“Anatomia di un giocatore d’azzardo” ha come protagonista un professionista dell’azzardo. E ha uno stile brillante, colpi di scena, donne e luoghi seducenti e un andamento rutilante
Qualche mese fa Andrea Piva aveva pubblicato, per Giunti, “L’animale notturno”, una storia senza un grammo di retorica e poco italiana, che però raccontava benissimo l’Italia, certa Roma e quel sentimento di solitudine assoluta e feroce che pervade la vita dei giocatori d’azzardo, oltre all’ossessione per la ricchezza e gli stupefacenti. Il filo conduttore della storia? Infinite partite on line, il gioco d’azzardo su Internet, Texas Holdem o roulette, ma affrontato in modo disincantato e possibilmente vincente, grazie cioè alla teoria dei giochi, a un metodo scientifico.
La sconfitta è più di un’eventualità
Adesso è arrivata una storia che si muove tra le stesse coordinate (numi tutelari, più o meno espliciti, più o meno vicini, Il Giocatore di “nonno” Dostoevskij, e gli eroi del biliardo di “papà” Tevis), ma per certi versi è più estremo, specie perché la sconfitta è più di un’eventualità: Anatomia di un giocatore d’azzardo (436 pagine, 20 euro) dello scrittore newyorchese Jonathan Lethem, classe 1964. I suoi capisaldi, probabilmente, restano La fortezza della solitudine e Il giardino dei dissidenti, ma Anatomia di un giocatore d’azzardo, tradotto da Andrea Silvestri, non è un suo libro minore.
La vita, un piccolo universo, e la telepatia
Il backgammon, con i suoi riti, è metafora di un piccolo universo, la vita, e l’incontro di Alexander Bruno, il protagonista del romanzo, un professionista dell’azzardo (una specie di dandy che si diverte a spennare ricchi giocatori non bravi quanto lui), con l’ex compagno di scuola Keith Stolarsky una singolare resa dei conti – di mezzo ci sono l’ossessione di Keith per Alexander, la mano che comunque gli dà per risolvere un grave problema di salute, annunciato da un’epistassi, indirizzandolo a Noah, neurochirurgo hippie di Berkeley, e il debito morale che ne consegue – e a un certo punto saltano fuori perfino presunte virtù telepatiche di Alexander, inizialmente belle e fortunato ma che, via via, perde letteralmente pezzi, non solo di vita, ma anche di identità, di sé.
Una lingua fresca e un’anima pop
Chi ha già letto Lethem o chi non l’ha mai sentito pronunciare, si fidi: in questo romanzo troverà uno stile brillante, una lingua fresca, un andamento rutilante, donne seducenti, luoghi come Singapore, San Francisco e Berlino, tante domande (non tutte con risposta), imprevedibili colpi di scena e riferimenti in serie alla cultura pop. Insomma tutto quello che, secondo certi luoghi comuni, non si troverebbe nelle storie di uno scrittore di spessore. Lethem fa a pezzi questi luoghi comuni…