Scritti secoli fa o da pochi mesi, ecco sette libri, italiani e non, che lasciano il segno e hanno in comune il piacere della lettura. Ce li suggerisce la scrittrice Igiaba Scego, autrice, fra gli altri, di “Adua”, per Giunti, e di “Oltre Babilonia” per Donzelli
“L’età dell’innocenza” di Edith Wharton (Corbaccio)
Ci sono tanti classici che non ho letto e quando posso recupero questi capolavori che mi sono persa ahimè per strada. Mi sono innamorata di Newland Archer. Un personaggio così imperfetto. Così fuori luogo. Mi sono innamorata delle sue fragilità, del suo perenne sognare, delle sue oscillazioni amorose, delle sue regole autoimposte. Tutto questo me lo hanno reso caro e odioso al tempo stesso. E notavo che mentre leggevo il libro (un romanzo che ti cala dentro un’atmosfera rarefatta, elegante, eccessiva a tratti) mi arrabbiavo tanto con il personaggio. Dicevo cose come “Newland datti una mossa. Lei è lì. La contessa Olenska è lì. Ti ama. Dai non essere così titubante. Fai qualcosa. Dio mio, fai qualcosa”. Ma lui perso com’era non poteva fare nulla. E ho avuto la netta sensazione che alla fine lui amasse tutte le donne della sua vita, perché non erano donne reali, ma proiezioni dei suoi sogni virili così inespressi. Ed è lì che ho capito quanto questo libro parli ad ogni epoca, perchè ogni tempo ha le sue oscillazioni, i suoi tentennamenti, i suoi amori sognati. Il film di Scorsese tratto del film l’ho anche rivisto dopo la lettura, ma pur nella perfezione cinematografica di Martin Scorsese devo dire che non mi ha dato quella scossa vibrante che Edith Wharton è riuscita a mettermi addosso con la bellezza delle sue parole. Niente è superfluo nella scrittura della Wharton, anche le virgole sono messe al posto giusto.
“Sangue giusto” di Francesca Melandri (Rizzoli)
Aspettavo questo libro con ansia. Francesca ce ne aveva parlato tanto, su Facebook lo definiva malopazzo, e l’argomento mi interessava moltissimo: il colonialismo italiano. Quando Francesca mi ha detto “Sto scrivendo di questo periodo storico” io le ho detto “Che bello lanceremo una moda! Finalmente tanti libri sul colonialismo scritti da donne, da me, da te, da Maaza Mengiste che lo sta scrivendo ancora”. Ero già felice dell’annuncio. Quando è arrivata la lettura però non mi aspettavo di essere così sbalzata dalle mie certezze. Mi ha sconquassato il libro di Francesca Melandri ed è stato bello essere al centro di questo turbinio che non mi aspettavo. Non è solo un libro sul colonialismo quello di Francesca Melandri. Ci sono almeno due direzioni che l’autrice segue. Una sul passato coloniale e l’altra sulle migrazioni contemporanee. Una saga famigliare che meriterebbe di vincere (soprattutto in questa Italia così sorda al suo passato pieno di ombre) tutti i premi letterari in circolazione, Strega in testa. Sangue Giusto è uno dei libri italiani più importanti che io abbia letto in questi ultimi 10 anni e non scherzo. Spero vivamente che qualcuno faccia una serie TV da questo libro. Merita per le tante storie contenute. Per i tanti scheletri che tira fuori con grazia.
“Vite che sono la tua” di Paolo Di Paolo (Laterza)
Di Paolo riflette sulla sua vita da lettore. Sceglie 27 libri che lo hanno segnato, 27 come i suoi anni di lettura. Ma poi a ben vedere i libri che ci segnala sono più di 27, perché si sa la lettura è infinita come sono infiniti i libri. Paolo di Paolo con questo suo saggio sentimentale ci regala molto di più di una fredda lista di testi più o meno importanti. Fa di fatto una sua autobiografia e spiega quanto la lettura lo abbia plasmato nel tempo, facendolo diventare l’uomo che oggi è, lo scrittore che oggi è. Vite che sono la tua è anche una lettera d’amore a questa strana e intima esperienza di dialogare con un libro. Paolo di Paolo ci regala con le sue parole precise il tempo lento della riflessione e lo fa in un momento storico in cui la lettura è assediata da troppa velocità, da questi nostri tempi distratti dove molte persone ormai ti dicono “Ma io non ho il tempo di leggere”. Da Balzac a Dostoevskij da Virginia Woolf ad Antonio Tabucchi viaggiamo insieme a Paolo in universo che ogni lettore conosce. Ed è implicito nel libro anche un gioco, ovvero creare la propria lista per ogni anno da lettore vissuto. Perché le liste, i libri su cui ci siamo formati, non sono uguali per tutti. Ed è forse questo il bello della faccenda.
