Conoscenti, l’anima di Palermo e l’amore omosessuale

“Quando mi apparve amore”, la raccolta di racconti di Domenico Conoscenti, edita da Mesogea, esplora, con un linguaggio lirico, malinconia e oscurità, turbamento e carnalità

L’auspicio di Domenico Conoscenti, nella nota conclusiva della sua ultima pubblicazione, va in pezzi facilmente. L’autore desidera che la sua raccolta “Quando mi apparve amore” (179 pagine, 13,50 euro), pubblicata da Mesogea, sia letta giorno dopo giorno, un racconto alla volta. Non è possibile. La prosa è poetica e ammaliante, le storie coinvolgenti, e l’anima di Palermo – protagonista assoluta dei racconti – emerge prepotentemente, la fa rivivere a quanti la conoscono e magari odiano e amano la città, la restituisce nelle sue contraddizioni e nei suoi movimenti ondivaghi a chi vive ignaro del concentrato di cultura, degrado, riscatto e misteri che è il capoluogo siciliano. La città è il proscenio di alcune storie d’amore omosessuale, altro filo rosso di queste prose brevi, che restituiscono un’esperienza di lettura mai banale, mai omologata, nelle forme e nei contenuti.

Vuoti colmati

Mesogea, editrice messinese, pubblicando la raccolta di Conoscenti (scritti sparsi su riviste oltre a qualche testo scritto per l’occasione) ha colmato un vuoto figlio della miopia dell’editoria nazionale, che aveva relegato l’autore palermitano fuori catalogo. L’editore Il Palindromo ha riesumato “La stanza dei lumini rossi” e adesso con Mesogea s’è chiuso un cerchio, perché questa raccolta è un vecchio progetto di Conoscenti, autore parco di opere narrative e poetiche, lavoro complementare alla sua attività di insegnante e saggista.

Tra personaggi ai margini e linguaggio lirico

Molti dei protagonisti delle storie di “Quando mi apparve amore” vivono ai margini, si lasciano bruciare da sentimenti e passioni che ne stravolgono l’esistenza, tra groppi di nostalgia feroce e battiti del cuore, tra anfratti e posti bui, spesso di notte, o quand’anche lo fanno in luoghi più affollati e alla luce del sole si muovono furtivi, in punta di piedi. I racconti tendono alla malinconia e all’oscurità, al turbamento e alla carnalità: e tutto è esaltato da un linguaggio lirico, ma mai astruso, stratificato perché – come spiega lo stesso Conoscenti – si nutre di tante citazioni (uno dei numi tutelari è l’elegante Barthes). Ci sono anche episodi più spassosi, su tutti l’esilarante e pittoresco battibecco che costituisce “Meglio comandare che fottere”, come pure un dialogo tutto clericale in “La famiglia innanzitutto”. Gli esiti più alti e ammirevoli – dove anche apparenti inezie e dettagli minimi fanno sgorgare vette di intensità e conoscenza – sono però il racconto eponimo, “Vampe di San Giuseppe” e “Dove tu non sei”.

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