questa storia, e non mi interessa. Voglio solo dire che Vasta è il migliore scrittore italiano.
Una prosa di carattere, dura, crudele, che ti sconquassa perché cupa, che ti trascina perché spietata. Un’ambientazione noir; una Palermo fosca come il piombo, come quello degli anni di. Un ragazzino emula le Brigate rosse, sonda la vita, carezza la morte.
E a scuola leggiamo ancora Il piacere.
“La grande A” di Giulia Caminito (Giunti)
Ho cominciato a leggere La grande A (premio Brancati 2017), convinto di avere a che fare con una prosa sobria e distesa. Ma mi sbagliavo, perché la scrittura di Caminito mostra i muscoli e pure i gomiti: mai convenzionale, mai scontata, coraggiosa ai limiti dello sperimentalismo.
La trama, poi, fa luce su una pagina di storia poco conosciuta, quella del colonialismo italiano nel Corno d’Africa.
Suggerisco questo romanzo a chi vuole misurarsi con una scrittrice dalla fortissima personalità, a chi rifiuta il lago piatto del soggetto-verbo-complemento.
“Liceali. L’insegnante va a scuola” di Francesca Luzzio (Genesi)
Vi ricordate il maestro Perboni in “Cuore”, quello che il primo giorno di scuola dice agli alunni: “Io non ho famiglia. La mia famiglia siete voi”? Ecco, l’autrice di questa raccolta di racconti è come Perboni, al femminile.
La sua famiglia, la scuola. La sua vita, i banchi.
Le novelle che Luzzio racconta tradiscono forse la sua morale cattolica e il suo impegno pedagogico, ma nel periodo storico che stiamo vivendo – lo stesso in cui si è perso il rispetto e la centralità della scuola – i messaggi contenuti in questi racconti compongono un breviario di buoni valori.
Una lettura che suggerisco a tutti quelli che sono alle prese con l’educazione dei ragazzi.
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(ghost track) “Dylan Dog. Il guardiano della memoria (n. 108)” (Sergio Bonelli)
Neanche quest’altro è un romanzo, ma per intreccio e respiro psicologico è più che un romanzo.
Non lo ha scritto Tiziano Sclavi, che invece ha inventato il personaggio, ma Carlo Ambrosini, penna che Sergio Bonelli tiene stretta per sé.
Gordon Sklinder viene accusato di omicidio ma dell’accaduto non ricorda nulla perché ha perso la memoria.
Chi può risolvere questo caso? Montalbano, Sherlock Holmes, Coliandro? Nisba, serve un pazzo, uno con le Polacchine e la camicia rossa: Dylan Dog, l’unico in grado di sondare l’onirico e scoprire che in realtà l’amnesia è…