Lo scrittore emiliano, superati i settant’anni e pubblicato l’ultimo libro, “Prendiluna”, racconta:«Spero di aver insegnato qualcosa, magari a usare un po’ di ironia. Se certi piccoli provocatori televisivi destabilizzano, allora io sono molto più anticonformista. Ma con i miei libri non voglio dare scandalo…»
Settant’anni di età appena compiuti, oltre quaranta di carriera, Stefano Benni (nella foto Barbara Ledda Photomovie), detto Lupo, una delle icone della casa editrice Feltrinelli, riparte da Prendiluna (224 pagine, 16,50 euro). Il suo «Bar Sport» è un libro insuperato, un pezzo di cultura popolare, ma nei decenni non ha mai fatto mancare mordente, lucidità e satira. Anche il suo più recente romanzo lo dimostra. Nessuna voglia di arretrare, di “annacquarsi”, di confondersi fra i tanti, gli arde dentro ancora il desiderio di segnare un passo diverso, originale.
Benni, tra le pagine di Prendiluna, c’è spazio per fiaba, ironia, commedia, tragedia, invenzioni linguistiche. Rispetto al passato c’è un pizzico di sentimentalismo in più o è un’impressione fuorviante?
«Veramente c’è anche chi dice che questo è il mio libro più crudele. Ognuno la pensi come vuole…».
La protagonista del romanzo è una maestra in pensione con una missione niente male: trovare dieci giusti e salvare il mondo. Due suoi ex alunni evadono da un manicomio per trovare Dio e fargliela pagare per tutto il male del mondo. Dando uno sguardo al mondo, crede che Dio abbia tante colpe?
«Io parlo dell’Idea di Dio, di ciò che si fa in suo nome. In nome di Dio c’è chi ha fatto cose generose e meravigliose. Ma le religioni monoteiste hanno commesso crimini e delitti, arrogandosi il diritto di chiamare gli altri eretici e infedeli. Questa è una colpa che segna la loro storia».
Insegnare e imparare sembrano poli fondamentali di Prendiluna. Da chi crede di avere imparato? A chi pensa di avere insegnato?
«Ho imparato da un migliaio di persone. Dai libri e dagli esempi. Spero di aver insegnato qualcosa, magari a usare un po’ di ironia».
In alcune presentazioni del suo ultimo libro è stato affiancato da Ambra Angiolini, costituendo una… strana coppia. Come l’ha scelta?
«Ambra ha portato in scena per tre anni un mio monologo teatrale («la misteriosa scomparsa di W», ndr) e conosce i miei libri».
La commedia in letteratura, in Italia, è sempre guardata con sospetto e non ha vita facile?
«L’umorismo televisivo lo consumano tutti. L’ironia nei libri è merce più rara».
Trascorsi i suoi primi settant’anni, si sente un po’ “istituzionalizzato”, parte di un canone, meno destabilizzante di quanto risultasse con i suoi primi libri?
«No, non mi hanno chiuso in una scatola. Se per destabilizzare lei intende quello che fanno certi piccoli provocatori televisivi, allora io sono molto, ma molto più anticonformista. Ma non scrivo per dare scandalo, scrivo per seminare dubbi o allegria». (Questa intervista, in una versione leggermente diversa, è stata pubblicata sul Giornale di Sicilia)