Uno scrittore marinaio e un libro “Atlante delle isole del Mediterraneo” che racconta 42 angoli del Mare Nostrum, reali ma anche immaginati. Un po’ libro di filosofia, un po’ raccolta di racconti, un po’ testo geografico, senza essere nessuno dei tre, e tutti e tre insieme
Si volta l’ultima pagina: il Mediterraneo è lì, le sue isole segnalate, 42 puntini in un bacino che a colpo d’occhio racchiude la Spagna, le coste libiche, il Tirreno, il mondo greco e persino le sponde più orientali tra la Siria e il Mar Nero. È il viaggio di Simone Perotti, che con il suo ultimo Atlante delle isole del Mediterraneo (144 pagine, 25 euro), pubblicato da Bompiani, dà vita a un libro di grande formato, bellissimo da guardare e sfogliare, alla stregua di un antico portolano, dolcissimo da navigare, nel solco dei metaforici viaggi che da Omero in poi accendono di entusiasmo, paure e orizzonti l’animo umano.
C’è tutto il fascino dell’ormai inconsueto e un po’ antico oggetto su cui da bambini si fantasticava tra segni a matita, rotte e simbologia geografica in questo vero e proprio atlante, che tuttavia dal rigore scientifico assoluto svicola per aprire un percorso che non con mari e coste ha a che fare, ma con l’animo umano. E le isole, da sempre, per quell’animo sono fonte di avventure e sventure: attirano, mettono in fuga, richiamano e annientano, spiegando senza dire una parola che non sia in realtà la loro essenza stessa, il racconto dal quale l’autore intesse la sua rete, nel remoto tempo che spesso la loro geologia condivide con la passione tutta umana per le storie. Rifornita la cambusa e imbevuti di lessico e immaginario nautico, si salpa così sulla rotta delle isole di Perotti, la rotta geosofica che questo libro propone e percorre.
Manuale geosofico per sognatori a vela
L’atlante di Perotti è infatti un po’ libro di filosofia, un po’ raccolta di racconti, un po’ testo geografico, senza infine essere nessuno dei tre, e tutti e tre insieme. La spiegazione arriva dalle parole stesse dell’autore, marinaio-scrittore che solca i mari di acqua e di spirito, trovando lo snodo in cui isole e anime danno forma alla geosofia. Materia labile, scivola dalle mani se si cerca di darle un nome, e forse non è nulla di stabile, quanto invece una ricerca. Perché «un’isola ha un senso, non un significato. Il significato puoi spiegarlo, il senso no, puoi solo provare a cercarlo. E, se lo trovi, a renderlo».
La resa è proprio nel punto di sovrapposizione tra isole concrete, reali, geologiche e raggiungibili in determinati e precisi punti del Mediterraneo, e isole metaforiche, punti di approdo in mezzo al naufragio di senso dell’uomo. La ricerca geosofica è così dati geografici e materiale umano, insieme, inscindibili. Perché sulle sponde delle isole arrivano sempre imbarcazioni, ma anche storie, rendendo così la geosofia disciplina perfetta per tutti i viaggiatori di spirito, scappatoia per tutti quegli «esseri desiderosi di rintracciare la propria onnicomprensiva umanità». Per questo, nella selezione degli approdi, compare anche Itaca: un’isola che non può essere identificata, nemmeno rendendola in carta nautica, nemmeno dandole dignità geografica. Un’isola che, come quella molla che animava il suo Ulisse, può solo essere compresa.
Dalle carte alla carta
Certo, come ogni atlante che si rispetti, anche questo presenta mappe, carte e dati puntuali delle 42 isole che, a suo modo, descrive. È un lavoro editoriale prezioso, che in una veste elegante presenta le schede delle isole corredandole di una carta sulla quale compaiono una breve descrizione e note sull’orografia, idrografia e sulla densità di popolazione, nonché sul clima, già geosofico perché mai concreto e sempre narrativo e metaforico. Le descrizioni di ogni isola risultano così sospese tra dati reali e ispirazioni del navigante che vi approda, strati su strati di quel che ha già visto e incontrato, di quel che ha letto e ascoltato di porto in porto.