“In Villa” di W. Somerset Maugham (Adelphi)
Ogni anno rileggo qualcosa di W.Somerset Maugham. Mi piace il suo cinismo, quello sguardo impietoso sugli esseri umani, sulle loro debolezze, sulla meschinità che traspare dai gesti anche più banali. C’è passione nei suoi scritti, ma spesso vediamo anche una pletora di arrivisti, dandy appassiti, donne sfiorite, amori malati. Le ambientazioni sono tutte molto eleganti, c’è quel decoro inglese che fa tanto colonia e quel suprematismo irritante di chi si è messo al centro della storia senza però essere così supremo come vuole sembrare. Maugham è consapevole di vivere in un’epoca di transizione, dove i personaggi vagano in cerca di se stessi, ma di solito si perdono nei meandri di squallidi affari terreni. I personaggi di Maugham sono tutti sconfitti. Non c’è resurrezione. C’è solo un eterno rincorrere la vanità che alla fine al nulla porta. I personaggi di In Villa, un piccolo gioiellino edito dalla Adelphi, sono già perduti ancora prima di cominciare la narrazione. C’è una donna, due contendenti, una passione improvvisa, un rifugiato inopportuno, un fatto di sangue e poi c’è Firenze con le sue ville, la sua colonia inglese, il suo essere esotica e famigliare insieme. Un bellissimo libro che meriterebbe (per l’attualità dei rapporti messi in campo) una riduzione teatrale anche in Italia.
“Tra me e il mondo” di Ta-Nehisi Coates (Codice)
Di questo libro si può dire che non ho mai smesso di leggerlo. Ritorno continuamente a queste pagine preziose di lotta e consapevolezza. Ta-Nehisi è una delle menti più brillanti che l’America abbia prodotto negli ultimi anni. Afroamericano, attivista, un uomo che sa parlare chiaro a chi detiene il potere. Un uomo che dice senza fare troppi giri di parole che i neri in America (e io aggiungerei non solo in America) sono in pericolo, rischiano ogni minuto di perdere il corpo, di essere uccisi, malmenati, umiliati, stuprati. Ta-Nehisi Coates scrivendo questa lettera struggente a suo figlio (e a tutti i figli dell’America nera) di fatto dona a tutti noi una corazza di parole per creare un mondo dove il razzismo va combattuto senza tregua in ogni ambito.
Il bottone di Puškin di Serena Vitale (Adelphi)
Aleksandr Sergeevič Puškin, padre della letteratura russa, mi ha sempre incuriosito. Capelli ricci al vento, sguardo fiero, carattere forte. E poi mi affascinava sapere che questo padre della Russia fosse di fatto un afrodiscendente come me. Ho letto le poesie, ho letto l’Onegin, poi per consiglio di un’amica mi sono comprata Il bottone di Puškin di Serena Vitale. Dell’autrice avevo letto il magnifico Il Defunto odiava i pettegolezzi, su Vladimir Majakovskij, un libro che mi ha fatto riflettere quanto dopo la morte di fatto non apparteniamo più a noi stessi. E anche ne Il bottone di Puškin si parla di morte, ma di una dipartita avvenuta dopo un duello che forse si poteva evitare tra il poeta e l’ufficiale francese Georges d’Anthès. L’autrice ripercorre con sapienza filologica tutti i pettegolezzi, le vane parole, le lettere, le azioni che portarono all’inevitabile morte del poeta. Di questo libro mi rimarranno tante cose. I profumi, i colori, le parole, gli incroci ambigui del destino, i costumi, le cattiverie dell’aristocrazia, l’amore che spesso si esprime con le parole sbagliate. E si mi rimarrà quel “Che noia” pronunciato dal poeta in piena agonia, una richiesta alla morte di non essere così teatrale, ma di fare il suo sporco lavoro in fretta e di farlo di grazia anche subito. Serena Vitale è davvero una maestra della parola. Leggendola ad ogni pagina mi veniva la voglia di farle un applauso fragoroso e spontaneo. Un libro davvero magnifico il suo. Magnifico come magnifico era Aleksandr Sergeevič Puškin.
“Controcorrente” di Alice Keller (Sinnos)
Un libro per bambini, con illustrazioni a colori di Veronica Truttero, che mi è piaciuto tantissimo. Tina ha una cugina più grande, Gertrude (ispirata alla storia vera di Gertrude Ederle) che è campionessa di nuoto. Una campionessa che sogna in grande, che vuole andare alle olimpiadi, che vuole attraversare la manica a nuoto. All’inizio del libro Gertrude dona alla piccola Tina un oggetto misterioso, piano piano Tina scoprirà che quell’oggetto è un costume da bagno e da lì anche lei sarà contagiata dalla voglia di nuotare ed essere libera. Un racconto di una folle rivoluzione femminile che mi ha dato forza e speranza per il futuro.