“Viale dei misteri” è il quattordicesimo splendido romanzo di John Irving: uno scrittore vuole raggiungere le Filippine per onorare un vecchio solenne impegno; tra i ricordi di una vita e il presente la sua vicenda picaresca e quelle di altri indimenticabili personaggi indagano sesso, religione e letteratura
Il cielo benedica e preservi a lungo John Irving, profeta dell’arte di narrare, che non ha smesso di farlo ed è tutt’altro che in disarmo, pur essendo sulla breccia dagli anni Settanta. Sempre a modo suo, tragico e spassoso, sempre coinvolgente. I suoi romanzi, tradotti in trentacinque paesi, sono difficili da mollare, farlo è una tortura, sono di quelli in cui si rallenta molto la lettura nel finale. Eppure, dopo il distacco, sono capaci di restare ancora accanto e dentro chi legge. Succede così anche con il suo quattordicesimo titolo, Viale dei misteri (624 pagine, 22 euro), tradotto da Giuseppina Oneto, edito da Rizzoli.
Lo scrittore, già bimbo della spazzatura
Irving, più vicino agli ottanta che ai settant’anni, ha raccontato la lunghissima gestazione di questo romanzo (tempi inverosimili per presunti autori di oggi alla catena di montaggio dei libri…) e di come inizialmente fosse stato concepito come sceneggiatura e ambientato principalmente in India e non in Messico. E, scrivendolo, ancora una volta, fa capire come immaginazione e fantasia facciano sempre la differenza in un romanziere (“La vita vera è un modello troppo sciatto perché vi si possa rifare la buona narrativa”, si legge, fra le altre cose): Irving riesce a dosare elementi lirici e strazianti e a far palpitare i lettori, spargendo qua e là, per quelli più fedeli, autocitazioni, con elementi classici del suo repertorio. Messicano di nascita, ma naturalizzato statunitense, del Midwest, lo scrittore Juan Diego Guerrero è l’ultimo eroe di Irving: è uno dei niños de la basura, bimbi della spazzatura, cresce in una discarica, al fianco della sorellina Lupe, sensitiva, una ragazzina capace di pronosticare il futuro, in particolare il proprio, e di leggere nei pensieri altrui. E quell’infanzia – il cui passaggio successivo per i due fratelli è un lavoro da funamboli nel circo Maravilla – lo insegue sempre, nel ricordo e nei sogni, sogni caleidoscopici e vividi, in cui forse c’entrano anche il Viagra e i betabloccanti che smette di assumere…
Romanzo impetuoso, finale magistrale
La centralità d’infanzia e formazione nella vita, il ruolo di sesso e religione (a turno esaltati e sviliti), la letteratura come salvezza (precocissimo lettore è Juan Diego, che legge i libri trovati tra i rifiuti…) sono i cardini tematici di Viale dei Misteri. Amore, desiderio e follia indicano la strada. Guerrero incarna tutto ciò, specie quando si mette in viaggio per le Filippine (destinazione il cimitero americano di Mania) per tenere fede a un solenne impegno preso in Messico con un hippy moribondo, che aveva oltrepassato la frontiera per evitare la guerra in Vietnam. E accanto a Guerrero ci sono personaggi indimenticabili (sebbene considerati marginali e ultimi dal mondo), linfa di un romanzo debordante, impetuoso, picaresco e generosissimo, fino alla magistrale conclusione. Degna di uno scrittore che dovrebbe essere ricordato e celebrato molto più di suoi colleghi troppo cerebrali, troppo lontani dalla vita.