C’è del sacro a… Sacchitello

Una doppia area di servizio sulla A19, la Svizzera siciliana dove fenici e ionici si scambiano uno sguardo con millenni di inconsapevole storia. Può essere un luogo simbolo, contraltare di vita, dove il trovarsi insieme, catanesi e palermitani, sia un atto di pace, di bellezza, di invisibile letteratura!

Esiste un luogo in Sicilia dov’è possibile risolvere uno di quegli enigmi che ci venivano proposti da ragazzini; quegli indovinelli pseudo-matematici (in realtà linguistici!) che ci facevano scervellare inutilmente, cercando la soluzione in improbabili calcoli laddove, invece, si sarebbe potuto trovarla prestando maggiore attenzione alla formulazione stessa del quesito, alle parole usate.

Già, le parole sono sempre potenzialmente origine di equivoci…
Quell’enigma diceva pressappoco così: Un’auto parte da Bologna alle 9 del mattino, direzione Napoli, e percorre l’autostrada a 120 Kmh. Un’altra auto parte da Napoli, ma a mezzogiorno, percorrendo l’autostrada a 130 Kmh. Considerando che la distanza tra le due città è di 575 Km, quando le due macchine si incontreranno nello stesso punto, quale delle due sarà più vicina a Napoli?
Si tratta di un falso quesito matematico, perché in realtà tutti i dati numerici (velocità, chilometraggio, orari di partenza) sono messi lì per distrarci dalle tre parole che, invece, dovrebbero subito attirare la nostra attenzione, e queste parole sono: nello stesso punto.

La sacra equidistanza tra Palermo e Catania

Se le macchine si incontreranno nello stesso punto, cioè, saranno equidistanti da Napoli, da Bologna, e da qualunque altra parte dell’universo. Ammettiamolo… gran parte di noi c’è cascata!! Ma il punto è questo: esiste una circostanza nella quale, quando i palermitani e i catanesi si incontrano nello stesso punto, si crea un’equidistanza. E questa equidistanza è sacra!
E questo luogo è Sacchitello, che altro non è se non una doppia area di servizio che prende il nome dalla contrada su cui, in quel punto, passa la A19.

Ora, credetemi. Ve lo dico da catanese, ma se fossi palermitano ve lo direi con la stessa identica convinzione: non è facile che esistano equidistanze tra il mio e quell’altro popolo… Sì, lo so, state sorridendo, perché vi è sembrato addirittura esagerato che abbia utilizzato il termine popolo con una tale facilità, per creare due popoli lì dove, a soli 208 Km di distanza, si potrebbe parlare tranquillamente di un popolo solo!

Due popoli, iperbole ironica

Ovvio! Era appunto un’esagerazione. Un’iperbole ironica; perché l’ironia fa sorridere innanzitutto me stesso quando, per parlare di qualcosa di sacro, mi trovo innanzitutto costretto a desacralizzare! E poi, si sa: Numquam est tam male Siculis, quin aliquid facete et commode dicant! (Qualunque cosa possa accadere ai Siciliani, essi lo commenteranno con una battuta di spirito – Cicerone).
Pur tuttavia, vi rammento che Atene e Sparta distano tra loro 238 Km, e dunque solo 30 Km in più rispetto a Catania e Palermo, e basterebbe farsi una passeggiatina tra le pagine dei nostri vecchi libri di Storia per accorgerci che dovette passare molto, molto tempo perché alla fine quelle due grandi città si considerassero appartenenti… ad un unico popolo!
Ora, per carità, abbiate la bontà di accogliere l’esempio come tale, senza volervi scorgere necessariamente analogie di senso… Non chiedetemi, vi prego, quale delle due città sia Atene o Sparta… Per favore…
Anche se però questa cosa mi stuzzica alquanto… Atene fu città di grandi ingegni politici, artistici e filosofici, mentre Sparta di grandi guerrieri ed eroi! Vediamo un po’…

