Uno scrittore e sette consigli per la stagione in corso. Orazio Labbate – autore de “Lo Scuru” e “Stelle Ossee”, con un romanzo in uscita in autunno per Tunué – spazia tra Usa, Inghilterra e Sicilia per suggerire alcuni titoli a lui cari. Libri da leggere e rileggere
“La strada” di Cormac McCarthy (Einaudi)
Padre e figlio percorrono lande desolate, strade spezzate, sotto un sole ormai morto. Camminano alla ricerca dell’oceano dove trovare tepore, e altri anni di vita.
Un romanzo che ha una lingua forte, trainante e semplice. Un volume che traduce il candore e la desolazione dei sentimenti anche dentro un’esistenza apocalittica.
“Luce d’agosto” di William Faulkner (Adelphi)
Si intrecciano le vicende di Bunch, Brown, Christmas e del tenebroso e triste reverendo Hightower, con un inseguimento linguistico che anima la virtù descrittiva del libro. Un tempio narrativo, quello di Faulkner, che vanta la potenza dell’epica e la furia della metafisica la quale imperversa nella trama con l’invenzione letteraria di un demone che solo lo scrittore di New Albany possiede.
“Diceria dell’untore” di Gesualdo Bufalino (Bompiani)
Una lingua decorata per mezzo di un dialetto siciliano armonico e barocco. Melanconia e solitudine, ma altresì amore e tristezza, sentimenti che Bufalino vivifica ed esalta servendosi di un impianto narrativo fondato sull’equilibrio e sull’esaltazione reale e fantastica di luoghi lontani e di anime macerate di pensieri.
“Così, chi da poco chi da pochissimo, vivevamo alla Rocca, insieme ad altri che non nomino, io che vi parlo, e il colonnello, Sebastiano, Luigi, Luigi, Giovanni, Angelo: cascami della storia, uno sfrido umano.”
“A volte ritornano” di Stephen King (Bompiani)
Da Jerusalem’s Lot a La donna nella stanza, il re dell’horror moderno ci consegna una raccolta di racconti che costituisce un’ accorta mistione tra “paura del soprannaturale” e “paura di una realtà, in verità, oscura.”
Un volume da custodire come summa delle “tematiche dell’orrifico” portate avanti da Stephen King, poi profondamente affrontate nei suoi romanzi.
“Una coltre di verde”, di Eudora Welty (Racconti edizioni)
Vicina solo nell’estetica della geografia southern a Flannery O’Connor e Carson McCullers, Eudora Welty è invece un’essenziale voce a sé. Con uno stile grottesco, poetico, costituito di strati interpretativi complessi, fa del suo Sud, in questi racconti, un palcoscenico del reale comicamente assurdo e nel profondo crudele. “O si poteva porgere l’orecchio al tonfo sonoro delle falene e al roco frusciare delle loro grosse ali contro il soffitto di legno”.
“Teatro grottesco”, di Thomas Ligotti (Il Saggiatore)
Moderno inventore dell’horror filosofico, Thomas Ligotti edifica un impero dell’incubo nell’underground. Luna park, club notturni, città metafisiche, industrie in disuso, bar, nei suoi racconti i luoghi sono non-luoghi, cosmi infiniti che si nascondono sulla Terra. La sospensione reale/perturbante è imperterrita, e la lingua è potente quanto “milioni di autunni”.
“David Copperfield”, di Charles Dickens
Un classico che dispone di uno scheletro e di un respiro narrativo mastodontico. Il livello di lingua e di trama vanno di pari eccelso passo e mai perdono di vigore anzi si esaltano altresì nel terreno delle visionarietà. “Si vedrà da queste pagine se sarò io o un altro l’eroe della mia vita. Per principiarla dal principio, debbo ricordare che nacqui (come mi fu detto e credo) di venerdì, a mezzanotte in punto. Fu rilevato che nell’istante che l’orologio cominciava a battere le ore io cominciai a vagire”.