Prendere o lasciare. Non dà molte alternative la lettura di “dialoghi con guidoval”, il fragoroso ritorno in libreria del mistrettese Gaetano Testa, protagonista del Gruppo 63. Facezie, giochi di parole, nonsense, contro gli schemi “borghesi” e sullo sfondo l’odiosamata Palermo
L’irriverente Gaetano Testa, scrittore anarchico e ineffabile agitatore culturale, ha colpito ancora. Da anni non tornava in libreria, ha pescato qualche inedito vecchio di trent’anni, ha trovato una casa editrice che gli ha confezionato un volume impeccabile ed è tornato in pista. Dal suo palazzone di Palermo non ha mai smesso d’essere artista (più che di fare l’artista), talent-scout, scompaginatore di destini, luoghi comuni, presunte verità incrostate dal tempo. Hanno azzerato le sue riluttanze, se riluttanze erano (quelle di chi non si può riconoscere nell’attuale mondo delle lettere), due giovani editori di Palermo, le anime della casa Il Palindromo. Un po’ come avevano fatto ripescando La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti e come faranno, forse già nel corso di questo anno, con una scrittrice siciliana che, da parecchio, non pubblica una storia sua (a parte qualche contributo ad antologie), dopo un esordio con un importante editore nazionale.
Prosa originale contro quella stantia
Testa, protagonista della Scuola di Palermo e del Gruppo 63 è (oltre che scultore e pittore) scrittore di salite e discese, lettore di classici, gialli e fantascienza, allergico a schemi e riti “borghesi”, alla società letteraria e a quella artistica. Mistrettese, figlio di genitori originari di Floridia, con un’infanzia vissuta fra Calabria e Sicilia, visceralmente legato all’odiosamata Palermo, dove ormai abita da sempre e per sempre. E Palermo e la sua anima sono al centro del volume con cui torna a essere pubblicato. Il suo ritorno con dialoghi con guidoval (188 pagine, 12 euro) è un piccolo caso letterario. In barba ai suoi bypass coronarici, con grande lucidità e inventiva, Testa diverte e si diverte. O almeno è questa l’impressione. La prosa vecchia e stantia è il suo incubo e lui ne propone ancora di nuova e originale. Un piccolissimo stralcio di queste pagine non più inedite aveva trovato spazio in un catalogo chicca, Mistretta e Baci, figlio di una mostra organizzata nel luogo natio tredici anni fa.
Nonsense, inezie, dialoghi strampalati
Già dagli stralci di quel catalogo si percepiva la natura del volume in fieri – un trittico con testi che abbracciavano gli anni fra il 1983 e il 1990 – che adesso ha visto la luce: la sinfonia labirintica di certa sua scrittura, le soluzioni ardite, la lente obliqua con cui guarda il mondo, il dialogo divertito nella notte palermitana con Guido Valdini, che firma una intensa postfazione. Non sono certo i dialoghi della classicità o di pensatori che hanno fatto la storia della filosofia. Spiazzano, dissacrano tutto, a cominciare dalla letteratura, si stagliano divertiti, soffermandosi (con la loro assenza di virgole e di maiuscole, con giochi di parole e nonsense) su inezie, riavvolgendo dialoghi strampalati, facezie, parlando di caffè o tabacco, di una birreria a Cruillas (pardon cruillas, un quartiere di Palermo) o di sacco scrotale, di Ivana (pardon ivana), che è alta più di due metri, il buon Tanino Testa sembra chiedere al lettore se vuole prendere o lasciare… E lasciatemi divertire, sembra dire…