Il debutto di Simone Somekh, “Grandangolo”, è una bellissima sorpresa. Nella vicenda di Ezra Kramer, in fuga da una comunità ebraica ortodossa di Boston, ci sono domande e risposte che riguardano tanti giovani d’oggi. Una scoperta firmata Giuntina
Ci voleva un giovanissimo italiano cosmopolita per ricordarci – con pagine piene di talento e ambizione – che viaggiare a volte significa fuggire e che, fuggendo, si può trovare la propria identità? Per ricordarci quanto il distacco da persone e luoghi amati ci permetta di trovare una strada? Per ricordarci, per stamparci a fuoco nella mente, quanto sia bello e giusto sfidare fanatismi, divieti anacronistici e pregiudizi? Per scavare nei nostri pensieri e ricordarci di rifiutare certa religiosità cieca ed esteriore? Sì, probabilmente ci voleva un tipo così. Si chiama Simone Somekh, è torinese di nascita, vive a New York, dove studia giornalismo alla New York University e da dove collabora con varie testate, non solo americane. Fra gli scrittori italiani che oggi hanno a che fare con storie, origini, temi e temi ebraici – citiamo velocemente, dimenticando qualcuno, Lia Levi, Piperno, Boni, Osimo – mancava uno così. Così bravo a esprimere la freschezza e il coraggio della gioventù, così proiettato nel futuro e con uno sguardo internazionale, così audace e, per certi versi, che può solo migliorare: nemmeno lui, probabilmente, sa quali sono i suoi margini in positivo.
Enfant prodige
Il romanzo d’esordio di Somekh – una bellissima sorpresa – è pubblicato da una casa editrice, Giuntina, che notoriamente ha fiuto e che una volta tanto scommette su un italiano, cosa poco usuale. Ma un motivo c’è: è il valore del testo scritto da quello che era poco più di un ragazzino – ventuno anni – al momento della stesura. In queste pagine c’è il germoglio vivo di uno scrittore vero da coltivare. Il titolo, Grandangolo (180 pagine, 15 euro) racchiude l’anima di una storia vecchia come il mondo, eppure nuovissima, che con una lente grandangolare prova ad abbracciare tutto quello che può, tanti temi, tutti cruciali, uno sguardo d’insieme, al di là delle ristrettezze di vedute della comunità in cui è nato ed è stato educato, al di là di certe gabbie.
Sfide in giro per il mondo
Il protagonista di Grandangolo vuol crescere e andare incontro alla vita, coltivando la propria passione per la fotografia, emancipandosi. Ezra Kramer, per far tutto ciò, deve andar via dalla sua comunità ebraica ultraortodossa di Brighton, vicino Boston. Le restrizioni delle leggi bibliche, la rigida osservanza delle usanze mal si conciliano col suo futuro, con il tempo che passa, quello in cui Ezra ha fretta di immergersi per trovare una strada: il suo anticonformismo e la sua ribellione fanno presto a emergere, si fa espellere da scuola per aver fotografato una ragazza, non va a studiare, come da volontà paterna, in una yeshiva in Israele, ma – anche grazie all’aiuto della sorella della madre, la zia Suzie – in un’università della Grande Mela (dove fa mille lavori, prima di diventare l’assistente di una fotografa di grido), senza completare gli studi per dedicarsi anima e corpo alla fotografia. Seguono tappe e sfide in giro per il mondo, con il giovane Ezra che, paradossalmente, saprà ritornare alle proprie origini (naturalmente a modo suo) nel momento più duro, in Bahrain, nel bel mezzo delle ribellioni della primavera araba a Manama. Lì capirà di voler far pace con se stesso e andrà a Tel Aviv.
Contro tutte le discriminazioni
Somekh, appena ventitreenne, regala poi al suo personaggio principale una comunione con (e un ruolo da fratello maggiore per) un più giovane amico, Carmi, dato in affido ai genitori di Ezra; Carmi gli confida il suo segreto: è omosessuale, una parola impronunciabile nella comunità ultraortodossa, una colpa non espiabile per estremisti di ogni religione. Dolore e coraggio, allora, si mescolano, in quello che è forse il rapporto più autentico del libro, la vera amicizia, quella che sconvolta dalle ingiustizie, anche facendo scelte estreme, si batte contro i pregiudizi, difende la diversità, lotta contro l’omofobia e contro ogni discriminazione, a cominciare dall’antisemitismo.
Narrativa contemporanea e tradizione ebraica
Il risultato finale è più che pregevole, con un messaggio, con domande e risposte che riguardano tantissimi giovani d’oggi alle prese con la strada che li sta conducendo all’età adulta e con l’emancipazione. E come c’è giunto Somekh? Con apparente semplicità, forse inconsapevolmente coniugando certe istanze (anche internazionali) della narrativa contemporanea con la tradizione ebraica di ogni latitudine, dall’America alla Russia. Lecito attendersi in futuro libri altrettanto speciali. L’attesa è iniziata.