Una storia d’amore non convenzionale, un libro nel libro, la lotta armata di una generazione perduta. Tutto in perfetto stile Volodine, autore di “Lisbona ultima frontiera”. Una lettura esigente, ma appagante, come tutte le volte che si ha a che fare con questo scrittore francese
Una storia d’amore, con un libro nel libro. Una storia d’amore alla Antoine Volodine, cioè non convenzionale, che non guarda a modelli preesistenti, né al futuro, e che forse nemmeno aspira ad assurgere a esempio, che non vuole epigoni, al massimo suoi eteronimi (e quelli abbondano nella produzione dell’autore francese di origini russe…). Più o meno ventisette anni fa, perché Lisbona ultima frontiera (248 pagine, 17 euro) è stato pubblicato in Francia nel 1990, è iniziata la cosiddetta svolta post-esotista di Volodine, partito da storie fantascientifiche, ma da decenni impegnato in un percorso personalissimo che l’ha trasformato in uno dei protagonisti della letteratura contemporanea. Lisbona ultima frontiera (nella traduzione di Federica Di Lella), che nel 2016 sembrava esser pronto per essere pubblicato da Voland, è apparso per i tipi di Clichy, che aveva già in catalogo Volodine, anzi l’ha praticamente introdotto in Italia.
Per lettori che scavano sotto le apparenze
Avventurarsi nell’universo di Volodine, avvolto com’è da enigmi e misteri, non è semplice per chi comincia uno qualsiasi dei suoi libri ed è quello che succede anche con questo, anche se il suo sperimentalismo non è ancora quello estremo degli ultimi anni. Non è scrittore da larghissimo pubblico, il francese, ma questo non deve scoraggiare, anzi. Il suo lettore ideale non si ferma alla superficie, ma cerca di capire, interpretare, di scavare sotto le apparenze. Le sue pagine mettono alla prova, ma regalano un appagamento totale: basta dargli fiducia, anche quando sembra di avere a che fare con scogli insormontabili.
Una terrorista e il suo “mastino”
Ingrid Vogel e Kurt Wellenkind sono, rispettivamente, una terrorista di estrema sinistra, della Raf, proveniente dalla Germania e un componente della polizia tedesca, il suo “mastino”, specializzato nella lotta al terrorismo, rappresentanti di due mondi solo apparentemente distanti. Entrambi sono a Lisbona e vivono assieme gli ultimi giorni prima della separazione, lei deve fuggire, lui gli procura documenti falsi. Sono lì per dirsi addio perché l’agente sta facendo di tutto per permetterle di riparare in Estremo Oriente, con una nuova identità, Waltraud Stoll. Lei non vuole arrendersi all’oblio, vuole lasciare una testimonianza, che è un libro nel libro, ovvero quello che sta scrivendo, complesso, ermetico, poco decifrabile per i servizi segreti tedeschi e per chiunque lo legga: sono pagine in cui spiega i motivi della lotta armata “contro l’imperdonabile assurdità del mondo” a cui si consacrò una “generazione perduta” negli anni Settanta, una specie di antologia che vuol chiarire i punti oscuri di una società e di un’epoca, denominati Rinascimento.
Contro gli ingranaggi di un sistema totalitario
Ribelli armati si scagliarono contro quella che ritenevano una società marcia e corrotta, contro un sistema che, dal loro punto di vista, voleva controllare gli individui, contro ogni minimo ingranaggio di ciò che volevano abbattere, contro la diseguaglianza sociale e il culto del denaro: la socialdemocrazia al potere (ritenuta un totalitarismo e la facciata presentabile di poteri forti, quale quello industriale e quello militare), la comunità scientifica, quella letteraria, il giornalismo che non indaga, non fa luce, non informa. Il risultato è complesso ma affascinante, a tratti prodigioso, anche se non ancora immaginifico come in alcuni dei più recenti lavori di Volodine.