In “Chiedi al cielo”, opera seconda della messinese Carmela Scotti intreccia storie di infanzie violate, di silenzi, di menzogne, di solitudini, quelle di Anna e Giona, che si vengono incontro e convergono, per provare ad annullare il dolore
Esistono autori che hanno detto tutto in un libro, come Emily Brontë con Cime Tempestose. Altri con un titolo leggendario che, giustamente o a torto, offusca il resto della produzione: Pedro Páramo di Juan Rulfo, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il dottor Zivago di Boris Pasternak, Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, Il giovane Holden di J. D. Salinger. Ci sono volumi unici, dal successo non replicabile, sebbene la macchina editoriale provi a riprodurlo, con disinvolte operazioni postume: caso eclatante quello di Ralph Ellison, che in vita pubblicò il capolavoro Uomo invisibile, e il cui secondo romanzo, apparso cinque anni dopo la morte, era un canovaccio di duemila pagine ridotte a meno di quattrocento dall’esecutore letterario di Ellison.
La seconda volta
Esistono autori che hanno detto tutto in un libro e poi quelli… normali. Per molti, però, l’opera seconda è tutto fuorché semplice; nell’editoria contemporanea è una specie di maledizione, certi scrittori s’arrovellano, anche invano, per venirne a capo. Soprattutto chi ha avuto successo all’esordio si gioca tantissimo, il bivio è implacabile, svettare o tornare nei ranghi. È ancora più complicato avere il via libera per un secondo libro, specie se il primo non è stato apprezzato dalla critica e non ha trovato consensi fra i lettori: paradossalmente è più semplice pubblicare per un debuttante, che tornare ad aver fiducia dalla casa editrice di turno se il primo tentativo è andato a vuoto. La quarantacinquenne siciliana Carmela Scotti, messinese di nascita ma palermitana d’adozione – nel capoluogo siciliano si è diplomata all’Accademia delle Belle Arti – è reduce da un paio d’anni d’entusiasmo: il suo romanzo d’esordio, L’imperfetta, ha raggiunto la finale del Premio Calvino ed è stato pubblicato da Garzanti. Apprezzamenti lusinghieri degli addetti ai lavori e riscontri di vendite hanno sancito un successo che Scotti prova a ripetere con Chiedi al cielo (318 pagine, 17,90 euro), edito ancora da Garzanti, con la “benedizione” di Elisabetta Migliavada, che dirige la narrativa per l’editore milanese.
Lo scavo psicologico
Se L’imperfetta si caratterizzava per una ricerca linguistica molto interessante, una prosa contaminata dalla poesia, innestata su una storia ottocentesca e picaresca, è l’introspezione psicologica la cifra distintiva del ritorno di Carmela Scotti, con una vicenda contemporanea, che si dipana tra il 2000 e il 2005. Messa alle spalle Catena, l’eroina del suo primo romanzo, Scotti delinea ancora una figura femminile molto forte, Anna – una sorta di Marianna Ucria 2.0, con l’udito irreparabilmente danneggiato da una meningite a undici anni – che non intende rassegnarsi alla scomparsa del figlio, Luca, che ha messo in crisi un matrimonio, con Cristian, dalle basi già tutt’altro che solide.
Il dolore porta dove vuole
È l’avvio di una vicenda che s’intreccia con quella di Giona, medico vedovo, e di Lorenzo, figlio adottivo di Giona, piuttosto problematico. Storie di infanzie violate, di silenzi, di menzogne, di solitudini, quelle di Anna e Giona, che si vengono incontro e convergono, per provare ad annullare il dolore. «Si può diventare tutto, il dolore ti porta dove vuole, ti cancella e ti rimodella come creta», è uno dei pensieri di Giona, che ben riassume l’anima di Chiedi al cielo. Se l’epilogo del romanzo è ambientato a Parigi, sulle rive della Senna, sono Palermo e il fiume Oreto (dalle sue acque riemergerà il corpo senza vita del figlioletto di Anna…) a prendersi la scena. La città non molla il lettore emerge fin dalle prime pagine, anche se spesso in un punta di piedi, non necessariamente colorata e chiassosa come da certi stereotipi: la Kalsa e il Foro Italico, l’Addaura e monte Pellegrino, la Guadagna e via Oreto, i quartieri popolari e quelli eleganti, sono lo scenario di una trama nerissima, carica di suspense, di pagine che – stavolta con stile asciutto e controllato, contraltare di orrori e colpi di scena – brillano per tenuta narrativa e ritmo. (Questo articolo è stato pubblicato sul Giornale di Sicilia)