Le coordinate geografiche reali aprono infatti la strada a uno scritto: racconto, testimonianza, ricostruzione, lo stile varia e così il genere, nell’obiettivo unico di raccontare una pagina dell’isola, ispirata a episodi veri, a leggende o a suggestioni naturalistiche. In calce alla narrazione, un’altra nota descrittiva, che spesso contiene la chiave per comprendere la storia raccontata sopra.
Per tutti i digiuni di nautica, correda il testo, in chiusura, un utile glossario minimo che ripercorre i termini specifici apparsi tra un’isola e l’altra, nelle diverse storie che le animano. Curato, infine, il lavoro cartografico, che rende le mappe presentate nel testo carte per viaggi immaginifici, di mente e cuore, e non reali carte nautiche, troppo complesse e non graficamente apprezzabili. La geosofia, con la sua carica metaforica, ha contagiato anche loro.
Mitologia e storie di un solo mare
Se l’isola di Sveti Ivan, nel mar Nero, dialoga con lo scoglio che le è sorto accanto dopo millenni di storia geologica, lasciando intendere che potrebbe ospitare le reliquie di San Giovanni Battista, nell’atlante di Perotti non manca però la ben più nota Montecristo, tutta arroccata intorno al suo fantomatico tesoro. Storia, miti e leggende, affondano il loro potentissimo fascino in mare, di isola in isola. 42 puntini, ciascuno unico nella propria singolarità eccezionale e selvaggia, uniti in un ideale gioco enigmistico mentre le onde portano echi di storie, battaglie, popoli e guerre, idee e utopie, prigioni e fughe.
Tra i naviganti ci sono i pirati, il temibile Dragut, padrone assoluto del Mediterraneo tra ruberie e distruzioni, e l’altrettanto noto Andrea Doria, signore dei mari, ma anche il leggendario Edmond Dantès, fuggiasco dal castello dell’omonima isola francese di If, e Afrodite, e coloni genovesi, e ancora poeti e musicisti, come i Ghiannis Ritsos e Mìkis Theodorakis, l’ammiraglio Agostino Straulino e le vittime di Tito, Giuseppe re di Tavolara e Marco Polo.
Tra gli episodi storici, la dichiarazione nel 2008 dell’indipendenza della Repubblica di Malu Entu, il sogno anarchico di Jazirat Jalitāh, dove una comunità ponzese visse dal 1850 al 1956 autonoma e senza leggi, e immancabile affiora l’identità di Lampedusa, che dopo secoli di stratificazione storica e meticciato insulare è oggi il simbolo dei viaggi e delle speranze che il Mediterraneo ancora serba.
Di fughe, specchi e sortilegi
«Su un’isola del Mediterraneo si cade preda del più fatale sortilegio del mare, che riesce ad amplificare tutto […] l’isola è il mondo concentrato in un punto dove si recupera la proporzione tra uomo e universo».
Le leggende, andando per mare, sono all’ordine del giorno. Mescolate alle storie vere e immaginate creano quelle suggestioni irresistibili che hanno rubato alla maga Circe il fascino stregato e al suo rapito Ulisse tutta la voglia di nuove avventure. Un’isola su tutte: Kyra Panagia, accompagnata da una storia magica di mare, natura e straordinarie visioni in cui sembra di sentire sulla carta il rumore attutito e l’odore dei flutti.
Cos’è in fondo Ulisse, l’isolano per antonomasia, se non un fuggiasco? «Ciò che possiamo dire delle isole è sul sottile crinale tra viverci e scapparne, un transito tra due opposte estraneità» ricorda Perotti. E Ulisse fugge, scopre e vive ancora, con sempre il richiamo di Itaca e delle altre isole, l’angosciante bisogno di avvicinarsi, e poi di allontanarsi ancora.
Le isole di Perotti sono scogli, storie e volti, ma anche miraggi e specchi, e le rotte intercorse tra l’una e l’altra. Sono, soprattutto, il clima che vi si respira, mai concreto, meteorologicamente definito, ma sempre geosofico, determinato solo là dove si sposano la natura dell’isola e i fatti che ne hanno contrassegnato il rapporto con l’uomo. E così, sebbene sembri irreale, anche l’utopia di Jazirat Jalitāh è stata vera, nell’intrinseca contraddizione di ogni isola del Mediterraneo, e nelle storie che ciascuna ha ospitato e a cui darà rifugio. Proprio come a Port-Cros, dove il clima è quello dell’attesa di tutte le storie che ancora non sono state.