L’autrice siciliana de “L’Imperfetta” – che a marzo sarà in libreria con un nuovo romanzo – guarda principalmente agli Stati Uniti per i suoi consigli letterari. Cinque dei sette libri indicati sono a stelle e strisce, oltre a un felice romanzo di Laura Pariani e a un classico della letteratura di ogni tempo e ogni luogo
“Una famiglia americana” di Joyce Carol Oates (Il Saggiatore)
Tutti ammirano i Mulvaney, tutti li invidiano. È la classica famiglia perfetta, Michael e Corinne sono genitori felici di quattro splendidi figli, vivono in una fattoria da fiaba popolata da animali e da un trambusto spensierato che si muterà presto in un silenzio agghiacciante quando, nel giorno di San Valentino del 1967, accade qualcosa di terribile a Marianne, l’unica figlia femmina. Una Joyce Carol Oates perfetta nel descrivere la fragilità da bolla di sapone della famiglia borghese americana, pronta ad implodere davanti al dramma, portandosi dietro, nella frana inarrestabile, l’amore filiale, la felicità zuccherosa, cani, gatti cavalli e l’intera fattoria. Spietato e sublime, come solo la scrittura della Oates sa essere.
“Trilobiti” di Breece D’J Pancake (Minimum Fax)
Tra le colline del West Virginia, i personaggi, tutti uomini, dei dodici racconti di Pancake, vivono un’esistenza “ai margini”, tra miniere e fattorie fatiscenti, lavori umili e sottopagati con cui cercano di arrabattarsi in un presente senza tempo, cristallizzato come i fossili di trilobiti che vengono estratti dalla terra. Con uno stile asciutto, serrato e cruento, l’autore, morto suicida nel 1979 dopo averci lasciato quest’unica raccolta, ha creato dodici indimenticabili affreschi di fantasmi senza futuro, sporchi, brutti e cattivi, ma allo stesso tempo pieni di una poesia disperata e insuperabile.
“Dio non ama i bambini” di Laura Pariani (Einaudi)
Al centro del libro, un “conventillo” di Buenos Aires dove vivono decine di famiglie che la fame e il bisogno hanno spinto ad emigrare e che si sono ritrovate poi stipate come conigli in bugigattoli privi di qualunque decoro. In una Buenos Aires sporca e indifferente, si dipana la storia nerissima di una serie di efferati delitti compiuti sui bambini e raccontati con un impasto grumoso e denso di dialetto italiano e di lingua argentina che Laura Pariani rimescola per tutte le pagine, dando vita ad un mondo doloroso e vivo, dove tutto ruota intorno ai bambini, alla solidarietà di teppa che li porterà a organizzare la caccia all’assassino e all’innocenza che, nonostante il fango e l’abbandono, fa capolino dal cemento e dalle pagine per costruire un futuro vivibile.
“American Psycho” di Bret Easton Ellis (Einaudi)
Patrick Bateman ha tutto. Vive nel cuore pulsante di Manhattan, lavora a Wall Street e frequenta i luoghi più esclusivi. “Un ragazzo della porta accanto” secondo la fidanzata Evelyn, ma quando quella porta si chiude, compare il vero volto di Patrick: quello di un assassino che si diverte a torturare le sue vittime con spietata creatività. In questo superbo affresco dell’epopea degli Ottanta, Ellis racconta la scomparsa di ogni umanità, tratteggiando personaggi che non hanno un volto, che sono identificati soltanto attraverso le marche costose dei loro abiti, l’elenco dei locali scintillanti frequentati, e dove tutto ha un cartellino del prezzo bene in vista, a distinguere chi vale dal resto dell’insignificante brulicare umano. Un libro intenso e inquietante, claustrofobico, pulp, e quando cercherete di fuggire, vi troverete a girare a vuoto, perché l’unico cartello che incontrerete vi avviserà che “Questa non è l’uscita”.
“22/11/’63” di Stephen King (Sperling & Kupfer)
È possibile cambiare il corso della storia? No, a meno che tu non scopra in una tavola calda, come succede al protagonista Jake Epping, un buco spazio temporale che conduce dritto al 1958, e decida di scivolarci dentro per compiere un’impresa epica: fermare Oswald prima che spari al presidente J.F.Kennedy. Uno Stephen King in stato di grazia tesse una complessissima tela con un buco al centro, attraverso il quale scivolare per ritrovarsi nell’America degli anni ’50 e dei primi anni ’60, nel mondo di Elvis Presley, James Dean e JFK, delle automobili, del boom economico, del twist e del tintinnare dei bicchieri da cocktail. Un sontuoso romanzo sul tempo, sul destino e sulla conseguenza delle nostre scelte, il tutto tenuto insieme dal miglior collante possibile: l’amore, che diventa il proverbiale battito d’ali della farfalla capace di causare un tornado a migliaia di chilometri di distanza. Matematicamente impossibile staccare gli occhi dalle pagine fino a quando gli innumerevoli fili della narrazione non si sono dipanati tra le abili dita del burattinaio King.
“Meridiano di sangue” di Cormac McCarthy (Einaudi)
Siamo al confine tra gli Stati Uniti e il Messico ed è il 1850, tempo di cacciatori di scalpi sanguinosi e folli, e luogo prediletto della narrazione di Cormac McCarthy. In questo quinto, memorabile romanzo, in mezzo alla banda di reietti che si trascina attraverso una natura maestosa e impassibile spiccano il giudice Holden, un enorme, corpulento, glabro, predicatore del deserto che sembra aver ricevuto direttamente da Dio il dono di filosofeggiare sulle cose del creato, e il capo Glanton, violentissimo e senza scrupoli. Intorno a loro, ruota freneticamente tutto l’universo di McCarthy, fatto di budella in bella vista, alcol, massacri, polvere, sabbia e sole, a raccontare un’ossessione per il mistero del Male che accompagna da sempre i romanzi del grande “invisibile” della narrazione americana.
“I Miserabili” di Victor Hugo
Diciassette anni, migliaia di penne d’oca, infiniti stravolgimenti, ripensamenti, cancellature per dar vita a quello che Baudelaire ha definito un libro capace di “inorgoglire non soltanto la letteratura francese, ma quella dell’Umanità pensante”. Quando I Miserabili uscì, nel giro di poche ore vendette più di 3.500 copie, con tanto di collette popolari per poterlo acquistare e leggere le vicende di Cosette, del forzato Valjean, del malvagio Thenadier e di tutti i miserabili partoriti dalla mirabolante fantasia di un genio indiscusso della letteratura mondiale. Più che un romanzo, un contenitore grande come e più del mondo, dove tutto ciò che travalica il tempo e lo spazio, le categorie dell’amore, del dolore, della morte, della redenzione, della dannazione, è presente e magistralmente affrescato. Un libro che percorre le strade fangose e strette di una Parigi cenciosa come i suoi personaggi per arrivare sempre nello stesso punto: il cuore dell’uomo. «Esiste uno spettacolo più grande del mare, è il cielo – scriveva Hugo – esiste uno spettacolo più grande del cielo, è l’interno dell’anima».