Le eccellenze di Catania

duomo ct

Intanto c’è Sant’Agata! Poi… A Catania abbiamo avuto Caronda, grandissimo legislatore e storico! Istitutore del primo ginnasio statale di tutta la Magna Grecia! L’opera da lui compiuta fu simile a quella dei greci Dracone e Licurgo (toh! il primo era ateniese, e il secondo spartano!) e fu persino lodato da Aristotele, il che basta e avanza! Abbiamo avuto il grande Tisia, in arte Stesicoro, il nostro primo “cantautore”! Dopo di lui sarebbero arrivati Franco Battiato, Carmen Consoli, Mario Venuti, Mario Biondi, Vincenzo Spampinato, Umberto Balsamo, Gianni e Marcella Bella, e anche il giovane Lorenzo Fragola, ma sì (solo per dirne alcuni). Ma nessuno di essi ispirò Eschilo, o organizzò il metro della poesia greca classica in tre parti precise (la triade strofica), né compose 26 libri di carmi in dorico, musicandoli e descrivendo la Guerra di Troia! Mentre Stesicoro sì. Morì anche lui nel VI Secolo a.C., come Caronda, e lì dove fu sepolto sorge ora un monumento in marmo raffigurante lui e le nove Muse che gli danzano attorno… Scherzo. Dove fu sepolto, sorge oggi un Mc Donald.
C’è stato Antonio di Sangiuliano, statista e diplomatico del governo Giolitti; il vate Mario Rapisardi; ci sono stati gli altri poeti Domenico (Micio) Tempio e Nino Martoglio; gli scrittori Giovanni Verga e Luigi Capuana; l’indomito Giuseppe De Felice; gli attori Angelo Musco e Turi Ferro; e tra i musicisti e operisti Giovanni Pacini e poi lui, il Cigno, l’immortale Vincenzo Bellini. Lui sì che ce l’ha un monumento in marmo, con le sue quattro opere più importanti e lui seduto nel mezzo, in Piazza Stesicoro (proprio di fronte al Mc Do-nald di cui sopra…). E il tenore Giuseppe Di Stefano ne cantò gloriosamente le arie!
Vi fu poi il grande scienziato Ettore Maiorana, nato nel 1905, e scomparso nel 1938, non si sa dove.
Una particolare menzione, tra gli eroi, la merita Angelo D’Arrigo, colui che sorvolò il deserto del Sahara in deltaplano, senza motore, seguendo le stesse correnti degli uccelli, e che sorvolò, sempre allo stesso modo, persino l’Everest. Di tutti i catanesi, è stato certamente quello più simile ad Icaro, in vita e in morte.
E come dimenticare il beato Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet! Esempio di santità e di carità ai poveri e agli emarginati, personalità tanto imponente quanto umile! E già che ci siamo, anche il Cardinale Salvatore Pappalardo, che però è famoso soprattutto a Palermo dove, durante il terremoto mafioso che seppellì nel sangue quella città, in occasione del funerale del Gen. Dalla Chiesa citò Tito Livio sbattendo un pugno sull’altare, e facendo impallidire tutta la prima fila, dov’era seduta gran parte dei ministri venuti quel giorno a partecipare alle esequie. La citazione era la seguente: Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur!, che però lui riferì in un italiano quel giorno particolarmente ben tradotto: Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata!
Vabbè, poi tra quelli vivi abbiamo ancora Fiorello, Pippo Baudo, Jerry Calà, Leo Gullotta, Michele Cucuz-za e persino l’aborrito Giampiero Mughini, e molti altri.

