L’ultimo libro di Veronesi non è un romanzo. Il titolo è «Non dirlo» (243 pagine, 13 euro), è pubblicato dall’editore Bompiani circa un anno dopo «Terre rare» ed è una specie di corpo a corpo dell’autore di “Caos calmo” con un collega non contemporaneo… Marco l’evangelista, un corpo a corpo da scrittore a scrittore.
La tesi di fondo di questa analisi da non credente al primo (in ordine cronologico) dei vangeli è che il racconto in questione sia una straordinaria macchina da conversione, dal ritmo incalzante e dal montaggio moderno (Marco sarebbe stato meglio di molti editor sguinzagliati, oggi, nel mondo dei libri): si dimostra che è un vangelo più di azioni che di parole, con molta epica e invenzione drammaturgica, con parecchia concretezza e non troppa spiritualità (quanto basta), che supera il giudaismo – ed erroneamente, per taluni, è all’origine dell’antisemitismo cristiano – è destinato ai romani e dunque è ben calibrato su un uditorio pagano.
Gli scrittori di razza si fanno leggere anche quando scrivono liste della spesa, poche righe prezzolate su fogli quotidiani, o volumi di incomprensibile fattura e destinazione, figurarsi con la più grande storia mai raccontata. Veronesi si fa leggere più che volentieri, seziona pezzo per pezzo la macchina narrativa e la qualità letteraria del racconto evangelico di Marco, affascinante e asciutto, dal finale strepitoso e aperto, e inquadra Gesù (falegname, marinaio, rivoluzionario, che oscilla tra segreto – “Non dirlo” – e manifestazione, tra l’affermazione della sua personalità e la negazione) in un libro sorprendente. Strada facendo Veronesi invoca di volta in volta Leonard Cohen e il film “Matrix”, Michel Platini e Quentin Tarantino, perché la storia di Cristo, attraverso la lente di Marco, meriterebbe una pellicola, un boat movie sul lago di Tiberiade del regista statunitense. In attesa di vederlo un simile spettacolo al cinema, si può leggerlo, capirlo, prefigurarlo, vagheggiarlo in «Non dirlo».