I “sette libri per l’estate” di… Domenico Conoscenti

L’autore de “La stanza dei lumini rossi” e di “Quando mi apparve amore” ci conduce per mano fra sette splendidi consigli, libri di scrittori di valore, noti al grande pubblico e non

“Ognuno muore solo” di Hans Fallada (Sellerio)

La banalità del male resa in forma di (magistrale) romanzo corale: l’ascesa della Germania nazista nutrita delle frustrazioni, le gelosie, le meschinità di una piccola, piccola borghesia. E dall’altra parte – nucleo narrativo del libro che riprende un fatto di cronaca – la caccia della Gestapo a una coppia di mezza età che tenta di oltrepassare la barriera della propaganda ufficiale e di far conoscere ai propri connazionali il volto di feroce violenza di un sistema totalitario cui, anch’essi, avevano inizialmente aderito.

Ognuno muore solo

“L’attimo eterno e altri racconti” di Edward Morgan Forster (Garzanti)

Inaspettati racconti di “fantascienza” che prefigurano (negli anni Venti) una società dove ciascun individuo vive autorecluso nella propria stanza da cui gestisce ogni rapporto con l’esterno attraverso una onnipotente tecnologia. E poi i racconti de La vita che verrà, postumi (come il romanzo Maurice) per volontà dell’autore, in cui l’omosessualità di Forster può esprimersi apertamente in una narrazione liberatoria, attraverso situazioni e invenzioni spesso ironiche, divertenti, paradossali.

l'attimo eterno

“Trilogia della città di K.” di Agota Kristof (Einaudi)

Pur nel rispetto della coesione della trilogia, voluta dall’autrice, segnalo tuttavia la prima parte, Il grande quaderno, che spicca indubbiamente sulle altre per forza e per originalità: un romanzo di formazione collocato in un periodo difficile del secolo breve, una sorta di favola cattiva, partorita quasi dai fratelli Grimm in un’Europa comunista. Una voce narrante aliena dal cercare qualunque complicità patetica col lettore, secca e consapevole di sé, tanto da svelare a un certo punto, in un paio di pagine, il proprio credo espressivo, pur rimanendo abilmente all’interno della finzione.

trilogia

“Vista con granello di sabbia” di Wislawa Szymborska (Adelphi)

Antologia della produzione poetica dell’autrice polacca (divenuta in Italia nel corso degli ultimi anni oggetto di culto), introdotta dal discorso tenuto in occasione del conferimento del Nobel nel 1996. L’esistenza vista dalla parte di esseri – viventi e inanimati – superflui, di individui marginali, di popoli schiacciati dalla storia, di eventi mancati, sopraffatti da ciò che poi è stato. Una buddistica, dolente compassione, mai patetica, per il tutto, in perfetto equilibrio con una vigile ironia che non distoglie lo sguardo dal versante in ombra della sofferenza.

vista

“Poesie, prose e diari” di Sandro Penna (Mondadori)

Il ritratto, che non tace qualche inevitabile zona grigia, di un “poeta puro”, riluttante a inserirsi nella catena produttiva della società. Un canzoniere dove il tema (prevalente) dell’eros omosessuale, tra la luce delle aree incolte della periferia e gli interni popolari, è formalmente sublimato in componimenti all’apparenza facili e immediati, dal ritmo calibratissimo: Dal portiere non c’era nessuno / C’era la luce sui poveri letti / disfatti. E sopra un tavolaccio / dormiva un ragazzaccio / bellissimo / Uscì dalle sue braccia annuvolate, / esitando, un gattino.

penna

“Come un sillabario” di Mario Valentini (Mesogea)

Dopo avere errato In certi quartieri (la precedente raccolta di stralunati racconti), oltrepassata la soglia dei quaranta, l’autore vaga fra generi diversi di scrittura (diario, articoli di cronaca, racconti, ricordi dell’apprendistato letterario con Celati e Cavazzoni), ampliando la tavolozza delle tonalità emotive e componendo una galleria di 21 voci. A collegarle fra loro il riemergere di qualche episodio o di un nome, e soprattutto la riflessione sullo scrivere e l’osservare.

valentini

“I fatti di Petra” di Nino Savarese, (il Palindromo)

L’irruzione della modernità attraverso l’arrivo delle lampade a petrolio e la travagliata costruzione della ferrovia in un piccolo centro siciliano (dal nome inventato), coi suoi tipi umani, vecchi e nuovi. È in questa Seconda parte, di un libro che attraversa i secoli dal mito fondativo di Ercole al 1899, che Savarese dà il meglio della sua elegante abilità di scrittore rondista, messa qui al servizio, come scrisse Sciascia, di una meditazione “sulle sconfitte e le vittorie degli uomini, […] sul rapido trasformarsi dell’oggi in ieri, della novità in ricordo”.

petra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *