Un classicissimo, tanti contemporanei, un libro fuori catalogo (edito in passato da Urania) e uno che sarà presto ristampato, dopo non aver avuto molta fortuna con una vecchia edizione. Sono i suggerimenti molto poco convenzionali di Passerini, che lavora nell’ufficio stampa di e/o e, per l’editore romano, cura una felice collana, “Gli intramontabili”
“Le tigri di Mompracem” di Emilio Salgari (BUR)
La prima volta che ho letto Le tigri di Mompracen avrò avuto otto o nove anni. Rileggendolo qualche mese fa, non solo ho scoperto di ricordarmi ancora perfettamente il momento in cui entra in scena Marianna, “la perla di Labuan”, ma anche che da allora non è passato un solo giorno, non un solo giorno nella mia vita, senza Marianna. Epico, romantico, velocissimo, bigger than life, fatevi un regalo e leggete (o rileggete) questo capolavoro.
“Crocevia” di Yoshihiro Tatsumi (Coconino Press)
Tatsumi è un maestro riconosciuto di quello che i giapponesi chiamano “Gekiga”, un genere di fumetto le cui coordinate si sono definite sul finire degli anni ’50. Dovendo dare retta al gusto occidentale, non si tratterebbe neanche di un “genere” ma di letteratura tout court. Racconti brevi, silenziosi, ricchi di dramma, introspezione e profondità, che hanno per protagonisti gente comune. Raymond Carver, in pratica.
“La vegetariana” di Han Kang (Adelphi)
È stato uno dei libri di cui si è parlato di più lo scorso anno, e non a vanvera perché si tratta davvero di un gran bel libro. Un libro pieno di immagini, di simboli, di poesia. Atroce, ma bello.
“Mio padre, la rivoluzione” di Davide Orecchio (Minimum Fax)
Davide Orecchio è uno dei migliori scrittori italiani. Questo è il suo terzo libro dopo Città distrutte e Stati di grazia, e come i precedenti è fatto di molte storie e molte vite. È difficile da spiegare, ma fidatevi.
“Lonesome Dove” di Larry McMurtry (Einaudi)
Un libro immenso, in tutti i sensi. Centinaia e centinaia di pagine sulle tracce di un pugno di eroi giunti alla loro ultima, grande impresa. Tecnicamente non è un western, ma ci sono i cowboy, le mandrie e gli indiani. Uscì per Mondadori un bel po’ di anni fa (col titolo piuttosto infelice di Un volo di colombe), a breve verrà ripubblicato da Einaudi col titolo originale: Lonesome Dove.
“Il fiume degli déi” di Ian McDonald (Urania)
La storia è ambientata in un’India del 2047 lacerata da conflitti nazionalisti, religiosi, di casta, per l’acqua sempre più scarsa, per il predominio tecnologico, dove gli dei sono Ai di terzo livello che si confondono in un pantheon tradizionale sempre più cyberpunk. Più che una storia è un mondo di 500 pagine con dentro una decina di protagonisti le cui vicende si intrecciano. A volte ti perdi, ma poi ti ritrovi, anche se è abbastanza sfidante (soprattutto per il gergo hindi, che all’autore piace un sacco). Che poi, oltre che uno straordinario demiurgo, McDonald sarebbe anche uno scrittore molto bravo, solo che i raggi gamma gli piacciono più dello scintillio dei premi letterari tradizionali.
“1913” di Florien Ilies (Marsilio)
Non sembra, ma nel 1913 a Vienna è successo tutto. Ma proprio tutto. È un saggio improprio 1913, quasi un almanacco di fatti notevoli. Dice poco, spiega meno, ma dall’infinitamente piccolo fa scaturire il secolo XX tutto.
Proprio di recente ho letto “La Vegetariana” – una lettura per certi versi spiazzante, ma da cui emerge la ribellione del singolo contro la violenza istituzionalizzata della società, una scelta che tuttavia ha conseguenze non solo per chi la compie, ma anche per gli/le sta intorno.