Lo scrittore statunitense lavora a una nuova storia ambientata nella Finlandia di oggi: “Dirigere un film tratto da un mio romanzo? Mi intriga, ma scrivere mi dà più soddisfazioni. Le relazioni sentimentali? Sono collaborazioni tra due autori che non sanno come e dove la storia finisce”
Che dia voce a un diciottenne inquieto a New York (Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile), a un’infermiera che nel secondo dopoguerra presta servizio in una villa della campagna inglese (Coral Glynn), all’aspirante biografo di un romanziere ebreo fuggito nella pampa uruguayana dalla Germania hitleriana (Quella sera dorata), lo scrittore statunitense Peter Cameron ha il dono, raro, di catturare lettori senza scorciatoie facili. Cameron racconta avventure intellettuali e sentimentali con scrittura sofisticata e dialoghi ammalianti, intrecciando perfidia, introspezione, sarcasmo e reticenza. Fa incetta di paragoni eccellenti (da Henry James a Muriel Spark), è amato dai registi (Ivory e Faenza hanno tratto film dai suoi libri) e gode di un notevole successo di pubblico, specie in Italia. Cameron, quasi cinquantotto anni, in Italia autore di punta della casa editrice Adelphi, sta lavorando a un nuovo romanzo e spera di completarlo nel giro di uno o due anni.
Cameron, leggendo i suoi romanzi si capisce come, da lettore, abbia molto “viaggiato” attraverso i libri. Cos’è per lei leggere?
«Credo sia simile a viaggiare, quando si viaggia o si legge si lascia alle spalle un mondo familiare, per incontrarne uno nuovo e sconosciuto. Penso sia un modo molto più profondo di viaggiare, perché quando leggi spesso lasci te stesso indietro ed entri in un mondo in cui potresti anche esistere senza il tuo io. Possiamo leggere “Anna Karenina” e sentirci immersi nel mondo di Tolstoj, ma non siamo fisicamente parte di esso, mentre quando viaggiamo ci portiamo dietro i nostri corpi e le nostre menti. Leggere ci libera emotivamente e intellettualmente, ci libera da noi stessi e ci dà la possibilità di sentirci un’altra persona, in un altro luogo».
A otto anni si è trasferito a Londra dal New Jersey e poi dagli anni Ottanta ha scelto di vivere a New York. Questi trasferimenti cosa hanno rappresentato per la sua vita?
«Mi hanno aiutato a capire che ci sono tante comunità e culture nel mondo, ad apprezzarne ricchezza e varietà. Ho imparato che ognuno si sente al centro del mondo, ma che il mondo stesso non ha un centro».
Relazioni complesse e amori difficili sono centrali nelle sue opere. Sono, a modo loro, viaggi?
«Sì, credo lo siano. Ma differenti da quelli che facciamo quando leggiamo un libro. Una relazione è una collaborazione tra due autori che non sanno come e dove la storia finisce».
Altra forma di viaggio è sul web. Che rapporto ha coi social network? Cura il suo sito?
«Passo davvero poco tempo sui social network, non mi piace il modo in cui ci forzano a mostrarci in modo riduttivo e poco elegante. Preferisco comunicare con le persone, individualmente e privatamente. Come può un messaggio essere personale e autentico, se inviato in modo simultaneo a centinaia o migliaia di persone? Curo il mio sito perché non voglio che mi rifletta come un prodotto commerciale, ma sia una rappresentazione di me come persona e come autore».
Più di un suo libro ha avuto una trasposizione cinematografica. Ha mai pensato di essere il regista di un film tratto da un suo romanzo?
«Credo che scrivere un romanzo sia simile a dirigere un film. L’idea d’essere il regista di una pellicola basata su una mia storia mi intriga, ma penso mi soddisfi molto di più scrivere. L’autore è scrittore, regista, scenografo, costumista, musicista. Questo mi dà molta più soddisfazione, sono il solo creatore del mio mondo immaginario, non ho bisogno che qualcuno realizzi la mia visione».
Il suo sesto e più recente romanzo, “Coral Glynn”, risale al 2012. Sta scrivendo una nuova storia, ambientata nella Finlandia di oggi. Quando vedrà la luce?
«Sto ancora lavorando a quel romanzo, non so quando e se mai verrà pubblicato. Ma spero presto, forse nel 2018 o nel 2019». (Questa intervista è stata pubblicata, in forma leggermente diversa, sul Giornale di Sicilia)