Le eccellenze di Palermo

cattedrale palermo

E a Palermo? Innanzitutto Santa Rosalia!
E poi, subito, un nome si impone sugli altri, senza alcuna fatica di memoria: Federico II di Svevia, lo stupore del mondo! Il sommo Cesare dell’età d’oro siciliana! I perfezionisti diranno che è nato a Jesi, ma provate a chiamarlo marchigiano, vediamo cosa succede… Oppure tedesco, o normanno… sì, ok, il sangue è sangue… Ma per quali stradine lo si vedeva giocare da bambino? E quali dolci mangiava? E quali erano i profumi che entravano la mattina dalla finestra della sua stanza? O quali immagini gli riempivano gli occhi quando vi si affacciava?! Volendo riconoscere al verbo “essere” tutta la sua potenza ontologica, chiunque dirà che “ERA” palermitano! Motore di quell’alba letteraria che per prima illuminò l’Italia! Protettore di quella lingua che Dante lodò come la migliore tra i volgari italiani, e questo basta e avanza!
E Ferdinando di Borbone? Che senza troppa propaganda e senza bisogno di accaparrarsi voti risanò l’economia dell’Isola, rese la nostra regione la più industrializzata d’Italia e fece costruire, in Italia, la prima ferrovia? Ma le sanno i bambini queste cose?! Lo sanno che Palermo era così gravida di genio da partorire uomini grandi e illustri sia tra i Borboni sia tra i loro oppositori? E mentre, per motivi di regno, questi uomini combattevano tra loro, l’arte continuava a vincere, sempre!
Francesco Lojacono, pittore dell’Ottocento tra i più bravi d’Italia, paesaggista eccezionale! E l’altro pittore, Rocco Lentini, suo contemporaneo, che tracciò sul volto della sua città certe sfumature di bellezza ancora oggi visibilissime, regalando a Palermo parte della sua anima!
Ma prima c’erano stati i Serpotta, famiglia intera di scultori, i cui decori e stucchi sono ancora come muscoli guizzanti e vivi, per cui chi visita Palermo la scopre capace di muoversi, e di guardarti con espressioni sempre diverse! E prima ancora c’era stato il sublime Antonello Gagini, perla del nostro Rinascimento, che con la sua scuola di scultura diede alla Sicilia le più straordinarie Madonne del mondo, e in qualunque parte dell’Isola le si incontri, quei visi bianchi di marmo o alabastro confondono e fanno rabbrividire ancora per la nettissima superiorità della loro bellezza. E tra gli scultori e gli architetti, spicca il grande Giovanni Battista Vaccarini, che però è famoso soprattutto a Catania dove, dopo il terremoto del 1693 che seppellì quasi interamente quella città, fu chiamato a riorganizzarne l’urbanistica e a ridisegnarle il volto, con quelle espressioni barocche che ancora biancheggiano trionfali e meravigliose.
Poi ci fu Michele Amari, lo storico e studioso orientalista che, oltre ad essere in Italia l’indiscusso pioniere di questa disciplina, riconsegnò a Palermo il vivo contatto con il suo passato arabo, mostrandone così tutti i colori, antichi e nuovi. E Vittorio Emanuele Orlando, che avviò la riforma elettorale dello Stato italiano prima ancora di laurearsi e che, nel bene e nel male, fu tra i protagonisti di un intero secolo di politica in-terna ed internazionale.
Poi ci sono gli scrittori! Giuseppe Tomasi di Lampedusa, parente di Giacomo Leopardi da parte di padre, autore di un solo romanzo, ma nel quale traccia una così vera immagine della Sicilia, da dover necessariamente sospettare che nei suoi lunghi e solitari pomeriggi dedicati alla lettura, lo spirito stesso del nostro Popolo (e questa volta la uso bene, questa parola!) gli parlasse e condividesse con lui il ristoro di un caffè.
E ancora, Dacia Maraini, le cui descrizioni degli animi, dei luoghi e delle suggestioni di quel meraviglioso occidente siciliano, fanno di lei una delle più drammatiche e vere cantrici della nostra terra! Come sa ancora cantarla Giorgio Vasta, con la voce “grigia”, né bianca né nera, di tre ragazzini che crescono inquieti nel tumulto di un rione insanguinato. E come sa cantarla Domenico Conoscenti, con la voce suadente di una donna che sa sedurre e affascinare proprio come la sua città. E le parole di Evelina Santangelo che ci ricordano che chi parla di un Sud amaro non dice la verità; ma se uno ci dice di andarlo a visitare, allora… è persona di cui ti devi fidare. E poi c’è Alessandro D’Avenia, anche lui innamorato del “canto”, e dei “Canti”, e che somiglia pure al nostro Vincenzo Bellini, e mi sa che glielo dovrò proprio dire!
E i mitici Franco e Ciccio, che sembrano il ritratto dei due volti popolari di Palermo, quello che sa di es-serlo e quello che finge di non esserlo! Quei due volti che hanno fatto ridere certamente anche gli eroi di Palermo, prima che le lacrime dei palermitani ne decorassero l’ultimo sentiero: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Pino, e cento altri ancora! Eroi che c’hanno insegnato ad essere eroi senza esserlo, facendo ogni giorno la cosa più sacra e più “banale”: il proprio dovere. Così banale che ci si può morire! Così sacra che ci si continua a vivere, ma per sempre questa volta! Come per sempre vive la voce di Giuni Russo!
E poi, tra quelli vivi abbiamo ancora, giusto per citarne solo alcuni, Lando Buzzanca; Enrico Lo Verso; Aldo Baglio; Pif; Teresa Mannino; Ficarra e Picone, Giusy Ferreri, Mario Balotelli e Totò Schillaci, che non è poco! Ah, sì, tra i palermitani c’è anche il nostro Presidente, Sergio.
Insomma, troppi ingegni e troppi eroi da una parte e dall’altra, per essere come Atene e Sparta! Ce le teniamo così come sono Catania e Palermo, che è meglio!

Un terreno neutrale, un’occasione

Chi si ferma a Sacchitello, difficilmente lo fa solo per mettere benzina.
Sacchitello è un’occasione, un binario 9 e tre quarti aperto tra “il non più a Catania e il non ancora a Palermo”, o viceversa; uno di quei posti dove la realtà può ribaltarsi e diventare la stessa per chi va e per chi viene. E allora non basta la benzina. Ci vuole il caffè!
E si entra lì dentro, e si scopre per quale motivo Siculi e Sicani trovarono un accordo tra tante battaglie! Anche se allora il caffè non esisteva, ma le equidistanze, evidentemente, sì.
Sacchitello diventa perciò la Svizzera siciliana, il terreno neutrale dove Palermitani e Catanesi si incontrano allo stesso banco, dove l’aspre contese calcistiche, intellettuali, campanilistiche e chi più ne ha più ne metta, si dissipano in quei tre minuti che sono come tremila anni.
Ci si guarda negli occhi, Ionico e Fenicio, ed è come se l’Oriente e l’Occidente dell’unica Trinacria si scambiassero uno sguardo. E in quello sguardo ci sono millenni di inconsapevole storia. Secoli di dominazioni e di stratificazioni culturali e linguistiche sfrecciano invisibili da una tazzina all’altra, nel solo sfumare di un accento che ci fa sussultare. Quel suono! Così diverso nelle sue caratterizzazioni, e allo stesso tempo così simile! Quei termini, ingannevoli falsi amici che, a distanza di 208 Km, possono totalmente mutare la descrizione di una donna pur rimanendo identici! E le ingiurie? Su questo si è sempre andati d’accordo: il nemico, l’oppressore, il prepotente, chiunque esso sia, intanto è un cornuto!
Solo che, mentre a Catania il suddetto insulto viene porto in modo assertorio, come se fosse l’esito collegiale di un’Agorà giudicante (“Sì ‘ncurnutu!”), a Palermo il medesimo improperio risente delle antiche meccaniche delle scuole filosofiche medievali dove, avendo letto Avicenna e Averroè alla corte di Federico, ci si interrogava innanzitutto sul genere prossimo e sulla differenza specifica! (“Ma chi cujrnutu sì?”).
E ancora, mentre dalle nostre parti il malcapitato viene subito posto, dall’interlocutore, dinanzi alla terribile verità circa il “mestiere” materno, a Palermo talvolta, vuoi per antiche costumanze cavalleresche vuoi per il gusto di provarsi nelle evoluzioni della lingua, si può udire la ricercatissima forma: “Ma va’ dicci a to’ patri ca è cojrnutu!” L’ingiuria per interposta persona! Che non è cosa da poco!
Sì, c’è del sacro a Sacchitello, anche se nessuno c’ha scritto mai un libro. Ma un libro è il cristallo di una letteratura invisibile e quotidiana, che può finire sulla carta o no. Ma intanto c’è!
Sacchitello può essere un luogo simbolo, divinamente contrapposto a quella via Isidoro Carini dove un catanese e un palermitano (Santapaola e Riina) collaborarono per creare violenza, sgomento e morte! Sacchitello ci piace pensarla invece come ad un contraltare di vita, dove il trovarsi insieme, catanesi e palermitani, sia un atto di pace, di bellezza, di invisibile letteratura!

Mai equidistanza su un tema

Così, mentre si aspetta che quel caffè rubato all’autostrada ispiri qualche storia, qualche racconto in cui questi antichi rivali ricompaiano come fratelli, ci divertiamo a scoprire come, mentre il mondo si divide su temi e questioni di apparente vitale importanza, lì, a Sacchitello, l’unico problema relativo alla teoria gender, per esempio, rimane sempre lo stesso, prosaicamente inchiodato alla realtà: è Arancino o Arancina?
Su questo, temo, non ci sarà mai equidistanza.

Un pensiero su “C’è del sacro a… Sacchitello

  1. Katia Arcidiacono dice:

    Ho sorriso immersa in questa lettura veloce che ha attraversato secoli portandomi a spasso con dei “grandi” spartani ed ateniesi come palermitani e catanesi.
    Ed ora semmai mi ritroverò a percorrere quei 208 km il caffè a sacchitello è d’obbligo perché già lo sento in tutta la sua storica fragranza!!!

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